Esplode il datagate al Consiglio europeo? Angela Merkel e François Hollande rilasciano una dichiarazione congiunta: “Una mancanza di fiducia (verso gli USA, NdR) pregiudicherebbe la cooperazione nella raccolta di intelligence, vitale per la lotta al terrorismo“. Gli addetti ai lavori della cyber intelligence sogghignano: è una commedia. L’evento nuovo davvero è dato da Brasile e Venezuela, i quali assumono misure operative concrete per interdire nel prossimo futuro e ostacolare immediatamente tutto lo spionaggio statunitense nel cyber spazio.
Le dichiarazioni europee sono mere operazioni di facciata per rassicurare l’opinione pubblica del Vecchio continente, “facimme ‘a faccia feroce”, lasciando tutto tal quale, con le centrali di ascolto statunitensi ufficialmente rivolte verso Est, in realtà pronte a intercettare tutte, proprio tutte le comunicazioni di tutti, proprio di tutti, per immagazzinarle nei segretissimi iperserver, nelle sorvegliatissime caverne nei deserti del Nevada.
Intanto Vladimir Putin fa i suoi giochi. Ha un ostaggio, Edward Snowden, il tecnico della Cia e poi della Nsa che svelò al mondo la capacità statunitense di catturare tutte le comunicazioni, senza limiti di spazio e di tempo. Snowden affermò di non avere conservato file segreti per i russi e di aver rivelato tutto ai giornalisti.
Il GRU, il servizio segreto militare russo, torchiò Snowden in aeroporto, prima di farlo entrare in Russia, per sincerarsi che non fosse un cavallo di Troia e che valesse la pena di sfidare gli Stati Uniti, come poi Putin fece effettivamente, sottraendo Snowden alla giustizia americana e accogliendolo in Russia.
Da Mosca le notizie sul datagate filtrano sui giornali europei, in particolare su quelli britannici, secondo una liturgia della disinformatjia che ricorda molto quella della Guerra Fredda, con qualche dettaglio in più che lascia pensare quanto possano essere contenti i circoli statunitensi e israeliani, irritati per l’avvicinamento di Usa e Iran, compiaciuti invece da questo continuo e imbarazzante tiro al bersaglio verso Hussein Barak Obama.
Quando entrano in gioco i segretissimi servizi è sempre difficile capire quale sia il vero scopo di un evento. Di certo le chiacchiere dei leader europei sul datagate sono fuffa. In quanto alla situazione italiana, è grottesca. Il sistema Palantir, la versione (quasi) smilitarizzata di PRISM è nelle agenzie italiane all’insaputa del COPASIR, il comitato di controllo parlamentare, nel quale potrebbe esserci pure un (ex?) membro dei servizi. Controllore uguale a controllato, così si fa prima.
Solo il tempo dirà che cosa sta veramente dietro questa nebbia fatta di troppe notizie e di pochi fatti, al contrario di quanto accade a Brasilia e Caracas, dove abbondano le decisioni operative e scarseggiano le chiacchiere.
Lo svelamento del datagate e i dettagli rivelati da Edward Snowden sulla cyber intelligence USA sono comparabili a quanto fece Klaus Fuchs, il fisico di Lipsia naturalizzato inglese, arrestato nel 1950 per aver passato all’Urss i segreti della bomba H.
Mosca seppe qual era il vantaggio degli USA e si fece in quattro per raggiungerli e superarli, mai tuttavia in misura da rompere l’«equilibrio del terrore» che ci ha dato la pace più o meno calda sino a oggi.
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