HiTech garantisce la pace?

intifadaHiTech garantisce superiorità militare, vanno giurando dalle parti del Pentagono. Lo garantiscono le industrie.

HiTech militare contro barbarie. Civiltà raffinata contro i barbari. Chi prevale? Lo si potrebbe chiedere a Romolo Augusto e Odoacre. In attesa che si facciano sentire, un’interessante risposta sperimentale si para in Israele, con l’ennesima “transizione intermittente al caos”.
Un sistema complesso stagna per un certo tempo, poi inopinatamente(?) v’è un’accelerazione caotica delle variazioni dalla condizione iniziale. Inutile ricordare che “caos” per la scienza non significa “privo di ordine”. Con periodicità caotica, per esempio, batte il cuore d’una persona in buona salute. Un caos che mantiene in vita, dunque, un caos indice di alta capacità adattiva. Se ritorniamo a quanto sta accadendo in Israele, semplificando all’estremo il modello, il caos corrente lo possiamo descrivere come “HiTech contro Coltello”.
In apparenza si confrontano intelligenze artificiali e armi preistoriche rozzamente semplici, sicché verrebbe da concludere che la vittoria sarebbe scontata.
Non dimentichiamo tuttavia che la Hitech militare, pur proponendosi di colpire da distanza di sicurezza, non ha sempre garantito il successo; due esempi per tutti: il VietNam e l’11 Settembre. La transizione che osserviamo – dai sassi al coltello – è paradossale riduzione della distanza a dispetto della HiTech che invece dovrebbe incrementarla. È l’esito, si direbbe, del caos adattivo in evoluzione da settant’anni. Questo significa che i clausewtziani fattori immateriali d’una parte stanno prevalendo su quelli materiali dell’altra? Se questo sta accadendo, allora Israele dovrà rispondere con altri fattori immateriali. Toh, sta a vedere che la politica, ben prima delle armi, tornerà a farla da padrona.
A prescindere da quanto pensiamo del conflitto in Israele, accingiamoci a trarre una lezione più generale: né la scienza né la tecnologia da sole garantiscono il controllo del caos adattivo cui la nostra esistenza soggiace. Magari bastasse questo per concludere che la pace è migliore della guerra. Anche la stupidità caotica infatti entra nel sistema, come ormai ben dovremmo sapere.
Chi ne dubiti osservi la scelta che va imponendosi ai cittadini statunitensi, poveretti, per il prossimo inquilino della Casa Bianca: Hillary Clinton o Donald Trump.
Pare di sentirli i sostenitori a oltranza della superiorità incontrastabile d’una civiltà più evoluta delle rimanenti. Clinton, il marito, coi pantaloni sempre sbottonati, appena insediatosi, era il 1992, finanziò lo spionaggio HiTech con una cifra analoga al budget italiano della difesa.
HiTech garantisce il futuro dell’intelligence, si dice, quindi è una garanzia per la sicurezza e la pace di tutti. Interessante, certo, ma domandiamoci se l’Occidente ha una credibile intelligence strategica. In altre parole se conosce bene che cosa deve cercare; oppure ha idee confuse circa i nemico? Di per sé significativo il peso crescente del toponimo “Occidente”, a un quarto di secolo dalla fine dell’Unione Sovietica. Se scopo dell’intelligence strategica è garantire equilibrio e pace, non giovano, si direbbe, né la rivoluzione dell’Information Technology né iniezioni massicce di HiTech, tanto meno le spese decuplicate negli ultimi 25 anni.
Oppure, come sospettiamo, HiTech è uno dei «…mantra che nel dopo guerra fredda hanno trasformato la dottrina militare americana in una Biblioteca di Babele e alimentato l’illusione di supplire con la guerra-lampo e l’arte operativa alla mancanza di nemici, e quindi di scopi politici e di obiettivi strategici. Il che ha non poco contribuito alla sconfitta politica che gli Stati Uniti si sono voluti auto infliggere all’esordio dell’American Century.»[1]
Sia le inchieste sul dopo “11 Settembre” sia quelle sulle (inesistenti) armi di distruzione di massa in Iraq, mostrano intelligence ingannevoli per i propri governanti, cioè per quanti dovrebbero invece giovarsene per le proprie decisioni strategiche.
Nel caso dell’11 Settembre l’inganno fu “passivo”, dandosi a intendere un controllo della situazione, inesistente invece alla prova dei fatti.
Per l’Iraq fu ancora più grave: la CIA passò informazioni attagliate ai desiderata di chi doveva fruirne, la Casa Bianca.
A questo s’aggiunga che ogni soggetto economicamente rilevante – industrie militari, per esempio – ha intelligence autonoma e, cosa più grave, gli USA (e anche l’Italia) ricorrono all’intelligence privata.
È lecito temere che lo Stato ricorra ai privati per una propria funzione strategica, l’intelligence, in quanto soccombente a confronto con gli interessi privati.
Guarda un po’ come si diverte la Storia. I firmaioli di Ventotene vollero la distruzione dello Stato; gli iper liberisti applaudono a quelli e collaborano senza remore. Troppo tardi però ti accorgi che lo Stato non muore e di quando ne rimane se ne sono impossessati i privati per i loro comodi. La Costituzione? I parlamenti? Suvvia, dettagli.
Nell’immaginario collettivo, “intelligence” significa il Grande Orecchio, i satelliti occhiuti, oppure torturare e incarcerare terroristi. Come farne a meno? La lotta al terrorismo d’altronde è prioritaria, nessuno può metterlo in discussione. Certo, è vero, tuttavia si percepisce un’intelligence funzionale ad alzare la tensione piuttosto che smorzarla, scollegando la democrazia dai cittadini e i governanti dai governati.
Le spese militari intanto sono letteralmente centuplicate rispetto al 1989, quando si predicava il “dividendo di pace”, cioè la possibilità di reindirizzare le spese militari verso i bisogni dei cittadini. Neppure s’erano posate le polveri del muro berlinese, si partì per i Balcani e non siamo ancora tornati a casa da allora. “Attenti all’industria militare” ammonì il generale Eisenhower[2], che non era un pacifista, lasciando la Casa Bianca. Oggi aggiungerebbe “… e alla sua intelligence che ci porta in guerra”.
Julian Assange in “The WikiLeaks Files: The World According to US Empire”, strilla i dispacci segretissimi, dando benzina a chi invoca “Information wants to be free”. Difficile che un libro muti la Storia, tuttavia questo volume è arduo da oscurare, documentando come gli Usa impongano il potere militare, economico, diplomatico e massmediatico.
I detrattori obiettano che un cablo, fuor dal contesto, è fuorviante. Questo è vero. Non una pagina svelata da Assange fu tuttavia giustificata dalle Autorità svelandone il contesto. Counterpunch.org: “Gli americani perseguitano Assange perché WikiLeaks svela i crimini epocali in Afghanistan e in Iraq: hanno taciuto i massacri indiscriminati di decine di migliaia di civili, disprezzando la sovranità e il diritto internazionale”.
Joe Biden, vice di Obama, risponde: “Assange è cyber-terrorista”, dimenticando che Edward Snowden, ex agente della National Security Agency, ha documentato che Assange è in una “manhunt target list”, una lista per cacciatori di taglie, vivo o morto. E il “primo emendamento” sulla libertà di informazione? Chi è Davide e chi Golia?
Assange e Snowden spostano i rapporti di forza, mettendo in discussione il potere fino a quel momento incontrollato, ma tuttora utilizzato dalle agenzie governative e da quelle private contro i più basilari diritti umani. Per comprendere la benemerenza di Wikileaks, domandiamoci se il presidente Usa possa controllare la gestione segreta d’una tale massa informativa. La commissione del Congresso, indagando sulle “inesistenti armi di distruzione di massa in Iraq”, conclude che l’agenzia la dette a bere alla Casa Bianca. Difficile comprendere quanto tutto questo abbia a che fare con la democrazia, tanto più in formato esportazione. Finiamola con le finzioni: la democrazia è morta e pochi la piangono davvero.

[1] Riccardo Cappelli, Hobbesian Warfare La guerra secondo William S. Lind, in http://www.societaitalianastoriamilitare.org/

[2]Dwight David Eisenhower, Presidente degli Stati Uniti, il 17 gennaio 1961, nel discorso d’addio alla Casa Bianca: «Nelle riunioni di governo, dobbiamo stare in guardia contro l’acquisizione di ingiustificata influenza, voluta o non richiesta, del complesso militare-industriale. Il potenziale per la disastrosa ascesa di potere male assegnato esiste e persisterà. Noi non dobbiamo mai lasciare che il peso di questa combinazione metta in pericolo le nostre libertà o i nostri processi democratici. Non dovremmo dare nulla per scontato. Solo una popolazione in allerta e informata può costringere ad una corretta interazione la gigantesca macchina industriale e militare della difesa con i nostri metodi ed obiettivi di pace, in maniera tale che sicurezza e libertà possano prosperare insieme»

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Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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3 risposte a HiTech garantisce la pace?

  1. Enrico scrive:

    Purtroppo la tecnologia favorisce anche il terrorismo. Se dovessero stare a scambiarsi dei pizzini trasportati a dorso di cammello i terroristi sarebbero molto meno pericolosi per le nostre società. Tutto disprezzano delle nostre società occidentali meno che internet e le telefonia.
    Oriana Fallaci raccontava che Arafat si vantava ad ogni piè sospinto del fatto che loro avevano inventato i numeri. Peccato che se non ci fossero stati Newton e Cartesio l’uso di dei numeri sarebbe ancora limitato alla conta dei cammelli.

  2. yoshi scrive:

    Se non fossero pochissimi a piangerla, la Democrazia, non sarebbe morta.

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