Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio stanno compiendo errori strategici gravi, tuttavia ancora rimediabili, a patto di dare un’immediata sterzata al modo di fronteggiare il crollo del ponte di Genova.
La politica e il potere si reggono su due pilastri: le risorse e il consenso. Quest’ultimo è più fragile del ponte genovese e, come si sa, mutevole di suo. Esiste tuttavia un elemento che – ben più d’ogni altro – determina repentini mutamenti del consenso: il sangue, la morte di innocenti. Tutte le rivoluzioni cominciarono a causa di guerre con spargimento di sangue innocente, per stragi di popolazioni inermi o altre analoghe sconcezze.
Da mezzogiorno del 14 agosto, quando crollò il ponte Benetton a Genova, il sangue di 43 innocenti, schiacciati dal calcestruzzo malato è stato come un cannoneggiamento di gente inerme: chiunque sia in buona fede s’è reso conto che negli ultimi venti anni sono state svendute non solo le ricchezze dell’Italia ma anche le vite dei cittadini. Quel crollo è tuttora in grado di scatenare uno tsunami da travolgere e distruggere definitivamente, cancellarli dalla scena politica, il Partito Democratico e Forza Italia, primi responsabili dello sfascio e del crollo dell’Italia. Ebbene, questo governo è stato deviato, frenato prima che lo tsunami si scatenasse.
Mercoledì 15 agosto – il giorno successivo alla catastrofe genovese – 170 migranti erano nelle acque maltesi. Alle 3.40 della notte qualcuno – senza consultare il governo – ha dato uno strano ordine a due unità della Guardia Costiera italiana, affinché intervenisse a 17 miglia nautiche da Lampedusa per caricare i migranti. Circa cinque ore dopo, alle 8.20, è intervenuta nave Diciotti che ha imbarcato 177 migranti, all’insaputa del governo.
Se le due motovedette si fossero dirette – come è stato sempre fatto in casi analoghi – verso Lampedusa in condizioni di sicurezza, si poteva accendere il solito contenzioso con Malta e attendere la composizione da parte dell’Unione Europea. È arrivato invece l’ordine di trasferire i migranti sulla Diciotti e questa, portandosi a Catania, si è messa sotto l’occhio delle telecamere del mondo. È giunta a Catania, senza entrare nei porti di Pozzallo e Augusta, sui quali vige la competenza delle procure di Ragusa e Siracusa, note in passato per posizioni tolleranti verso l’immigrazione. Chi ha consigliato di andare a Catania sapeva che Luigi Patronaggio, procuratore capo di Agrigento, aveva pianificato di recarsi nel capoluogo etneo, per un’ispezione a bordo della Diciotti? All’ispezione è conseguita l’indagine per sequestro di persona, sostenibile proprio dalla procura di Agrigento.
In altri termini, dal giorno successivo al disastro di Genova, le prime pagine, invece di concentrarsi sui 43 morti ammazzati dal ponte crollato, sono state condivise con la Diciotti e Patronaggio. A partire dal 18 agosto, dopo quattro giorni dal crollo, sfumate le cronache dei funerali, la Diciotti ha cancellato il crollo di Genova.
Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, questo è dilettantismo grottesco, neppure scusabile con l’inesperienza di governo.
Si dirà che il governo non vuole esporsi ad accuse di sciacallaggio. Le accuse di sciacallaggio sono arrivate comunque, intanto però il governo – mettendo in ombra il disastro genovese, a vantaggio della Diciotti – trascura l’interesse dello Stato, trascura l’interesse delle 700 famiglie di sfollati, trascura l’interesse delle famiglie dei 43 morti ammazzati.
Il governo, smetta di autocompiacersi per gli applausi ai funerali. Il governo smetta di lamentarsi per l’indagine a carico d’un suo ministro, mentre nessun indagato risulta dopo il crollo del ponte. Vogliamo scoprire oggi che certa magistratura fa politica? Questo non toglie che si debba agire con la risolutezza imposta dalla situazione e consentita dal potere governativo e politico, più vasto di quanto sia stato dispiegato sinora. Se Patronaggio prevale è solo responsabilità dell’autorità politica, in quanto controparte inerte. Il governo smetta di porre in cima alla sua agenda vicende artefatte come quelle della Diciotti; vicende artefatte a dodici ore dal crollo, facendosi prendere per i fondelli in modo elementare. Il governo proceda piuttosto e senza indugio a nominare un collegio di difensori, costituendosi parte civile e invitando ad associarsi come parti civili le famiglie degli sfollati, quelle dei morti, il comune di Genova e tutti i cittadini e le imprese in qualche modo coinvolti nel disastro.
Solo un gruppo di pressione siffatto può ottenere il risultato di controllare l’operato della magistratura genovese, risalendo alle responsabilità, per esigere risarcimenti non solo da Autostrade, ma da tutti i ministri delle infrastrutture, dai capi di governo e dalle burocrazie corresponsabili del disastro.
La concessione ad Autostrade è uno degli aspetti del problema, ma non è “il problema” nella fase di indagine sulle responsabilità. Alla magistratura genovese l’onere di stabilire se il disastro sia colposo o doloso. Il disastro tuttavia rimane: è un dato di fatto incancellabile, qualunque cosa dicano e facciano i ministri delle Infrastrutture da Antonio Di Pietro a Graziano Del Rio. Il governo ha il dovere verso se stesso, verso lo Stato e verso tutte le vittime, sopravvissute e non, di fare tutto il possibile perché, sotto l’occhio d’un collegio di esperti difensori, il diritto e la giustizia coincidano e siano salvaguardati. Di certo tale salvaguardia non ci sarà se si rimane inerti mentre si fanno affiorare documenti come la lettera – pubblicata da L’Espresso e sequestrata(!) dalla procura – datata 28 febbraio 2018, con la quale la Autostrade avvertiva il ministero delle Infrastrutture e il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova sullo stato critico del viadotto. Deve essere chiaro che tale documento non alleggerisce la posizione di alcuna delle parti in causa, tutt’altro.
Il consenso, come s’è detto, può essere cancellato repentinamente dal sangue, dalla morte di innocenti. Questo può accadere, anzi accadrà senz’altro, per quanti abdichino al dovere di difendere efficacemente quel sangue e quegli innocenti. L’unica vittoria efficace sarà l’individuazione dei responsabili e il risarcimento a loro carico di tutte le vittime del viadotto di Genova. Altro che profughi, Diciotti e Patronaggio. Se ne ricordi chi entrò a palazzo Chigi autonominandosi “avvocato degli italiani”. www.pierolaporta.it
Piero,
il ponte di Genova, il cavalcavia a Bologna, ilva, tav, tap, sicurezza, magistratura fuori controllo, sono tutte emergenze di pari priorità e importanza. Chi governa deve comandare, premiare e punire, promuovere e licenziare. Le relazioni con gli altri governi e con gli italiani competono al PdC. Chi glielo dice a Conte?
Caro Piero,
Ti leggo sempre con grande interesse. Hai messo molta carne sul fuoco. Anche il governo ha molta carne da mettere sul fuoco ma ai fornelli non c’è nessuno!
Esemplifico: quei due la devono smettere di fare dichiarazioni sempre più in contrasto tra loro.
Conte deve porre fine a queste competizioni tra Salvini e Di Maio. In attesa di rifare l’Italia facciano un po di decreti legge che affrontino le emergenze e mettano in quarantena i magistrati. Questa pagliacciata del contratto non regge più. Ci si avvalga di Giorgetti (che non mi sembra cosi fattivo), di Tria e di Savona e si mettano in sonno gli altri figuranti. Conte, Salvini e Di Maio comincino a stare zitti e a fare qualcosa. Altrimenti spariranno presto dallo scenario. Comincio a pensare che forse sarebbe stato meglio continuare con quel ballista di Renzi e i suoii immigrati
L’evento è il crollo del ponte Benetton a Genova. Punto. Se si spostano da qui sono finiti.
Già e dietro l’ affare Diciotti spunta l’affare clero gay cattolico americano ovvero cosa la ns sinistra farà dire al presidente Trump.
PS cosa ci preparano per dopo ?
Uhm, mi pare arduo che la nostra sinistra possa indirizzare gli umori di Trump.
Concordo pienamente. In pratica 177 clandestini stranieri vivi hanno oscurato 43 Italiani morti.
Con l’aggravante che tanto è avvenuto per una precisa determinazione del comandante della Guardia Costiera, il quale ha operato fuori dalle acque territoriali nazionali senza alcun controllo del ministro delle Infrastrutture da cui dipende. E’ lo stesso ministro che dovrebbe sentirsi investito dal crollo di Genova.