Hillary Clinton ha alle costole 150 agenti dell’FBI. Protezione? Macché, indagano su di lei. Che ne sarà della candidata?
Nelle ultime settimane in Italia il binomio “Cyber security” è diventato popolare a causa delle consuete beghe di partito. Al punto in cui siamo di sottomissione, mettere al vertice della sicurezza cibernetica nazionale un facchino oppure un brillante professionista o, come si va dicendo, un compagno di merende di Smargiasso, non fa alcuna differenza. Tutta la sicurezza nazionale è in mani allogene, dunque perché darsi pena per un particolare sottoinsieme di essa? Sorvoliamo sulla plausibile risposta.
Per comprendere la differenza che corre fra il nostro e un paese che tiene alle sue istituzioni, vediamo che cosa sta succedendo alla cara Hillary Clinton, certamente non annoverabile fra le persone più indifese del Pianeta.
Hillary Clinton è accusata d’aver utilizzato un server di sua proprietà per inviare e ricevere e-mail contenenti dati sensibili per la sicurezza nazionale; questo è il nocciolo dell’inchiesta di cui è oggetto. Avrebbe dovuto utilizzare solo un server governativo, dotato di tutte le protezioni possibili e nessuno si sarebbe sognato di sbirciare nella sua posta finché destinatario e mittente dei messaggi in arrivo e partenza fossero stati adeguati al livello di segretezza dei documenti trattati. L’inchiesta è partita solo per il fatto che era stato impiegato un server privato; poi sono affiorate altre magagne.
In Italia molti potrebbero pensare che si tratti di peccati veniali. D’altronde in Italia non è mai finito nessuno nei guai (o quanto meno in guai seri e durevoli) per aver pubblicato documenti segreti. Da quelle parti invece prendono molto sul serio le norme che tutelano la sicurezza nazionale. Non importa che si tratti di una ex first lady: è finita sotto inchiesta come un comune cittadino, anzi di più. Vediamone gli sviluppi in sintesi.
Formulata l’accusa, solo il Federal Bureau of Investigations (FBI) è competente a vagliarne la veridicità, proprio perché la sicurezza nazionale (homeland security) è sua peculiare responsabilità. Questa istituzione è per gli Stati Uniti come i Carabinieri per l’Italia, cioè il corpo di polizia più stimato dalla popolazione.
Al vertice del Bureau c’è un direttore. Quello attuale, James Comey, è un profondo conoscitore della macchina governativa statunitense, nella quale si è formato e ne ha scalato i gradini fino a divenire “deputy attorney general” (vice procuratore generale) del ministero della Giustizia (Department of Justice), prima di divenire direttore del Bureau. In gioventù si è fatto le ossa nell’industria degli armamenti e nei fondi di investimento. È un fedelissimo del presidente Obama, il quale gli affidò il Bureau il 4 settembre 2013. Questo significa che fino al 2023 Corney è inamovibile. La sua carica dura infatti dieci anni, a meno di gravi e provate trasgressioni alla legge.
Comey ha dedicato 150 agenti speciali al caso Clinton, in gran parte provenienti dal Criminal, Cyber, Response, and Services Branch. Sono professionisti di prim’ordine. Stanno “pettinando” accuratamente Hillary, capello per capello; se necessario ogni capello sarà spaccato in quante porzioni necessarie. Inutile dirlo, tutto si concluderà in tempi brevi.
Comey depositerà gli esiti dell’inchiesta sul tavolo di Loretta E. Lynch, Attorney General (procuratore generale), anch’essa della stessa pasta di Comey, fedelissima di Obama, dal quale dipende direttamente. Mrs. Lynch deciderà autocraticamente se Hillary Clinton dovrà andare a giudizio, stroncandone conseguentemente le ambizioni elettorali.
Pare vi sia ruggine fra Obama e Hillary e secondo alcuni Mrs. Linch sarà severa. Si dice pure che se Hillary cade, i Democratici perdono la Casa Bianca. Secondo altri quindi Mrs. Linch sorvolerà.
Ecco, così si ragiona in Italia. Taluni commenti sulla stampa nostrana sono infatti schierati su quelle due sponde. Da quelle parti tuttavia non è così semplice. Intendiamoci, i giochi politici contano, il potere si autopreserva e le porcherie si fanno negli USA come dappertutto, ma gli anticorpi per frenare l’infezione o quanto meno impedirne il contagio, sono più attivi di quanto noi possiamo immaginare.
Il direttore dell’FBI – ripetiamolo: inamovibile – ha dedicato un esercito di agenti al caso, 150 come abbiamo detto. Se costoro troveranno delle prove, in queste condizioni non c’è gioco sporco e segreto che possa reggere. È impossibile che si possa mascherare un segreto e riuscire a celarlo quando così tanti professionisti sono coinvolti, oltretutto con una formazione mentale e professionale assolutamente distante dalla ricerca di compromesso.
Certo, se le urne saranno nel frattempo favorevoli a Hillary, il partito democratico avrebbe tutto l’interesse a difendere il candidato che potrebbe avere possibilità di successo per avvicendare Obama. Non possiamo immaginare che cosa farà ma possiamo supporre che la tentazione di farlo sarà stringente.
I primi risultati nel New Hampshire non sono stati favorevoli a Hillary. Sarà tuttavia più determinante il voto di sabato 20 febbraio, con le primarie in South Carolina, la cui popolazione, a maggioranza nera, dovrebbe favorire la Clinton. Se così non fosse, l’ex first lady potrebbe cominciare a essere scomoda per il suo partito e arrivare indebolita al “Super Tusday” (Super Martedì), detto così perché martedì 1° Marzo si vota in quindici fra i più rilevanti Stati dell’Unione. Gli esiti del Super Tusday di solito rispecchiano quanto avverrà con l’ultimo spoglio.
E se Hillary Clinton non ce la fa? Può avvenire perché le urne saranno sfavorevoli o perché l’inchiesta la travolgerà, ovvero per ambedue le ragioni. Nel frattempo molto dipende dai grandi finanziatori della sua campagna elettorale: potrebbero annusare aria sfavorevole e decidere di cambiare cavallo.
Che cosa succederebbe in tal caso? Il mondo continuerà a girare, il sole sorgerà e tramonterà come al solito. Di certo a Hillary non daranno il premio Nobel per la Pace. Ce ne faremo una ragione, nonostante tutto, sapendo che avremo probabilità più solide di quante ve ne siano ora di scampare a una guerra. Confidiamo intanto che quei 150 agenti speciali facciano bene il loro lavoro e il loro direttore altrettanto.
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Un’ OPI divorante! Atteggiamenti tracotanti e puerili allo stesso tempo. DA TEMERE.
Ed anche dell’evento Bengasi si continua a parlare, non con la stessa enfasi, ma comunque mettendo in dubbio le sue capacità e responsabilità decisionali.
Sarebbe interessante sapere quale eco ha, sulla stampa USA, l’inchiesta sulla Clinton.
La seguono passo passo
Qui silenzio