La Piramide e l’ammissione dell’ANP fra gli Stati osservatori al Palazzo di Vetro. Ecco il “bello che deve ancora venire”, annunciato da Barak Hussein Obama nel discorso dopo la riconferma.
Una sterzata alla politica estera italiana
Le doglianze del Pdl per il voto italiano all’Onu non aggiungono nulla di buono al capolavoro di Barak, con l’ennesimo tradimento consumato oggi da Berlusconi ai danni degli “amici ebrei” con lo stesso cinismo col quale, ieri, lasciò al suo destino il “grande amico” Gheddafi. Il voto alle Nazioni unite era annunciato da un pezzo, quindi delle due l’una: 1) o Berlusconi se n’è disinteressato; 2) oppure non è in grado di seguire le relazioni internazionali.
Il governo tecnico ha quindi avuto agio per un’ulteriore sterzata alla politica estera italiana, senza alcuna azione correttiva/preventiva d’una parte fondamentale della maggioranza che lo sostiene, il Pdl di Berlusconi. A questo è ridotto il partito che rappresenterebbe i moderati italiani, mentre l’equidistanza fra Israele e l’ANP è da oggi un cavallo di battaglia azzoppato, anche grazie all’inconsistenza che aleggia su Arcore, dove evidentemente si fa finta di ignorare che quando Monti visitò Israele in aprile, sottoscrivendo vantaggiosi contratti commerciali, si impegnò a sostenere Israele nel voto alle NU. Il cambio di rotta è stato repentino come fosse giunto un ordine da Washington, prontamente eseguito.
Un precedente pericoloso
Il passaggio della Palestina da «entità osservatrice» a «Stato osservatore» è un riconoscimento di fatto che non tiene conto delle radici profondamente antisemite d’una vasta, se non maggioritaria parte delle formazioni palestinesi.
La galassia Palestina, all’interno della quale Abu Mazen è solo una stella e neppure la più influente, entra nelle Nazioni Unite recando come dono un antisemitismo attuale, operante e sanguinario, sul quale si sorvola. È un precedente pericoloso.
La sindrome di accerchiamento, da sempre presente in Israele, è esaltata dal voto al Palazzo di Vetro e conseguentemente rafforza le ali sioniste di Gerusalemme. Questo non dispiace a Barak Hussein Obama.
Una congrega sta devastando l’economia e la pace mondiali. È la Piramide, composta non solo da ebrei delle banche di Manhattan e della City, ma anche statunitensi, mussulmani (dell’Arabia Saudita, del Qatar e degli Emirati) inglesi, tedeschi e francesi. Gli ebrei della Piramide non sono affatto mossi dalla loro religione, anzi in più gran parte non sono religiosi affatto sebbene, come i Rothschild, non lesinino quattrini a Israele e alle istituzioni orbitanti intorno alle sinagoghe. Essi adoperano di volta in vola sionismo e antisemitismo come grimaldelli che non lasciano mai sulla scena del delitto. Il disegno di costoro, fino a ieri solo sospettabile, oggi è palese: usare Israele e la questione palestinese come un acceleratore del costo del greggio, con la complicità di tutti gli attori interessati al monopolio dollaro-petrolio.
I loro manutengoli non esitano a gettare la croce addosso ai cristiani per i problemi che invece vengono creati arte dalla poliedrica conventicola. Un ennesimo esempio viene da Informazione (S)Corretta, il giornale on line che questa settimana attacca il Vaticano per la sua favorevole posizione sul riconoscimento dell’ANP.
È ben singolare che ci si lasci andare a sgangherata ostilità verso il Vaticano, una minuscola entità politica vocata alla pace, mentre nulla si dice circa la lunga manovra di Barak Hussein Obama, insieme agli amici inglesi, francesi, tedeschi – oltre che ebrei e mussulmani insieme! – che ha condotto al voto del Palazzo di Vetro.
La Piramide punta cinicamente a spargere odio, a un’altra guerra, possibilmente mondiale, che: 1) faccia saltare ogni limite al prezzo del petrolio, 2) dia ulteriore valore fittizio al dollaro, 3) renda remunerativi i giacimenti scistici, 4) destabilizzi permanentemente il Mediterraneo, 5) interdica lo sfruttamento da parte dei paesi rivieraschi – Italia compresa – degli enormi giacimenti sotto il Mediterraneo Orientale che potrebbero significativamente affranci dalle mene della Piramide.
Gerusalemme e Mosca
L’avvicinamento progressivo di Israele a Mosca è un fatto. Questo voto all’Onu accelererà questo cammino quando è oramai chiaro che: l’amministrazione Usa non è amica affidabile; la Palestina è divenuta nazione proprio grazie alla politica cinica della Piramide, inclusi gli ebrei che ne fanno parte.
Israele, col realismo che l’ha caratterizzata sinora, riconoscerà lo status dell’Anp, ma questo non toglie che, pur di mettere un cuneo fra Gerusalemme e Mosca, dalla Piramide coleranno veleni in quantità che oscureranno il cielo terso del Mediterraneo.
Tutto questo mentre nell’Unione Europea è sempre più chiaro il ruolo eversivo del socio Gran Bretagna, sorpreso ancora una volta a barare, come pubblica il Corriere della Collera.
Che Dio illumini le scelte degli israeliani, dei palestinesi e degli iraniani. Un’altra guerra in quelle terre sarebbe solo un prologo di un’altra imprevedibilmente vasta, a vantaggio della tenebrosa conventicola accucciata nella Piramide.
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Le forze palestinesi sono anche antisemite (nei confronti degli ebrei, precisazioni d’obbligo perché semiti sono anche gli arabi). Non è un problema solo del mondo palestinese, ma del mondo islamico in generale e glielo dice una persona che ha scritto su una rivista turca…ed ora non va più bene alla rivista turca. Sei ebreo, lavori con Israele…beh allora non firmi. Sei ebrea, ti adoro, ma non lo dichiaro e non lo dico a nessuno, altra frase “odio Israele”, ma ho un caro amico ebreo…tipici esempi del mondo islamico che è uguale a quello dei boicottatori di Israele. E’ facile fare della filosofia, più difficile è viverla sulla propria pelle. Condivido che anche nel mondo del sionismo ci sono delle vision opposte, questo perché Israele e gli ebrei hanno una cultura democratica millenaria. Non è che l’Italia “ha in mente un mega progetto con Israele…”, finora è Israele che sta comprando dall’Italia e se fossi Israele (per fortuna non lo sono) annullerei la commessa di un miliardo di dollari fatta alla Finmeccanica…Su una cosa sono d’accordo con lei: è meglio che l’Italia resti fuori dai giochi del M.O., perché non ha titolo, merito e competenza e soprattutto fruisce del diktat del Vaticano. Aggiungo una nota…il sei ottobre, anniversario della Guerra di Yom Kippur, sul sito internet saudita “Arab News”, il giornalista Adbulartiff al Mulhim ha pubblicato un articolo in cui sostiene che Israele non è il nemico numero uno degli arabi. Lo sono invece i dittatori, l’ignoranza, lo stato di abbandono e la corruzione. Tolti i dittatori…ignoranza, stato di abbandono e corruzione sono presenti anche in Italia, ergo, Italia e paesi arabi vanno a nozze!
Avrei alcune obiezioni da fare alla Farina.
La prima obiezione è che le generalizzazioni non sono utili alla comprensione del conflitto israelo-palestinese. C’è già una ferita in M.O. e dare dell’antisemita a tutto il mondo islamico mi pare poco saggio in questo senso. Del resto la storia recente ci ha insegnato che pure generalizzazioni erano quelle che indicavano gli ebrei come bravi a fare affari e speculare…
La seconda obiezione : se le è difficile vivere , non le riesce troppo bene nemmeno fare filosofia e anche in storia mi pare che ha qualche lacuna: parla di “cultura democratica millennaria” . Probabilmente ha dimenticato i grandi Re Davide e Salomone che si staranno rivoltando nelle loro tombe..
Trovo che poi voler derivare da questa presunta “cultura democratica millennaria” una specie di originarietà che certificherebbe la superiorità-antichità e quindi legittimità della democrazia contemporanea dello Stato di Israele sia alquanto sbagliato e poco utile al dialogo con i palestinesi.
Infatti al suo “ius coelis” democraticomillennario ebraico , i palestinesi potrebbero contrapporle un ben più concreto “ius solis” della Palestina non millennario ma di sicuro più recente e con qualche pezzo di carta in più che come saprà nel mondo del diritto non è proprio da buttare via.
E’ un terreno sdrucciolevole e poco fecondo per il dialogo che sarebbe più opportuno non enfatizzare.
Terza obiezione : mi pare che sulla situazione Italia-Vaticano ha una posizione fortemente ideologicizzata. Che poi il nemico numero uno dell’Islam e degli italiani sia ignoranza, stato di abbandono e corruzione è verissimo. Ma lo è anche di tutti gli uomini e le donne di questo nostro mondo.
Occorre combatterli insieme, superando le contrapposizioni ideologiche. Solo così possiamo sperare in una comprensione fra mondo islamico, mondo ebraico e mondo cristiano.
Shalom
Ho aspettato non per caso la notte di Natale per rispondere ai commenti su questo pezzo. In quanto all’antisemitismo passato per antisionismo, mi pare che si dimentichino gli statuti dell’Olp e di Hamas nei quali il diritto all’esistenza di Israele è perentoriamente negato, pur con le correzioni successive, circa l’Olp, dopo il 1993. A dirla tutta i distinguo sui vari razzismi mi lasciano tiepido. Chi è razzista è un cretino, sotto qualunque bandiera.
Mi interessa di più capire se Monno e PaoloZ, fino a precisazione contraria, aggirino la domanda centrale: Israele ha diritto di esistere, sì o no? E gradirei una risposta inequivocabile. Sottolineai in una precedente occasione che il diritto discendente dalle vicende di guerra si applica a tutte le nazioni ma non a Israele, i cui confini si vogliono ricondurre a quelli del 1967, senza alcuna considerazione per le conseguenze dei conflitti, peraltro mai iniziati da Israele. “Gli Stati nascono e muoiono con la guerra” ammoniva De Gaulle, citando una legge millenaria. negarne la validità è assurdo, considerando che USA, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia hanno conseguito estensioni territoriali notevoli grazie a imprese armate e nessuno obietta alcunché.
Ripeto l’esempio già fatto in precedenza: se noi italiani avessimo tenuto sul confine jugoslavo i profughi giuliani, utilizzandoli come clava politica e serbatoio di terrorismo internazionale, che cosa direbbero i nostri interlocutori?
In queste condizioni la coesistenza fra Israele e uno stato palestinese è impossibile, poiché gli spazi sono insufficienti. Se prima del voto dell’Assemblea Onu c’era una possibilità di accomodamento, ora non c’è più. I distinguo di Monno fra CS e Assemblea non tengono conto che sinora gli USA, i cui aiuti sono indispensabili all’Anp, erano riusciti a evitare il riconoscimento, proprio per inserirlo in un accordo omnicomprensivo. La briglia sciolta da Obama è tuttavia coerente con la sua politica di infiammare l’area come sta facendo con la “primavera mussulmana”.
Vorrei ricordare a PaoloZ che Israele è l’unica democrazia di tipo occidentale adagiata in quell’area.
Il problema dov’è? È un fatto misconosciuto anche dagli ebrei: la democrazia è figlia diretta e legittima del cristianesimo. Dove questo sfuma, svanisce anche la democrazia. La democrazia israeliana è in grado di sopravvivere senza il cristianesimo? Io credo di no, perché sarebbe condannata, Israele, a un futuro perpetuo di contrapposizione, dove sarebbe soccombente per ragioni demografiche prima ancora che militari.
Nel mondo ebraico americano – cui Obama è ben agganciato – sono in molti a gradire una separazione del cristianesimo dal MO.
C’è una crisi che nasce dalla figura storica di Cristo che, dopo il film Passion di Gibson, ha fatto perdere la trebisonda a quelle strane cerchie ebraiche di Chicago, dichiaratamente secular, eppure impegnate nel mettere zizzania fra Vaticano e Israele. Da lì partì l’ondata di diffamazione per S.S. Pio XII di venerata memoria e l’affissione della targa a Yad Vashem a marzo del 2005 quando la salute di GPII declinava. La targa è stata di recente corretta parzialmente ma non abbastanza, a riprova tuttavia dell’approssimazione con la quale fu redatta.
Passion l’ho visto almeno dieci volte e, se leva un’accusa, essa è contro i romani. La crocifissione d’altro canto era un supplizio peculiare ai romani. Tutta la canea massmediatica che seguì aveva un retropensiero politico inconfessabile: separare nuovamente ebrei e cattolici.
Altra questione spinosa: la capitale naturale di Israele è Gerusalemme, negarlo è peggio che negare la natura di capitale di città come Roma, Londra o Parigi.
Sta di fatto che Gerusalemme, al pari di Roma, ha un respiro di gran lunga più ampio della sua estensione geopolitica. Essa è, a mio avviso, naturalmente destinata a un duplice ruolo di capitale israeliana e mondiale. Questo passaggio richiede un accordo – da cercare tenacemente – fra le tre religioni monoteiste, la cui armonia è l’unico obiettivo possibile per un equilibrio.
Non per caso tale visione troverebbe, tanto a Chicago come a Manhattan e Londra, grossi ostacoli dal momento che si preferirebbe eccitare il costo del barile di greggio piuttosto che garantire la pace in quell’area. Fino a poco tempo fa Israele è sembrata succube di questa politica scellerata. Gli ultimi sviluppi lasciano invece ben sperare in un autonomo ruolo politico della nazione israeliana nonostante le insidie, come l’ultima performance al Palazzo di Vetro, che vengono dal premio Nobel per la pace e criminale di guerra Hussein Barak Obama. Buon Natale.
non condivido molte delle affermazioni fatte.
anzitutto quella che identifica le forze palestinesi come antisemite; forse antisioniste sarebbe stato più esatto; i due termini non sono intercambiabili, nonostante fiamma nirenstein ed una destra oltranzista israeliana tentino di equiparale. Inoltre anche all’interno del sionismo, sono diverse le correnti con visioni diverse della Palestina e di Israele. quella dell’attuale primo ministro è eguale a quella del padre, uno dei più fidati collaboratori di Jabotinsky; ma altre visoni del sionismo esistono e sono presenti non solo in Israele ma nell’intero mondo ebraico.
l’URSS non diventerà mai il vero grande protettore di Israele e la politica statunitense non si è allontanata da quanto fatto in precedenza. questa era una votazione non del consiglio di sicurezza, dove per l’appunto gli USA hanno imposto nel passato il loro veto, ma dell’assemblea generale; ben diverso il contesto ed il quorum o la possibilità di esprimere veti. E comunque la politica la si misura in termini di aiuti militari, sempre molto consistenti dagli USA verso Israele. non è da scordarsi che anche l’Italia ha in atto un mega progetto di sviluppo di tecnologia militare con Israele, in cui al solito compriamo più che vendere. intanto rendiamoci conto che l’Italia vuole recitare spesso un ruolo che non le è congeniale; quello della potenza militare e politica. non lo siamo, non lo siamo mai stati e non lo saremo mai. forse è il caso di rendercene conto e di ritagliarci pertanto un ruolo come potenza di serie b o c, lasciando perdere il gioco in M.O. nel quale abbiamo da lungo tempo rinunciato a giocare ruoli decisivi, pur avendone avuta la possibilità.
e quando il gap si allarga, non è più possibile colmare la distanza.