Islam, un tempo albergo di civiltà, oggi antro di terrore, esterno e interno a se stesso. È solo questo?
Islam, fenomeno storico di grande rilevanza, per molti aspetti è ridotto a religione “incompleta”. Negli ultimi tempi potrebbe dare l’impressione di covare nel proprio ventre elementi di disgregazione dei rapporti umani, civili, sociali, statuali e (Dio non voglia) interreligiosi.
[cryout-pullquote align=”left” textalign=”justify” width=”22%”](*) Benedictus è autorevole personaggio che non intende svelarsi[/cryout-pullquote]
Inquiete domande agitano tutti, non pochi anche fra i mussulmani.
Ebbene, la violenza dell’Islam non è un problema né occidentale, né politico. È problema meramente relazionale, interno all’universo Islamico. E’ vero tuttavia che ciò apre vulnerabilità sempre più critiche, che espongono l’Islam a strumentalizzazioni politico militari come mai è accaduto nel passato. Le “primavere” non hanno altra lettura che questa, alla prova dei fatti. Se in futuro mancherà una risposta da quanti credono nel Corano, non resterà che una reazione in punta di diritto, cui si giustappone una barriera culturale, l’una e l’altra genitori legittimi della conflittualità.
Sono da aborrire i politici, i quali, adusi al “politicamente corretto”, riducono una questione seria, come la crisi dell’Islam, a mera attualità tattica e gestionale, invocando la “comprensione” e il “dialogo”, ben sapendo che in tal modo s’elude il confronto, non risolvendo, anzi aggravando gli attriti dovuti a “alterità” e “identità”. Tali attriti si riversano, ricordiamolo, sulle parti più indifese di ambedue i versanti. Le ricorrenti accuse di “razzismo”, le omelie buoniste per il “dialogo”, gli aggiramenti surrettizi dei drammi in atto sono diabolici travisamenti della realtà, che portano verso le più estreme conseguenze, mentre le autorità politiche e religiose dell’Occidente (oramai, tranne che a Mosca, coincidenti nel nome d’una “nuova religione”) tradiscono i loro doveri di “autorità stabilite da Dio” (san Paolo, Lettera ai Romani, 23 1-2)
La nostra identità in mano al Potere
Il Potere (nelle proprie vesti laiche e religiose) dell’Occidente… una Nomenklatura, costoro non custodiscono la civiltà, bensì ne causano il disfacimento, com’è palese ovunque, anche e tanto più quando si fanno vessilliferi della Giustizia. L’esperienza assicura che le magniloquenti esortazioni velano insidiosi disegni.
[cryout-pullquote align=”right” textalign=”justify” width=”33%”]Si direbbe che “le questioni” siano soltanto occidentali, mentre le certezze sono soltanto “coraniche”[/cryout-pullquote]
La corruzione dilagante è sintomo d’una malattia più profonda, giacché il Potere per servire se stesso deve ignorare le origini della civiltà e le sue declinazioni. La corruzione che affligge l’Occidente non ha nulla da invidiare a quella colonialista e post colonialista che tuttora impazzano al di là del Mediterraneo, con una sostanziale differenza: l’Islam è una promessa di riscatto che al di qua non c’è.
Il Potere occidentale simula una mediazione, il cui spessore efficace è frutto delle qualità morali delle stesse vittime, quelle sacrificate ‘verso il’ e ‘nel’ conflitto. Il Potere politico religioso si manifesta “buono” per necessaria telegenia e perché così agevola lo sfruttamento cinico delle contingenze conflittuali per mutarle in opportunità.
Tale modo di (pro)porre la politica distrugge l’identità della civiltà; con essa distorce le situazioni, i contesti e le percezioni delle persone. È un meccanismo diabolico: negando legittimità all’identità civile, trasmessaci dalla nostra cultura, non rimane apparentemente spazio che per il “conflitto” o la “resa”, senza alcun passaggio intermedio nel confronto legittimo, serrato, fattuale, fra visioni che debbono confrontarsi ma non contrapporsi in modo banalmente conflittuale.
È tuttavia da interrogarsi sulle ragioni per le quali tale procedimento – nel campo occidentale – si sviluppi essenzialmente per le illusioni mass mediatiche, mentre sull’altro versante sembra sufficiente la parola del Corano per uscire da ogni contraddizione.
Si direbbe quindi che “le questioni” siano soltanto occidentali, mentre le certezze sono soltanto “coraniche”.
Islam è totalizzante, affermando la propria legittimità solo per via esclusiva.
Esso non crede nella pace, ma nella misericordia. È, questo, un dato ben noto da sempre, tuttavia più inquietante che mai per le false prospettive, vero e proprio “trompe l’oeil” culturale, che illude circa una visione comune, rivelandosi improvvisamente (e tragicamente) un muro insuperabile.
La pace è frutto di ragione e amore; la misericordia è un comando proveniente dalla contingenza. Il λογος coranico è l’immobile “devi”, incapace del δια – λογος, di un’alterità.
Esso è perciò incapace di libertà e soggetto a mera necessità: obbedire al Supremo Ente, che ha parlato.
L’incapacità dialogica e dialogante rende impossibile un pensiero condiviso e, perciò, si può trovare terreno comune soltanto nel compromesso sulle cose pratiche, del giorno per giorno. Privo com’è, l’Islam, di un’istanza autorizzata (e di fronte ad una pletora di istanze ‘autorevoli’) a rappresentare la ‘umma’, questa si imprigiona in un mito e, allo stesso tempo, si rende difficile un dialogo strutturato nel tempo.
Per necessità il dialogo deve essere soltanto un compromesso ‘locale’, là dove reciproci interessi specifici di cristiani, ebrei e mussulmani devono trovare un’intesa su pratiche questioni di vita.
A questo si aggiunge l’ansia di quanti nel mondo mussulmano avvertono la carenza di strumenti adeguati a comprendere e governare la modernità, la quale risulta in tal modo sconvolgente quando non rifiutata del tutto.
Il conseguente e inevitabile, quanto inconfessato, senso di inferiorità, a confronto con l’arroganza del Potere occidentale – insopportabile anche ai suoi stessi sudditi più indifesi – non può che tradursi in distanza crescente dalla residua razionalità occidentale e obbligare le piazze mussulmane ad agire “sentimentalmente”. Attraverso questa strada, l’Islam diventa un grimaldello che il Potere usa e, pur cercando di non lasciarlo sul luogo del delitto, invariabilmente ne rimangono le tracce.
Sicché è curioso che proprio in questo momento storico la politica cristiana riscopra a sua volta la “Misericordia”, accentuando l’antropocentrismo dottrinale, introdottosi nel post dopoguerra. È curiosa un’altra sovrapposizione. Il Potere occidentale, oramai vocato alla laicità, quando non alla più plateale ostilità alla fede popolare, manifesta verso i suoi sudditi una forza coercitiva di sottomissione, analoga per efficacia, seppure diversamente abbigliata, a quella che il λογος coranico impone a sua volta (sottomissione = Islam) sul suo territorio.
Qualsiasi ratio che cerchi di contrastare la distruzione della cultura giudaico cristiana è eresia in Occidente.
L’Islam reputa a sua volta eretica qualunque ratio che ne ostacoli la diffusione territoriale e la sottomissione della gente su quel suolo. La nuova religione e l’Islam sotto una Misericordia dalle origini sfumate.
Le due tendenze, l’una e l’altra apparentemente nuove nella storia, sembrano binari casualmente paralleli. Difficile tuttavia credere a una mera coincidenza. È necessario interrogarsi anche su questo.
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Bellissimo articolo. L’unico aspetto sul quale ho qualche riserva è che l’Europa non ha una connotazione cristiana. In Europa abbiamo una cultura cattolica, una protestante ed una laica. Questa sensibile difformità complica la possibilità di dare una adeguata risposta all’ islamismo.
Nell’articolo non si dice: “l’Europa non ha una connotazione cristiana”. E’ invece sottolineato:”Qualsiasi ratio che cerchi di contrastare la distruzione della cultura giudaico cristiana è eresia in Occidente.” Questa asserzione mi pare di evidenza palmare. In altre parole, Benedictus pone la questione della “cristianità” dal punto di vista del Potere in Europa. Difficile contraddirlo, mi pare.
Seppure molto materiale, il Corano è superiore ai Vangeli per conoscenze esoteriche riguardo agli elementali e ai piani superfisici. Ma è decisamente inferiore per gli effetti che si creano con i Sacramenti e i Sacramentali cristiani. Ossia, la magia che i musulmani creano con le loro preghiere individuali e collettive è decisamente inferiore di gran lunga dalla magia cristiana creata dai sacerdoti con i loro rituali ancora efficienti, pure in presenza di sacerdoti iniziati peccatori.
Non sono uno stratega. Per cui vedo le cose a livello tattico. Vedo che noi siamo impreparati mentalmente, socialmente, politicamente e militarmente per contrastare una eventuale penetrazione più o meno violenta dell’Islam in Italia e nel resto dell’Europa. Le bombe islamiste sono già previste. Cosa accadrà quando scoppieranno? Come reagirà la nostra società?
Estremamente interessante, questa nota IMPONE un riflessione, non può passare inosservata! Non so se il binario sia casuale, quello di cui sono convinto è che esso è esiziale per la civiltà giudaico cristiana alla quale io, non credente, sento di appartenere, perché i miei valori sono gli stessi del Decalogo e del messaggio del Nazareno: amore e perdono. Penso che la possibilità di sopravvivenza risieda nell’avere fiducia nella ragione dell’uomo, nella sua capacità di sottrarsi alle lusinghe ed alle promesse di ciascuna delle “rotaie” del binario. Mi fermo qui, ma il discorso è lungo.
Magnifico articolo.