Raffiche di Bugie a Via Fani – Il Libro

E’ stato appena pubblicato “RAFFICHE DI BUGIE A VIA FANI”

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ISBN 9798385587193

Di seguito il “Preambolo” dell’opera. In fondo c’è l’indice.

PREAMBOLO

Questo libro concerne via Mario Fani, sarà ripetuto innumerevoli volte, dove un agguato fu condotto il 16 Marzo 1978 da forze speciali[1]. L’origine di tali forze sarà esaminata più avanti. Le indagini sulla strage e sul rapimento – due fatti distinti, come vedremo – furono compiute dalla DIGOS[2] della questura romana. Essa partì dal primo momento con la convinzione, priva di prove ed errata alla prova dei fatti, che Aldo Moro fosse stato rapito dai BR in via Mario Fani, dopo la strage.

Struttura dell’Inchiesta

Subito dopo gli spari, un bianco elicottero senza insegne transitò nel cielo di via Mario Fani. Il bravissimo giornalista Mino Pecorelli[3] con informatori in Confindustria, partiti, malavita, servizi, vicino al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, senza essere servo d’alcuno di costoro, scrisse sulla sua rivista OP: «Non saranno andati in elicottero a deporre Moro?»”[4]. Il Presidente Moro lo conferma.

Nella Parte Seconda l’inchiesta “scava” in alcune lettere del Presidente Moro (a Francesco Cossiga, alla Signora Moro, a Benigno Zaccagnini e a Nicola Rana, segretario del Presidente).

L’analisi filologica delle lettere del Presidente certifica che Aldo Moro in via Mario Fani non c’è. A questa analisi si somma la decrittazione di sei anagrammi, tratti dalle lettere di Aldo Moro.

Sebbene la decrittazione degli anagrammi sia operata (e qui spiegata) con criteri rigorosi, essi necessitano d’una verifica approfondita, come si spiegherà più avanti, al fine di farne una prova regina da tribunale.

Prima di tali analisi, l’inchiesta esamina le bugie dello Stato, della stampa, del Vaticano e dei BR, tutti in coro, dimostrandone le gravi falsità e il dolo dei depistanti. In questo esame ha un ruolo importante il cosiddetto Memoriale del BR e agente SISDE[5] Morucci Valerio, asseverato tuttavia da alte autorità dello Stato, nonostante o proprio perché pieno di falsità[6],

La Parte Terza propone infine una ricostruzione di quanto avvenuto il 16 Marzo, strettamente connessa alle prove e ai fatti emersi nella Parte Prima e nella Parte Seconda.

L’inchiesta offre almeno due immediate evidenze: 1) in via Mario Fani le raffiche di bugie sovrastano i mitra; 2) è tuttora vociante il corale depistaggio di Istituzioni dello Stato e BR, con la stampa a seguire, nonostante 45 anni siano trascorsi.

Le falsità tutelano i mandanti, gli italiani – non la CIA o il KGB[7], italiani – che vollero, pianificarono e conseguirono la morte di Aldo Moro.

Costoro sono cosa differente dai BR, i quali “sembrano esecutori”, prestandosi ad apparire tali. Non tutti i BR sembrano consapevoli della messinscena. Ripetiamolo: il depistaggio tutela i mandanti, non i BR, individuati e condannati fino in Cassazione. L’odierno susseguirsi delle falsità tutela i mandanti e assicura ai BR benefici e alleggerimenti della pena del tutto illegali.

Spettacoli e letteratura restringono i fatti nello spazio/tempo del libro o dello schermo. Analogo esito dalle relazioni delle commissioni parlamentari e dalle sentenze giudiziarie, ricorrendo a due o più puntate oppure a più volumi, alla fiumana di processi e di commissioni.

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Il cittadino ritiene concluso l’evento quando la parola “Fine” appare sul libro come sullo schermo. Egli non diffida dei venerati maestri del giornalismo, del cinema o della tivvù; col tempo ha tuttavia imparato a diffidare dei politici. La politica sporcatasi con l’omicidio di Aldo Moro, non è stata tutelata dalle proprie bugie, al contrario, i cittadini, pur non sapendo perché mente, sanno che non ci si può fidare.

La tragedia di Aldo Moro, come un’opera teatrale, è delimitata fra le 09.02 del 16 Marzo e il mattino del 9 Maggio. Le icone depistanti sono il bim-bum-bam in via Mario Fani, cui segue la seconda icona, il Poveretto nella Renault rossa, rattrappito sul fianco sinistro, come non si sarebbe mai disteso, avendo quattro costole sinistre fratturate (fatto nascosto da allora) perché torturato. Seguì una discutibile autopsia.

Vociante Confusione

Il racconto fra le due icone è in una foiba, ricoperto di acidi corrosivi: un falso tamponamento[8], massoneria, P2, Gladio, mafia, ‘ndrangheta, infiltrati, brigatisti pentiti, magistrati distratti, torture nascoste su Aldo Moro.

Al depistaggio “tamponamento” abboccano pure magistrati; fra questi, solo per fare un esempio di requirente serio, anche Carlo Mastelloni[9]… Non ci fu tamponamento. L’inchiesta dimostra che la Fiat 130 e l’Alfetta con la scorta furono accodate in convoglio con la Fiat 128 bianca e, quando questa s’arrestò, le due macchine dello Stato rallentarono, esponendosi al fuoco dei sicari. Per tale elementare ragione, chi mette in dubbio il tamponamento agita le erinni fiancheggiatrici. Risultato: “vociante confusione”, utile al depistaggio. Lo scopo della confusione è celare i mandanti, con raffiche di bugie.

Molti, istituzionalmente preposti, con rare eccezioni, hanno partecipato alle raffiche di bugie.

Il malizioso chiederà: «Chi sono i mandanti?» I nomi sono ben custoditi, da diffondere in caso di necessità. A chi compete vada l’onore di scoprirli. L’Autore sarebbe naïf, se additasse i mandanti, privo forse della prova regina.

Via Mario Fani è “il nodo” della Repubblica italiana. Sciogliere via Mario Fani significa restituire all’Italia la propria storia e quindi la dignità. Dopo via Mario Fani non un solo inquilino del Quirinale, non uno, ha cercato la verità. Anzi, in almeno due casi, pur invocandola a parole, le furono ostili. Manca tuttora la forza della democrazia.

L’Italia è quindi afflitta da una compagine politica e burocratica in gran parte inattendibile. È un’infezione nelle viscere profonde del Paese, ulcerando le Istituzioni. Mentre si va in guerra, è imprudente appagarsi delle infiocchettate bugie dei Palazzi.

«Cinque anni dopo si sarebbe potuto sperare non solo che le forze democratiche sapessero ricostruire i fatti e punire i colpevoli, ma soprattutto che riuscissero a trascendere i termini della polemica politica contingente per risalire alla più profonda verità storicopolitica di quell’evento.»

Scrissero così nella loro Relazione di minoranza del 1983, i socialisti Luigi Covatta, Claudio Martelli, Paolo Borsacchi e Libero Della Briotta, compagni di partito dell’avvocato Giuliano Vassalli, parte civile per la famiglia di Aldo Moro nel 1979. Belle parole, condivisibili davvero.

Uno di costoro però tacque quando gli fu chiesto di commentare il silenzio di Vassalli, rappresentante della famiglia Moro, sulle torture al Presidente, constatate nel corso dell’autopsia. Vassalli, fra i socialisti (favorevoli alla trattativa?) non ebbe il dovere di esigere “verità”?

Falsità e depistaggi hanno nomi e cognomi: sui libri, sui giornali, negli atti giudiziari e parlamentari, e in questa inchiesta. Magistrati e poliziotti oggi facciano meglio di quanti investigarono ieri; non occorrono grandi sforzi.

L’Autore addita i falsi, decritta gli scritti di Aldo Moro, propone infine una ricostruzione di via Mario Fani più dignitosa d’ogni altra, incluse quelle della RAI, del Viminale e del Bellocchio. Ad altri indagare, incriminare, condannare.

Un Debito da Pagare

Sul sangue di Aldo Moro galleggiano responsabilità di mendaci BR ad arrogarsi illegittimi benefici di legge. Costoro, a dispetto dell’omertosa ragnatela di tutele, devono tornare in galera. Essi, la loro memoria, quella dei padroni e favoreggiatori sono dannati; hanno un debito con la giustizia, con le vittime di via Mario Fani e con Aldo Moro. Il debito devono pagarlo.

Menzioniamo almeno questi: Moretti Mario, Balzerani Barbara, Seghetti Bruno, Morucci Valerio, Fiore Raffaele, Algranati Rita, Braghetti Laura, Gallinari Prospero e Maccari Germano (deceduti), infine Loiacono Alvaro e Casimirri Alessio (latitanti)[10], chiunque altro goda immotivati sconti di pena e quanti li favoreggiano.

La galera per i sopravvissuti e il disonore per i trapassati non è vendetta, come sostennero i caudatari dei mandanti; lo esigono, al contrario, l’igiene democratica e quella costituzionale, insozzate da uomini dello Stato assoggettatisi coi BR. Non è ancora Storia per storici, a dispetto dei trionfalismi di taluni politici.

Raffiche di bugie dei BR, s’affiancano a quelle dello Stato e della stampa.

Le raffiche di mitra e di bugie sono coordinate. Il coordinamento esige qualità direttive e adeguate risorse; non s’improvvisa, contrariamente a quanto usualmente si creda. Esso accuratamente si pianifica ed è funzione di vertice anche per quanti utilizzano il terrorismo. “Coordinare” forze sottoposte significa: 1) distribuire compiti; 2) verificare l’efficacia dell’azione momento per momento; 3) ridisegnare e ridistribuire “forze” e “compiti” in aderenza ai mutamenti; 4) reperire/distribuire nuove risorse, prevenendo, fiancheggiando, risolvendo le nuove esigenze; 5) gestire ciclicamente le informazioni e le risorse, adattandosi ai mutamenti.

Il coordinamento copre obiettivi a breve, medio e lungo termine. Condannati i pupi BR, il depistaggio è l’obiettivo ultimo del coordinamento per nascondere i mandanti, non i BR di via Mario Fani, tutti in apparenza noti. Uomini e Istituzioni dello Stato tuttora depistano, quindi.

Coordinamento e Capibastone

I mandanti s’avvalgono nell’ombra d’esecutivi di primo livello (documentaristi, intellettuali, gazzettieri, legali, organizzazioni religiose e non governative, politici…). Sul campo operano i “Capibastone”, a sviluppare eventi profittevoli prima, durante e dopo via Mario Fani.

Moretti Mario, per capirci, fu uno dei “Capibastone” a via Fani, non il più importante né tanto meno indispensabile. Il suo dominio fu limitato agli affiliati BR. Egli o altri operativi BR, se feriti o uccisi in via Mario Fani o altrove (in carcere, per esempio), muterebbero lievemente il racconto, non l’operazione ancora in corso dopo la morte di Aldo Moro, in grado pertanto di contagiare tuttora la politica.

L’ininterrotto depistaggio deve quindi essere stroncato per la salute della Repubblica, per restituire dignità alla politica.

Capibastone e BR sono forze “spendibili” al pari di limpidi funzionari di polizia e magistrati (si rammentino le miserevoli sorti di Antonio Varisco, brillante colonnello dei Carabinieri, o dell’integerrimo Emilio Alessandrini, giudice nel viperino nido milanese), così come di Pier Paolo Pasolini, cristallino pensatore. I loro emuli sono tuttora esposti alla morte civile o violenta, pur di tutelare i mandanti.

Ai Capibastone non importa se i BR siano inadeguati all’azione di via Mario Fani. È invece fondamentale che “appaiano” protagonisti, mascherando i sicari professionisti, liberamente operanti, grazie al livello dei mandanti. Per le polizie, infine, non rileva se furono efficienti; basti che lo “sembrino” ma non troppo, per trascolorare in teste di turco, perché essi, mero strumento di depistaggio, siano capro espiatorio a loro volta, se occorre.

Vederne l’Assenza e Udirlo

L’obbligo delle parti in causa di fingere (ai giustapposti livelli del crimine e della Giustizia) salda reciproci interessi oggettivi, a celare la verità su Aldo Moro, intossicando l’Italia dal 16 Marzo 1978.

Chi altri avvelena la verità se non i mandanti e i loro vassalli? Una delle chiavi è in un tombino di via Fani, prossimo all’Austin Clubman azzurra, l’auto che il Bellocchio Mauro dimentica di porre nel suo depistante capolavoro[11].

L’Austin Clubman fu accanto alla Fiat 130, dalla quale dissero d’aver prelevato Aldo Moro. Il Bellocchio dimentica di porre l’Austin Clubman, che sbadato, nell’artistico bim-bum-bam col quale gabella la tragedia di via Mario Fani.

La chiave del delitto è ancora in via Mario Fani perché Aldo Moro non fu in via Mario Fani.

I depistaggi non celano più l’assenza di Aldo Moro né la sua voce.

I criminali e i mandanti nel 1978 non immaginavano la potenza del cervello di Aldo Moro e neppure la possibilità di poter “scavare” nelle sue lettere quasi mezzo secolo dopo.

L’Onere della Prova

Rimane sempre e comunque a carico di inquirenti e requirenti l’inequivocabile onere di provare la presenza di Aldo Moro, lì, a via Fani, alle 09.02 del 16 Marzo, perché regga l’accusa di rapimento ai BR.

Nel 1978 non c’erano metodologie codificate per l’escussione dei testimoni oculari. D’altronde: «Più la studiamo, più strana diventa l’intera faccenda della testimonianza da parte delle persone. Neppure un uomo su venti è davvero in grado di osservare le cose. Non c’è un uomo su cento che le osservi con reale precisione; neppure uno su cento è prima in grado di osservare, poi di ricordare e infine di descrivere»[12].

Il Codice di Procedura Penale assimila la capacità testimoniale alla capacità giuridica, consentendo a chi possieda peculiarità meramente formali di testimoniare nel processo penale. Il processo assorbe le testimonianze come una vera e propria prova. L’inchiesta ufficiale su Aldo Moro è vulnerata dalla deriva delle testimonianze, ma ben più da perizie e indagini sovente inattendibili.

La ricostruzione ragionata e senza manipolazioni delle testimonianze[13] sarebbe stata tuttavia possibile, con un po’ d’onesto buon senso.

Le testimonianze rimaste agli atti è bene prenderle con le molle, accogliendo solo quanto venga confermato da altre indiscutibili fonti. Le testimonianze non sono tuttavia la parte più inquinata, come dimostreranno le prossime pagine. Il nero di seppia è di giornalisti, politici, documentaristi nonché di investigatori e tecnici. Il castello di bugie non regge più. La verità è immortale con l’aiuto del suo più caro amico, il tempo.

Siamo ancora all’Introduzione, fatti e deduzioni possono già disorientare il lettore. Il seguito sarà molto più pesante.

Quanto è Non è Quanto Appare

L’analisi militare non fa sconti, non compiace; è spietata come i sicari. L’Autore, formatosi nell’Ufficio Politica militare dello stato maggiore della Difesa, ebbe tre maestri. Il colonnello Renzo Romano gli illustrò la missione in due minuti; un lavoro che avrebbe fatto anche gratis. V’approdò grazie ai buoni uffici del generale Luigi Caligaris; era il 28 Luglio 1988.

L’altro indimenticato maestro fu il colonnello Raffaello Graziani. Mente acuta, cultura senza confini; ironico, empatico come un divo televisivo, umile come un monaco, sebbene luterano (“ma di rito romano” sogghignava).

La sua prima lezione all’Autore fu lapidaria. Accadde il terzo giorno di lavoro.

Il colonnello, affidatogli il faldone di Comiso, l’ex base missilistica della NATO, in dismissione nel luglio 1988, ordinò di studiarlo per “passare palla” a un altro ufficio, secondo la lenta e inesorabile prassi di stato maggiore[14].

Aperto il fascicolo, il maggiore additò la carta geografica dell’Europa centro mediterranea: «Signor Colonnello, perché arretrammo armi strategiche di 500 chilometri? La gittata del Tomahawk è 2500 chilometri; abbiamo accorciato la gittata d’un quinto, così escludendo Mosca dagli obiettivi».

«Li abbiamo messi in Sicilia per colpire anche la Libia». Il maggiore tornò alla scrivania. Quando la “decisione Comiso” fu presa (fra il 1976 e gli inizi del 1977) i rapporti con la Libia erano buoni, per guastarsi a metà degli anni ’80. Inutile insistere; il colonnello era piccato: “Appena arrivato e già rogna”; si udivano i suoi pensieri.

Il compasso, aperto in scala a 2500 chilometri (la gittata dei missili Tomahawk), puntato su Gioia del Colle (Bari)[15], garantì di colpire oltre Bikku Bitti, all’estremo confine meridionale fra Libia e Ciad. Perché dunque arretrare a Comiso?

Nel pomeriggio, rimasti soli in ufficio, il maggiore mostrò al colonnello il responso senz’appello del compasso. Fissata la carta, la pipa spenta fra i denti: «Cazzo, hai ragione!» sbottò colonnello. La scurrilità non gli era usuale.

Secondo il colonnello, la decisione dei missili a Comiso fu di Francesco Cossiga, imponendola dopo le dimissioni di Aldo Moro[16] dalla presidenza del Consiglio, il 30 luglio 1976. La direttiva fu degli USA, la benedizione di Enrico Berlinguer, nel frattempo “più al sicuro sotto l’ombrello” della NATO come si dichiarò cinque giorni prima delle dimissioni di Aldo Moro[17].

Il malcapitato galantuomo Pio La Torre fu assassinato[18] il 30 Aprile 1982. Ucciso da Cosa Nostra, come dubitarne?[19] Impegnato contro Comiso, isolato nel Pci e dai trasversali accordi (poniamo attenzione sulla “trasversalità”) con gli statunitensi (e Mosca, attraverso i tentacoli italiani), La Torre morì mentre Comiso sorgeva.

Il colonnello e il maggiore trascorsero ore a interrogarsi sulle possibili giustificazioni dell’«insensato e stupido» arretramento dei missili a Comiso, escludendo Mosca dagli obiettivi.

Basti dire che nel sottosuolo di Mosca c’era e c’è tuttora a grande profondità una sorta di enorme palazzo di oltre trenta piani, con un comando operativo di vertice, segretissimi laboratori e altro ancora. Non aveva alcun senso risparmiare Mosca. La risparmiarono tuttavia, perché?

Ipso facto i missili divennero “tattici” per gli USA, bensì “strategici” per la difesa dell’Italia, esponendola alla ritorsione nucleare sovietica. Washington, risparmiando Mosca, fece l’occhiolino al Cremlino: «Tu non bombardi me, io non colpisco te; con l’Italia fa’ quanto vuoi».

La “trasversalità” (la si urterà più volte), dispiegata su Comiso e sulle relazioni Est-Ovest, a dispetto delle alleanze, gravò sui genuflessi governanti italiani dalla morte di Aldo Moro.

L’arretramento dei missili, in apparenza privo del più elementare buon senso militare, costò montagne di miliardi, col favore di tutti, italiani, germanici, britannici e persino sovietici, poiché Mosca ne usciva indenne. Comiso fu costruita da grandi cooperative e soprattutto fu gradita a Cosa Nostra, marcando l’ascesa dei viddani di Corleone, i sicari più amati da Totò Riina. Il maggiore ignorava[20] (pure Graziani?) quanto l’arretramento dei missili nascondeva.

Dopo un altro lungo minuto di silenzio, Graziani sbottò una volta ancora: «Tienilo per te; Cossiga mandò Martini[21] in Sicilia mentre nella NATO discutevano dove collocare la porzione italiana di euromissili. Che cosa andò a farci?» E concluse: «Ricorda: quando hai a che fare coi servizi segreti, non importa se stranieri o italiani: “Quanto è non è quanto appare”, mai, capito? Non prestare mai loro fede. Vocati al segreto, sono immersi nel falso. Mai fanno quanto appare. Tienilo sempre a mente, italiani o stranieri che siano, alleati od ostili, non fa differenza». Tornato in ufficio, il maggiore annotò quella frase; fu superfluo, si scolpì nella sua mente.

3 Volti di Stay-Behind

Il rapporto fra il colonnello e il maggiore si strinse come fra un maestro e il discepolo preferito. Da quell’ufficio osservarono le crisi politiche e militari succedutesi, poi il colonnello non andò a Praga come addetto militare. Alcuni mesi prima che partisse, il 24 Ottobre 1990, Giulio Andreotti da palazzo Chigi svelò l’esistenza dell’organizzazione NATO “Stay-Behind” (stare dietro), la rete che avrebbe operato nelle retrovie del Patto di Varsavia in caso di invasione. Una lista di 622 «gladiatori» fu delibata dalle redazioni. La procura chiuse le indagini e non rilevò reati.

«È la solita tecnica di Andreotti» commentò il colonnello qualche giorno dopo «Dice le cose a metà, per prevenire un ricatto e fare una proposta che qualcuno non può rifiutare» e concluse «Quella lista è la punta d’un iceberg, neppure il più importante. Un giorno ti spiegherò come stanno le cose». Egli conosceva quella lista, riflettei in seguito, prima che fosse di pubblico dominio? Sette mesi dopo Andreotti fu nominato senatore a vita da Cossiga, un mese prima che lasciasse anzitempo il Quirinale.

Passarono tredici anni. Graziani tornò da Praga, ristrutturò la scuola di lingue dell’Esercito, portandola ai massimi livelli. Nel 2003 andò a trovare l’ex maggiore. Stettero a pranzo insieme e gli spiegò che cosa fosse Stay Behind. Solo in tempi recentissimi, dopo aver conosciuto e intervistato Riccardo Sindoca[22], già membro della “segreteria affari riservati” di Cossiga, si ebbe conferma di quanto svelò Graziani nel suo ultimo colloquio.

“Stay-Behind”, confermò Sindoca, ebbe (oppure ha tuttora? N.d.A.) una triplice faccia: quella legale svelata da Andreotti, una seconda dipendente dagli USA e la terza dipendente da Francesco Cossiga, operante pure mentre egli fu al Quirinale[23]. Non è dato sapere se vi furono o vi sono tuttora altre simili organizzazioni.

Passarono gli anni. Danilo Dinoi, acuto cassazionista leccese, mise la pulce nell’orecchio all’autore: «Aldo Moro non poteva essere in via Mario Fani. Se fosse rimasto ferito, tutta la messinscena sarebbe saltata. I BR sono coperti da servizi segreti, non solo italiani». Superfluo chiedergli la fonte, trincerato nel professionale, tenace segreto.

L’autore rammentò Graziani (“Quanto è, non è quanto appare”) e le due illegali Stay-Behind, in particolare quella dipendente solo da Cossiga, i cui tentacoli potevano collegarsi trasversalmente dall’Atlantico agli Urali, senza benedizioni governative.

Vero? Falso? È peggio che vero, è verosimile. Occorre studiare le congruenze.

È tuttora necessario scavare. Quelle connessioni non costituzionali possono essere tuttora operanti, intossicando la politica e la convivenza civile degli italiani. Ad altri il compito di chiarire.

Questo libro vuole chiarezza su via Mario Fani e le raffiche di bugie da quel 16 Marzo, perché Aldo Moro è un martire della Repubblica che i mandanti della strage, italiani, vogliono far dimenticare.

AVVERTENZE

  • Le citazioni dai testi originali sono in grassetto in talune parti. Se il grassetto fosse anche nel testo originale, il lettore lo saprebbe per una peculiare nota.
  • Il lettore è cortesemente pregato di leggere tutte le note ed è opportuno sia connesso al web nel corso della lettura; molte fonti sono telematiche ovvero ricondotte a un indirizzo telematico.
  • Non pochi fra i coinvolti sono oramai deceduti; anche Aldo Moro è deceduto fra barbare sofferenze, come vedremo. È dopotutto trascorso mezzo secolo, un fatto non imputabile all’autore, il quale riferisce quanto è ragionevolmente provato su chiunque, vivo o morto.
  • La narrazione reca notizie di reato senza il nome di chi ha infranto le leggi della Repubblica. Non è omertà bensì rispetto per il ruolo dei magistrati requirenti, cui si consegnano le presunte prove dei reati, se richieste; i requirenti definiscano le responsabilità penali.
  • Nel testo vi sono numerose ripetizioni. Sono necessarie perché contrastano le falsità sinora più accreditate e più ripetitive dei disinformatori.

[1] Le forze speciali sono quelle che si impiegano, nelle operazioni speciali cioè nelle attività militari condotte da forze appositamente designate, organizzate, selezionate, addestrate ed equipaggiate utilizzando tecniche e modalità di impiego non convenzionali, in particolare dietro le linee nemiche.

[2] DIGOS, Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali https://bit.ly/3ge4fsJ

[3] Carmine Pecorelli, detto Mino (Sessano del Molise, 14 giugno 1928 – assassinato a Roma, 20 marzo 1979), giornalista, avvocato e scrittore, fondò l’agenzia «Osservatore Politico» («OP») e l’omonima rivista. https://bit.ly/3gb6uwR

[4] R.Bianco, M. Castronuovo “Via Fani ore 9.02” ed. Nutrimenti 2010 pag. 108

[5] «Il brigatista Valerio Morucci era del Sisde nel 1990», afferma il presidente della Commissione Moro, Giuseppe Fioroni.» cfr. Il Dubbio, 16 Novembre 2022 https://bit.ly/3UUU2k4

[6] https://bit.ly/3DwqDX6

[7] CIA e KGB sono servizi segreti, rispettivamente statunitensi e sovietici.

[8] Il “tamponamento” della Fiat 130 guidata dal Brigadiere CC Domenico Ricci, ai danni della Fiat 128 guidata (ed è falso anche questo) da Mario Moretti è un falso, è un depistaggio com’è scientificamente spiegato a questo indirizzo https://bit.ly/3iXjTKC Numerosi “esperti” (e disinformatori) si ostinano a menzionare un tamponamento che non esiste nella prima relazione della Polizia Scientifica a via Mario Fani alle 10.15 del 16 Marzo, https://bit.ly/3ZZyt59 , né in quella più recente della stessa Polizia Scientifica davanti alla Commissione Moroni https://bit.ly/3kBqkDH.

[9] Carlo Mastelloni “Cuore di Stato” ed. Mondadori 2017, pag.100 “Nel sequestro di Aldo Moro il diversivo fu il tamponamento dell’auto dell’onorevole, o l’inequivocabile tentativo di esso, da parte di una macchina con targa diplomatica guidata da Moretti”.

[10] Il Loiacono e il Casimirri sono l’uno cittadino svizzero l’altro Nicaraguense. Non si vede perché una cittadinanza aliena possa consentire di commettere omicidi in Italia.

[11] «[…]Marco Bellocchio [e] qualche tempo fa Ezio Mauro hanno disertato questa responsabilità. Raccontandoci la versione dei fatti elaborata nel Memoriale Morucci scritto a più mani su un tavolino del carcere di Paliano dove erano detenuti Morucci e altri cosiddetti ‘dissociati’ – cioè coloro che usufruivano di particolari sconti di pene con la scelta di prendere le distanze dalla lotta armata.» Stefania Limiti “Esterno notte: la mia delusione per il “Moro” di Bellocchio, appiattito sulla falsa verità” in Il Fatto Quotidiano on line 10 07 2022

[12] Gilbert K Chesterton “L’incredulità di Padre Brown”

[13] Daniel G. Tripp “Obscured Justice: The Eyewitness Problem” Mansfield Police Department, Texas, 2016

[14] L’Ufficio Politica Militare valutò la collocazione dei missili a Comiso dagli anni ’70. Il ciclo si chiuse col trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), firmato a Washington l’8 dicembre 1987 da Ronald Reagan e Michail Gorbačëv.

[15] Gioia del Colle fu la base più lontana dalla Libia, delle dieci basi dei missili Jupiter nel 1961.

[16] M. Caligiuri “Aldo Moro e l’intelligence. Il senso dello Stato e le responsabilità del potere”, ed. Rubbettino 2018

[17] Intervista di Giampaolo Pansa a Enrico Berlinguer, Corriere della Sera 15 Giugno 1976

[18] cfr. “Dalla Chiesa e La Torre, basta commemorare” in https://bit.ly/3vaFF0S

[19] Sembra dubitarne l’Unità del 1° Maggio 1982 la cui prima pagina scarseggia di riferimenti a Cosa Nostra. Solo il necrologio della Direzione del PCI evoca la mafia: «Pio La Torre[…]alla testa della dura e difficile battaglia per stroncare l’organizzazione criminale della mafia, per liberare la Sicilia e il nostro Paese da questo cancro.».

[20] https://bit.ly/3K00Uqf

[21] L’Ammiraglio Fulvio Martini, a quel tempo capo del Reparto Ricerche del SISMI; non era quindi attagliato a tale missione. Anni dopo il generale Carlo Jean confermò la missione di Martini che si dimise dal SISMI subito dopo la morte di Aldo Moro. Divenne capo del servizio nel 1984 e lo rimase fino a febbraio 1991. cfr. https://bit.ly/3EkgtYF

[22] Egli, com’è confermato da numerosi documenti, è “agente del servizio informativo Atlantico, membro della segreteria affari riservati di Cossiga”. Sindoca è noto alle cronache nazionali e fu oggetto di interrogazione parlamentare nell’anno 2005 che non ha avuto risposta. È l’ultimo superstite della cosiddetta “Colonna Guglielmi”, ascrivibile al ruolo operativo del colonnello dei Carabinieri Camillo Guglielmi, in seno agli apparati di intelligence italiani e atlantici.

[23] https://bit.ly/3XO4Y4P

 

Raffiche di Bugie a Via Fani

di Piero Laporta

SOMMARIO

CASO MORO

Riflessioni e Testimonianze Introduttive

di Antonino Galloni

Clima di Preparazione del Crimine PAG.1
Il Movente Ovvero “I Mandanti” PAG.2
Qualche Annotazione su BR, SISDE e SISMI PAG.3
I Fatti di Quella Mattina PAG.6
Fu Vera Confusione? Ai Posteri la Facile Sentenza PAG.8
Gli Anagrammi  
PAG.8  
Conclusioni PAG.9
   
PREAMBOLO  
Raffiche e Bugie PAG.11
Vociante Confusione PAG.13
Un Debito da Pagare PAG.14
Coordinamento e Capibastone  
PAG.15  
Vederne l’Assenza e Udirlo  
PAG.16  
L’Onere della Prova PAG.16
Quanto è Non è Quanto Appare  
PAG.17  
 3 Volti di Stay-Behind PAG.18
AVVERTENZE PAG. 22
PARTE PRIMA  
Desinformatsiya di Stato (Italiano)  
CAPITOLO PRIMO  
Operazione Militare  
Complotto Negato e Minestrone PAG.25
I Paradossi di Via Mario Fani PAG.27
Trasversalità e Metodo Mafioso PAG.28
Operazione Militare Clandestina PAG.33
Complotto Negato PAG.35
SISDE e BR PAG.36
Prova Diabolica della Complicità Istituzionale PAG.38
Il SIM Sopra ai BR PAG.39
Inganno e Successo Operativo PAG.40
Via Mario Fani Aspetti Militari Negletti PAG.41
Scostamento delle armi  
PAG.42  
Aldo Moro Glaciale Come James Bond PAG.44
Incontrollabile Perturbazione del Racconto PAG.45
Ulteriore Paradosso: Inquirenti e Avvocati PAG.46
   
   
PARTE PRIMA  
CAPITOLO SECONDO  
Bugie e Feroci Torture  
Desinformatsiya sul Corpo del Morto PAG.49
Falso Paragone con Mario Sossi PAG.50
Un Venerato Maestro, Miriam Mafai PAG.51
Disinformazione della STASI e della RAI PAG.52
L’Ombra di Carlos lo Sciacallo PAG.54
Autopsia Incompleta e Tortura PAG.55
Una Talpa tra i Documentaristi? PAG.58
Referto Incompleto e lo Stato Complice PAG.60
Ulteriori Ombre sull’Autopsia PAG.62
Giornalista Testimone Censurato PAG.63
Parlamento Genuflesso a due Monsignori PAG.66
Raffiche di Bugie: Colpi a Raggiera PAG.70
Come Nasce la Bufala PAG.73
   
PARTE PRIMA  
CAPITOLO TERZO  
Chi è il Giuda?  
Aldo Moro Tradito dallo Stato PAG.77
Via Mario Fani, c’è un Giuda PAG.78
Incidenti Stradali per Bloccare il Traffico? PAG.80
Un Facile Imbroglio PAG.82
Tre Quesiti PAG.84
Il “Punto” è Immutato PAG.86
Auto Blindata, Chi la Negò? PAG.87
   
PARTE PRIMA  
CAPITOLO QUARTO  
Desinformatsiya Istituzionale .
   
Legislazione Premiale per gli Assassini PAG.89
Le Prove della Trasversalità PAG.91
Trafficanti nel Carcere di Paliano PAG.94
Una Storia Incredibile e Vera, Antonino Arconte PAG.96
   
PARTE PRIMA  
CAPITOLO QUINTO  
Desinformatsiyae Imbecilli  
   
Violenza e Lirica Piccolo Borghese PAG.101
“Ragionevole Calcolo” del Morucci PAG.103
BR Sicuri del Successo PAG.105
   
PARTE PRIMA  
CAPITOLO SESTO  
Desinformatsiyae Inganno  
   
Via Montalcini, la Bufala PAG.109
Il Cavallo di Troia PAG.110
Scopo Tattico e Scopo Strategico PAG.113
Inganno e Trasversalità – Il 13 Maggio 1981 PAG.115
Si fa presto a dire “Yalta” PAG.118
Mandanti e Capibastone PAG.119
Gli Archivi di Mosca e di Budapest PAG.122
Dall’Interesse Strategico al Delitto PAG.125
Gli Obiettivi dell’Inganno PAG.127
Stay Behind e Desinformatsiya PAG.129
Napolitano e Agnelli, la Cena PAG.130
Livelli di Sicurezza PAG.133
Il punto debole PAG.135
Desinformatsiya “Lasciando Credere” PAG.138
Desinformatsiya Giornalistica PAG.139
Desinformatsiya e Moana Pozzi PAG.140
Inganno di Cartongesso PAG.140
La ripartizione dei compiti PAG.142
Memoriale di Moro Vs Memoriale BR PAG.143
Lo Stato Spara Raffiche di Bugie PAG.145
Macchie sulla Tappezzeria PAG.148
   
PARTE PRIMA  
CONCLUSIONI  
La Copertura ai BR e al Morucci PAG.151
Il Livello dei Servizi Sovietici PAG.152
   
L’Autopsia dello Stato PAG.155
   
PARTE SECONDA  
PARLA ALDO MORO  
PREMESSA  
Via Monte Nevoso 1990 PAG.161
PARTE SECONDA  
CAPITOLO PRIMO  
Lettere, Messaggi Duali e Giuda  
Premessa PAG.163
Messaggi Duali PAG.164
La lettera a Cossiga PAG.168
Il 17 Marzo e la Tortura PAG.170
Posti di Blocco e Staffetta BR PAG.171
Le 5 Borse PAG.174
La Danza delle Borse PAG.176
Chi Indicò le Borse da Prendere? PAG.182
Aldo Moro in Via Mario Fani Non C’è PAG.183
Prima Prova Diabolica PAG.185
Seconda Prova Diabolica PAG.187
   
PARTE SECONDA  
CAPITOLO SECONDO  
Anagrammi in Prigionia  
Premessa PAG.191
Introduzione agli Anagrammi PAG.192
Le Combinazioni con Ripetizione PAG.193
Aldo Moro Anagrammista PAG.193
Sciascia e la Lettera a Cossiga PAG.196
Commissione Fioroni e gli Anagrammi PAG.298
Lettera al “Capo degli Sbirri” PAG.200
Assecondare PAG.201
Decrittare gli Anagrammi PAG.203
Errore Ortografico PAG.204
Cossiga Non Ha Visto PAG.207
   
PARTE SECONDA  
APPENDICE AL  
CAPITOLO SECONDO  
TABELLE DI CONVERSIONE  
PRIMO ANAGRAMMA PAG.211
SECONDO ANAGRAMMA PAG.212
TERZO ANAGRAMMA1^ versione PAG.213
TERZO ANAGRAMMA –2^ versione PAG.214
QUARTO ANAGRAMMA PAG.215
QUINTO ANAGRAMMA PAG.216
SESTO ANAGRAMMA PAG.217
TABELLA RIASSUNTIVA DI SEI ANAGRAMMI PAG.218
   
PARTE SECONDA  
CAPITOLO TERZO  
Verifica degli Anagrammi in Prigionia  
Prologo PAG.219
Prima Verifica PAG.220
“Sopratutto” – Seconda Verifica PAG.221
   
PARTE TERZA  
CHE COSA È ACCADUTO  
Introduzione PAG.227
Preso Con Elicottero PAG.229
   
PARTE TERZA  
CAPITOLO PRIMO  
(In)visibile Mano Militare  
L’Agguato e il Giuda PAG.231
Istruzioni Semplici per i BR PAG.235
Il Primo Colpo di Pistola PAG.237
Due Distinti Gruppi di Fuoco PAG.238
Professionismo e Tradimento PAG.239
Assassini e Professionisti PAG.241
Dilettanti Esposti alla Bomba PAG.242
Una Bomba ad Alto Potenziale PAG.243
La Bomba Sparisce PAG.244
L’Agguato “Deve” Avvenire il 16 Marzo PAG.247
Leonardi e Ricci Sottovalutati PAG.248
La Trappola Inizia col Convoglio PAG.249
Scatta la Trappola PAG.251
   
PARTE TERZA  
CAPITOLO SECONDO  
LO STATO LASCIA UCCIDERE I SUOI FIGLI  
Trappola Per Leonardi e Ricci PAG.253
Preparazione della Trappola PAG.253
Separazione del Presidente dalla Scorta PAG.254
La Missione di Sasha PAG.261
Domenico Ricci, Morte alle Spalle PAG.265
La Tempia Destra di Leonardi PAG.266
Sostiene il Viminale… PAG.266
Tradimento e Sorpresa PAG.268
Rimane la Domanda: Chi tradì? PAG.269
   
PARTE TERZA  
CAPITOLO TERZO  
L’Inchiesta Mancata  
Il Lavoro di Gianluca Cicinelli PAG.273
La Mattanza, i Suoi Tempi PAG.274
   
PARTE TERZA  
CAPITOLO QUARTO  
Aldo Moro Non C’è  
Lo Assicura Pure il Viminale  
Assenza non Solo nelle Immagini PAG.277
Un’Altra distrazione: le Traiettorie su Leo-nardi PAG.278
È Indispensabile la Corretta Tridimensionalità PAG.279
   
CONCLUSIONE PAG.281
Bibliografia essenziale PAG.287
Ringraziamenti PAG.293
   

 

 

Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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