Covid19 è un’opportunità se si distribuiscono dei “buoni acquisto”. Una follia? Non è detto, anzi.
La proposta non è nuova, bensì rivisita un classico dell’economia, aggiornandolo alla contingenza Covid19. Qualcosa di analogo è stato recentemente applicato a Hong-Kong.
Lo stato dovrebbe emettere mensilmente, per tre mesi estensibili fino a sei, dei “buoni acquisto” spendibili solo per pagare merci e servizi materiali ed immateriali ma non tesaurizzatili (no prodotti finanziari, debiti/risparmi, fisco e bollette…); tali quindi, essendo un’elargizione una tantum, da non essere assimilabili a una moneta alternativa all’euro.
Questi “buoni acquisto”, per un contro-valore diciamo, per esempio, di 500 euro mensili, verrebbero messi a disposizione di ciascun residente in Italia da almeno 5 anni (minori ed infanti inclusi se nati in Italia da madre residente da almeno 5 anni), riscuotibili con un normale bancomat, potrebbero anche sostituire una cospicua parte del “reddito di cittadinanza”.
Per le imprese verrebbe restituito in “buoni acquisto” diciamo un 30% degli adempimenti fiscali pagati nel periodo, inclusi IVA e cuneo fiscale (tasse e contributi) sia a carico aziendale che dei lavoratori.
I “buoni acquisto” sarebbero spendibili solo presso aziende con sede fiscale in Italia e senza resti in euro.
Sarebbe assai efficace pagare anche una parte delle retribuzioni con i buoni.
Si porrebbero due alternative.
La prima: i buoni verrebbero elargiti a tutti senza condizioni, a parte l’obbligo di accettazione dei buoni da parte delle aziende fornitrici delle merci e dei servizi.
La seconda: libera scelta condizionata dall’accettazione che una parte delle retribuzioni sia in buoni acquisto e, per le aziende, la disponibilità ad essere pagate appunto con i buoni.
Andrebbe approfondita quale alternativa sarebbe giuridicamente più percorribile, anche nei confronti delle regole europee.
L’eccezionalità della crisi economica innescata dalla pandemia corona virus dovrebbe largamente giustificare questo allargamento del circolante, allo scopo di aumentare i consumi senza aumentare il debito né indebolire l’euro, a costo zero per lo Stato, essendo un’operazione temporanea, come una moneta alternativa all’euro.
Si tratterebbe, solo per le famiglie, di un incremento di reddito da spendere obbligatoriamente in consumi, una bomba di ben 90 miliardi in tre mesi, pari al 5 punti di PIL. Se si temessero tensioni sui prezzi, la cifra potrebbe diluirsi in tempi più lunghi.
Tenuto conto di quanto messo a disposizione delle aziende, si andrebbe oltre i 110 miliardi.
Appare possibile inoltre adottare una scadenza oltre la quale lo Stato, se le condizioni economiche lo permettessero, si impegnerebbe a ritirare i buoni accettandoli a copertura di adempimenti fiscali.
Ovviamente questo è uno schema sintetico che necessiterebbe di un regolamento completo.
I nostri sedicenti amici europei potrebbero mostrare qualche perplessità. Non di meno proprio la Germania, con la sua stringente necessità di compensare le esportazioni in crisi con i consumi interni, potrebbe trovare la proposta assai interessante.