Articolo 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema contributivo è informato a criteri di progressività.» Tale dettato dovrebbe essere soddisfatto mediante l’Irpef, Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche: niente di più falso.
L’Irpef è una tassa assurda, stupida, cretina, idiota, imbecille, dannosa, ottusa, scema, stolta, da fessi, da ebeti, da deficienti criminali, socialmente ingiusta.
L’Irpef, nei fatti, consegue il risultato opposto poiché, paradossalmente, colpisce la parte produttiva del paese penalizzando occupazione e competitività delle merci prodotte in Italia.
Gli ineffabili buroragionieri, i fanatici della partita doppia, scrivono sul bilancio dello stato quasi 200 miliardi di entrate Irpef, la voce più importante delle entrate, niente di più falso: circa 100 miliardi sono il frutto di fantasiosi giri e finzioni contabili senza che entri od esca un solo euro.
Si tratta dell’Irpef che lo stato trattiene sulle pensioni, sugli stipendi degli impiegati statali e degli enti locali.
I restanti 100 miliardi non li pagano delle fantomatiche “persone fisiche”, ma le imprese private, i datori di lavoro privati, parte del famigerato “cuneo fiscale” grazie al quale, paradossalmente, più si crea lavoro, meglio si paga il dipendente più si pagano tasse, non proporzionalmente agli utili ma, assurdamente, alle iniziative economicamente positive.
Non esiste in natura nessun lavoratore che si interessi alla sua “paga lorda” o peggio al suo “costo del lavoro” che include la parte di imposte e contributi virtualmente a carico dell’azienda, al lavoratore interessa il suo “netto in tasca”, cambiando lavoro domanderà “quanto netto in tasca?”.
L’Irpef non incide solo sul costo diretto del lavoro applicato alla produzione, ma sull’intera filiera: amministrazione, logistica e vendita, pesando sui prezzi delle merci, quindi sulla loro competitività, tra il 15 ed il 20 per cento.
L’evasione fiscale viene promossa e incentivata dal sistema di riscossione dell’Irpef, farraginosamente demandato trimestralmente a milioni di esattori incontrollati ed incontrollabili, le imprese private con dipendenti, che hanno, comprensibilmente, tutto l’interesse a sviluppare in nero una parte del loro giro d’affari per non perdere competitività nei riguardi dei concorrenti italiani ed esteri.
Lo spostamento delle entrate fiscali sui consumi ridurrebbe drasticamente i punti di esazione, quindi facilitando i controlli. Un piccolo sconto Iva sui pagamenti elettronici permetterebbe inoltre l’immediata suddivisione automatica tra quanto spetta allo stato e quanto al venditore, con immediato accredito allo Stato al passaggio in cassa.
L’abolizione dell’Irpef ridurrebbe il costo del lavoro senza penalizzare le retribuzioni, favorendo gli investimenti industriali stranieri e il ritorno di produzioni delocalizzate.
Se si volesse davvero “giustizia fiscale” si dovrebbe proprio abolire l’Irpef, sostituendola con imposte mirate sui consumi, chi più consuma più paga: se consuma di più vuol dire che ha più reddito. Poco importa se il reddito sia pulito o in nero; così finirebbero anche i piagnistei sull’evasione.
Si potrebbe infine programmare davvero l’economia, indirizzando i consumi a vantaggio dell’economia nazionale, penalizzando quelli che pesano negativamente sulla bilancia commerciale.
La proposta è di per se interessante e merita una riflessione, ma non si può non considerare che uno Stato si regge anche sulla “solidarietà” e questa non può che essere espressa attraverso una “moderata” proporzionalità di imposte sulla ricchezza effettiva, che non si manifesta solo sui consumi.
Altrimenti, chi può spende e chi non può guarda.
I consumi vanno distinti dagli investimenti (finanziari e immobiliari , ad esempio)?
E la redditività diretta e indiretta derivante dagli stessi, va tassata oppure no?
Sarei molto favorevole ad una effettiva standardizzazione del sistema di calcolo della ricchezza (estimi catastali per il valore degli immobili, valori artistici, opere d’arte eccetera) per creare una base solidale sulla quale uno Stato possa fare i propri calcoli di spesa (poi faremo anche i calcoli sul COME queste entrate vadano utilizzate e favore di chi). A questa un affiancamento di un’imposta sui consumi effettivi è auspicabile anche se per alcuni questi consumi potrebbero essere propedeutici per la creazione di un reddito … autisti, rappresentanti e trasportatori e IVA sul carburante.
Un ragionamento conseguente è sull’utilizzo del contante, dove “i punti di esazione” possono essere incontrollabili e replicabili all’infinito creando una distorsione dell’effettiva tassazione sui consumi che andrebbe a totale beneficio dei fruitori o dei fornitori dei beni venduti in questo modo …
discussione aperta
sul resto non discuto, sul contante non ho dubbia: sopravvivrà per pagare droga, prostituzione e mazzette, altrimenti che gusto c’è nel potere e nella ricchezza?
rispondo con ritardo, chi vorrà leggere leggerà…..mi tirerò addosso molti odi, ma non capisco perché se compro della pasta devo pagarci sopra l’Iva anche se, con questo acquisto rafforzo l’economia nazionale, ma se compro un fondo d’investimento internazionale o dei bond stranieri regalando ricchezza italiana ad altri paesi lo faccio senza pagare un euro di tasse, sarò tassato solo sul capital gain in caso di vendita o sugli interessi maturati…..in altre parole su tutti beni materiali o immateriali venduti ad un utilizzatore finale andrebbe applicata un’Iva