San Giovanni Paolo II e Aldo Moro, lo Stesso Pugnale

42 anni fa Ali Agca attentò alla vita di Giovanni Paolo II; il pontefice che giganteggia nella millenaria storia della Chiesa. Non di meno il tempo sfoca i ricordi e distorce gli eventi, precedenti e coevi al grande papato. È quindi agevole a qualunque ometto schizzare fango sul papa polacco, da un lato contando sulla scarsa memoria dell’uditorio, per altro verso facendosi scudo d’uno dei tanti “misteri d’Italia”, assurto a “mistero” grazie a indagini farlocche, come farlocche furono e tuttora sono le indagini sul rapimento di Aldo Moro e sulla strage di via Mario Fani. La macchina del fango contro Giovanni Paolo II Magno non meriterebbe neppure una riga di risposta. In molti invece si sono fatti avanti apparentemente in difesa del Santo Pontefice. In realtà colpisce in costoro il mancato esame del vero ruolo di san Giovanni Paolo II, fermandosi a blaterare di oltraggio, offesa, arroganza… Chiacchiere superflue, facendo felici quanti vogliono demolire il magistero di papa Woytila, obbedendo ai propri padroni globalisti e nord europei. «Calunniate, calunniate, qualcosa resterà» esortò Francis Bacon, seguito da Jean Jacques Rousseau, Voltaire, Lenin, Palmiro Togliatti e dai loro pupilli, vecchi e nuovi.
S’avverte anche l’ansia che affiorino i volti e il ruolo dei fiancheggiatori dell’Unione sovietica e dei traditori di san Giovanni Paolo II, della Chiesa e, si parva licet componere magnis, dell’Italia. Questo lavoro si propone di fare un buco in questo sporco velo.

I retroscena dell’attentato a san Giovanni Paolo II
Cominciamo da quanto documentato nel mio libro su Via Fani[1] https://amzn.to/3UFz2P1 È necessario perché fra l’assassinio di Aldo Moro e il tentato omicidio di san Giovanni Paolo II c’è un legame tenacissimo, il cui affiorare preoccupa tuttora i traditori, specialmente quelli italiani e in Vaticano.
Il 1° Giugno 1979 il capo dei servizi francesi, Alexandre de Marenches, gran protettore dei terroristi italiani[2], informò il Vaticano d’un attentato in fieri contro il Pontefice polacco. Qualcosa non funzionò. Vediamo perché.
Scrive Rosario Priore[3]:

«De Marenches, […] aggiungendo di poter affermare, nonostante il vincolo del segreto di Stato, che la decisione di eliminare il Pontefice era stata presa dai più alti vertici di Mosca; che le informazioni sull’operazione giunsero al suo Servizio nel 1979; che nonostante mancassero i dettagli dell’esecuzione, egli la stimò credibile, per cui decise di portarla a conoscenza del Sovrano Pontefice.»

Nella Relazione di minoranza della Commissione Guzzanti si legge:

«Nel libro intervista Dans les secrètes des Princes, pubblicato nel 1986, De Marenches ipotizza che davanti ad un problema di tale rilevanza i Servizi del Vaticano ne abbiano parlato a chi di dovere a Roma […] Mi sono chiesto se i Servizi italiani avessero fatto il necessario per proteggere il Sovrano Pontefice. Non conosco, a tutt’oggi, la risposta»[4].

De Marenches e i parlamentari italiani di sinistra tentarono così di scaricare le responsabilità sui servizi italiani, cercando invano di sminuire il ruolo dell’Unione sovietica, invece apertamente accusata dallo stesso de Marenches. Sembrano però tutti all’oscuro del protocollo che il de Marenches avrebbe dovuto seguire. Rammentiamolo.
De Marenches, avuta l’informazione sull’attentato in fieri, ordinato dal vertice politico dell’Unione sovietica, avrebbe dovuto metterne a parte i servizi segreti di Italia, Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti, Israele, essendo tutti co-protettori del Romano Pontefice. De Marenches avrebbe quindi dovuto porre il dilemma: dobbiamo diffidare l’Unione sovietica oppure mettiamo in atto valide misure preventive? In tal caso avrebbero potuto anche uccidere Ali Agca.
La sollecitudine (di facciata e sbandierata) del de Marenches è solo un depistaggio, in spregio al protocollo e al buon senso, che non scongiurò, ovvio, l’attentato, compiuto infatti da Ali Agca insieme ai bulgari.
Recare la notizia in Vaticano non ebbe d’altronde alcun effetto pratico. Che cosa avrebbero potuto fare le loro reverendissime eminenze (oltre a intensificare le preghiere)? Tanto meno servì per la politica seguita in quel momento dal Pontefice e dalla Segreteria di Stato, verso la Polonia e verso l’Unione sovietica (avrebbero dovuto dichiarare guerra all’Urss?).
Il mondo occidentale s’accucciò dietro de Marenches. Il servizio italiano di controspionaggio, avvertito dai francesi, avrebbe dovuto seguire Sergei Antonov (capo dei servizi segreti militari bulgari a Roma) ovunque andasse, ascoltarne le telefonate, tenere nota degli incontri. In altre parole, il nostro controspionaggio avrebbe dovuto comunicare al giudice Martella la mancanza di alibi e gli itinerari di Antonov insieme ad Ali Agca. Non fu affatto così. L’alibi fu smontato e i giri di Antonov individuati solo grazie all’abilità investigativa del giudice Martella, poi esonerato.
Si dovette attendere il 2006 affinché la presenza di Antonov accanto ad Ali Agca fosse doppiamente provata[5], quando il riconoscimento facciale computerizzato fu eseguito da due differenti laboratori, su incarico della commissione presieduta da Paolo Guzzanti, per scoprire (troppo tardi, che disdetta) che una foto scattata da un turista inchiodava Serghei Antonov accanto ad Alì Agca mentre sparava al papa[6].
In precedenza, dopo 13 anni di istruttoria il giudice Rosario Priore prosciolse i bulgari, senza neppure un test di riconoscimento facciale computerizzato.
Ali Agca, sicario di fama conclamata, nei giorni immediatamente precedenti l’attentato andò indisturbato per Roma con Sergei Antonov, capo della residentura bulgara nella Capitale, mentre il controspionaggio italiano, statunitense, britannico, tedesco, francese e israeliano ebbero altro da fare, a Roma.
La complicità trasversale fra servizi Est-Ovest poté consentire l’attentato, ignorarlo mentre avveniva, infine favorire l’uscita di scena dei bulgari, coi minori danni possibili, per sé stessi, per i mandanti e per gli omertosi complici. Per quest’ultimi, anzi, i danni furono zero. Non si sa neppure chi siano, proprio come per Aldo Moro. Questa vicenda dice che i servizi italiani, gli inquirenti italiani, la magistratura italiana, la stampa italiana erano (lo sono ancora?) profondamente inquinati

Lo Scopo Sovietico dell’Attentato
 A quel tempo, in piena Guerra Fredda, il sistema era bipolare. Da un lato la CIA, dall’altro il GRU[7], il responsabile dell’assassinio di Aldo Moro[8]. Tutti gli altri servizi, all’Ovest come all’EST, erano allineati dietro i due capifila. L’operazione contro Giovanni Paolo II fu un altro capolavoro del GRU, che replicò quello già ottenuto due anni prima con Aldo Moro, ai danni della CIA e dell’ambasciata USA a Roma, guidate da imbecilli, se non corrotti. L’Unione sovietica agì contro il Papa polacco perché egli, il giorno stesso del suo insediamento, dette tre disposizioni.
La prima. Fare i passi necessari ad arrivare al reciproco riconoscimento fra Vaticano e Israele. La missione fu affidata al suo amico d’infanzia Jerzy Kluger, un ingegnere ebreo, residente a Roma che mi raccontò questa storia. La comunità ebraica romana, guidata dal grande rabbino Elio Toaff, rispose molto positivamente e aprì la strada tra il Vaticano e Israele.
La seconda disposizione investì la segreteria di Stato, incaricata di mettere in piedi una rete di corrieri clandestini che avrebbero portato pacchi di denaro per la dissidenza polacca. La rete fu gestita direttamente dalla “mafia polacca”, collaboratori diretti e fidati del Papa (estranei alla sua segreteria, quindi non individuabili) consapevole di essere circondato, anzi assediato da agenti sovietici.
La terza disposizione fu regolata dal Papa e dal cardinale Pio Laghi, a quel tempo nunzio presso le Nazioni Unite. Woytila era angosciato dal Nicaragua. Un accordo fra Stati Uniti e Unione sovietica consentiva di spadroneggiare come ciascuno desiderava nel proprio orto: i sovietici a Cuba e gli USA in Nicaragua. Di conseguenza i Sandinisti nicaraguensi non ricevevano armi da Mosca. Gli esuli cubani erano blanditi da Langley. E ciascuno faceva i suoi comodi. William Colby, direttore della CIA, che non voleva questo accordo, morì mentre pescava in canoa.
I riccastri statunitensi potevano, pagando 5mila dollari, organizzarsi un rilassante safari nella giungla nicaraguense. Giunti all’aeroporto di Managua, pagato il dovuto, trovavano una guida, un fucile col cannocchiale e una jeep con autista. Si inoltravano nella jungla e sparavano. Ai leoni? Ai rinoceronti? Non solo, anche agli indigeni: donne, vecchi e bambini inclusi. Con qualche dollaro in più erano concesse amputazioni per i souvenir.
Il Papa convocò il cardinale Laghi. Insieme organizzarono affinché ai Sandinisti giungessero vagonate di dollari per acquistare le armi che Mosca negava ai comunisti nicaraguensi, per rispettare gli accordi con Washington. Laghi operò attraverso una banca internazionale; forse sottovalutò la penetrazione sovietica in quella banca e nello IOR.
Quando gli americani protestarono coi sovietici per le dei Sandinisti che presumevano arrivassero da Mosca, il GRU alzò le proprie antenne e capì chi finanziò i comunisti nicaraguensi. A quel punto ottennero luce verde per compiere un attentato a man salva contro Giovanni Paolo II, com’era accaduto per Aldo Moro: un accordo diretto fra i servizi. E da lì originò la sceneggiata del de Marenches, più che altro un avvertimento alla CIA: «Attenti, noi sappiamo che cosa accade, quindi avete un debito con noi». George Bush padre acconsentì, la Francia dilagò in Italia, anche grazie a Bettino Craxi e agli altri politici italiani, tutti, proprio tutti ricattabili a causa di Aldo Moro. Molti anni più tardi uno stupido molisano, al servizio della CIA, cercava chi trafficava con le armi in Vaticano. Imbecille.
Perché i sovietici volevano sbarazzarsi del Papa polacco? Come assicurò il de Marenches, l’ordine arrivò dal massimo livello politico sovietico. La missione fu affidata al GRU il micidiale servizio segreto militare, fucina della classe dirigente sovietica e capolavoro organizzativo del generale Piotr Ivashutin[9]. La missione del GRU era eliminare quanto ostacolava il piano sovietico d’invasione dell’Europa, che muoveva un milione di armati, su un fronte che andava dal mar Baltico all’Adriatico, per travolgere le forze della NATO. In questa figura quanto prevedevano per l’invasione dell’Italia.

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Questo era il “Fronte Sud”, che comprendeva l’Italia.

Il “Fronte Nord” grosso modo investiva la Scandinavia e il Benelux. Il più importante di tutti era al “Fronte Centrale”, con attacchi nucleari, forze corazzate e artiglierie semoventi a migliaia, per attraversare la Germania e investire la Francia, arrivando all’Atlantico in meno di due settimane, cioè prima che la NATO ricevesse rinforzi da oltre Atlantico.
Con san Giovanni Paolo II si palesò un problema imprevisto per il Patto di Varsavia: il papa polacco, senza sparare un colpo, gli portava via la Polonia, dalle cui foreste partiva l’attacco del Fronte Centrale, l’attacco principale. Chi scateni un attacco con quelle ambizioni non può permettersi retrovie insicure: munizioni, carburanti e cibo devono partire da tergo, ora dopo ora, convoglio dopo convoglio, per raggiungere la prima linea, la punta della lancia che avrebbe dovuto penetrare il cuore dell’Europa. Qualunque interruzione del flusso logistico dalle retrovie polacche avrebbe rallentato la prima linea di attacco. Inaccettabile. San Giovanni Paolo II doveva dunque morire e la Polonia tornare sottomessa a Mosca.
Il Vaticano era corrotto, allora come oggi, zeppo di prelati dai mille segreti. Nell’ufficio accanto a quello del papa lavorava, solo per fare un esempio, un monsignore con tre figli segreti, avuti da tre diverse donne. Era ricattabile, ovvio, e fu ricattato. Con Giovanni XXIII i seminari e i conventi, apertisi agli omosessuali, divennero riserva di caccia dei servizi sovietici. Costoro addestravano adescatori etero e omo, creando cordate ben inserite nella Curia. Alcuni anni fa uno degli agenti, alquanto stufo della talare, ha fatto in modo di farsi sospendere, infine spretarsi agiatamente non senza godersi un attimo di celebrità televisiva. Ai tempi di san Giovanni Paolo II questi agenti erano centinaia; lo spiavano, lo fotografavano e riempirono di microfoni la Segreteria di Stato.
Anche il più ingenuo che osservi la cartina dell’invasione dell’Italia, s’avvede che il tradimento dilagava pure nelle fila italiane così come in quelle tedesche. Del tradimento di democristiani e comunisti a Comiso abbiamo già detto altrove[10]. Il pianificatore militare è concreto e realista: se pianifica il passaggio delle colonne corazzate attraverso due passi alpini – due Termopili – dove potrebbero essere agevolmente bloccate da poche decine di uomini, significa che quel pianificatore sovietico è certo, certissimo del tradimento al di là dei passi alpini, in Italia. D’altronde, non fai oltre trecento chilometri attraversando l’Austria, esponendo per oltre cinque ore il tuo fianco destro alla reazione tedesca, se non sei sicuro che la reazione tedesca arriverà in ritardo o non arriverà affatto. Nel sistema sovietico non si scherzava: se il pianificatore avesse compilato un piano sbagliato, sarebbe stato eliminato, egli ben lo sapeva, con un colpo di pistola dietro l’orecchio sinistro. E via.
In conclusione era tutto perfettamente previsto e pianificato, poi arrivò questo Papa polacco e sottrasse ai sovietici le retrovie dell’attacco principale; sottraeva al controllo sovietico la Polonia, da dove partiva l’attacco principale del loro geniale e perfettissimo piano. I gerarchi sovietici in quei giorni strappavano le lenzuola e picchiavano le mogli.

Che cosa fare? Quale strategia contro il male?
Tutte le cellule sovietiche spionistiche furono allertate. Dovevano distruggere il papa polacco. Gli italiani furono messi sotto pressione. I giornalisti amici dovevano scrivere contro. Ma che cosa potevano scrivere? Non c’era nulla di nulla. Il massimo fu raggiunto con le foto del papa che nuotava nella piscina nei giardini vaticani. I quotidiani finanziati dai servizi sovietici tentarono di gonfiare la notizia ma non ci fu verso d’andare oltre. Quel papa fu integerrimo.

«Nash genial’nyy i smertonosnyy plan provalivayetsya, potomu chto proklyatyy pol’skiy papa otbirayet u nas pol’skiy tyl! Il nostro brillante e micidiale piano affonda perché uno stramaledetto papa polacco ci porta via le retrovie polacche!» Sembra di sentirle, nei corridoi del Cremlino, le loro imprecazioni.  

Se San Giovanni Paolo II non fosse stato più che integerrimo, se non fosse stato santo, le centinaia di agenti sovietici in Vaticano e a Roma lo avrebbero registrato e fotografato, come fotografarono il figlio omosessuale d’un capo democristiano, piegandolo ai loro scopi. E fu uno fra centinaia di casi. D’altronde i servizi sovietici e quelli occidentali non controllavano solo san Giovanni Paolo II. Tutti i prelati di alto livello, in America latina, come in Europa, in Asia o in Africa, ovunque fossero erano e sono spiati da tutti i servizi segreti nel mondo. Il paradosso è che oggi i servizi segreti  sovietici non ci sono più e a Mosca interessa relativamente di Francesco, mentre sono subentrati i servizi delle multinazionali e delle consorterie globaliste. Chi quindi ha tralignato, rubando, fornicando o genuflettendosi a giunte militari è ricattabile qui e ora, senza se e senza ma. Il fango contro san Giovanni Paolo II ricorda molto da vicino quello contro S.S. Pio XII, calunniato dai servizi sovietici dopo che il World Jewish Congress lo aveva proposto per il premio Nobel per la Pace[11]. Calunniato, S.S. Pio XII, anche per mano del neo sionismo.
In queste ore il globalismo sempre più scopertamente anticattolico si fa strada, mentre fra gli stretti collaboratori di Francesco, vi sono agenti di questo globalismo. In questi miasmi e dopo mezzo secolo “fonti per ora anonime” avviano una macchina del fango alquanto sgangherata. Chi si stia giovando di queste manovre è intuibile, tanto più se ricordiamo le singolari contiguità fra i vertici vaticani e quelli globalisti. Peggio per loro. Non hanno la Fede necessaria per comprendere che scavano la fossa entro la quale cadranno.
D’altronde i cattolici che vanno chiedendo la rimozione di questo o quest’altro non hanno capito nulla della battaglia della Chiesa da due millenni, nonostante l’ostilità di agenti traditori, ai vertici del Vaticano. Il Male combatte la Chiesa da duemila anni e non ha mai vinto; sarà sconfitto anche questa volta. San Giovanni Paolo II rimane santo e veglia da lassù sulla Sua Chiesa.
Non si deve fare assolutamente nulla, se non pregare, anche per quell’imbecille che crede di avere trovato la verità, per bocca d’un delinquente di mezza tacca, a sua volta prezzolato da un’agente del globalismo, la quale, per capirci, non è il suo avvocato.
Il Male divora se stesso e ben presto vedremo le iene che vorrebbero sbranare san Giovanni Paolo II, dilaniarsi l’un l’altra. Piuttosto osserviamo attentamente chi sono queste iene e chi sono questi falsi difensori di san Giovanni Paolo II. Osserviamoli e prendiamo nota. Non occorre fare nulla contro i nemici della Chiesa, basti pregare e consegnarli alla storia nel loro stupido e lercio ruolo. Presto, non appena si svelerà come realmente si svolse la tragedia di Aldo Moro e chi furono i suoi “amici” traditori, sibileranno analoghe calunnie e gli stessi pugnali che oggi vorrebbero sfregiare san Giovanni Paolo II, sono solo cambiate le mani, sottrattesi ai turiboli.

Cristo Vince nonostante i traditori e gli ometti, calunniatori inconsapevoli. www.pierolaporta.it

[1] P.Laporta “Raffiche di Bugie a Via Fani – Stato e BR Sparano su Aldo Moro” ed. 2023

[2] https://bit.ly/3UCReZP

[3] Giudice istruttore, sentenza del 1998 contro Ali Agca e altri.

[4] Commissione Parlamentare d’Inchiesta Concernente il Dossier Mitrokhin e l’Attività d’Intelligence Italiana. Archivio Senato. Prot. 4236 del 23 Marzo 2006, pag. 191

[5] «Era Serghei Ivanov Antonov quell’uomo coi baffi e gli occhiali scuri fotografato il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro vicino ad Ali Agca pochi istanti prima che il terrorista turco tentasse di uccidere Karol Wojtyla, il Papa polacco che di lì a qualche anno avrebbe contribuito alla caduta all’impero sovietico. È positivo anche il risultato della seconda perizia chiesta dalla commissione Mitrokhin su quelle foto, stavolta commissionata dal capogruppo DS in commissione Walter Bielli alla polizia scientifica. Dopo le conclusioni delle analisi precedenti che certificavano la «totale compatibilità» tra il volto del caposcalo bulgaro della Balkan Air a Fiumicino e quelle immagini». Virginia Piccolillo «Attentato al Papa, Antonov in piazza San Pietro» Corriere della Sera, 3 Marzo 2006

[6] doc. 274 e 350 Archivio Commissione Guzzanti (Mitrokhin) mediante sistemi digitali di riconoscimento facciale, presso due laboratori differenti, uno privato e l’altro della Polizia di Stato.

[7] Glavnoe Razvedyvatel’noe Upravlenie – Direttorato Principale di Informazione

[8] https://amzn.to/3UFz2P1

[9] https://bit.ly/3UGdphI

[10] Cfr. P. Laporta cit. pag. 19

[11] Cfr. https://bit.ly/41ua3k3 e cfr. https://bit.ly/41zlebo

Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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