Il professore ostenta una lucida sfera di legno; la posa sulla cattedra, tenendola ferma sennò rotolerebbe via; scandisce solenne: «La piramide ha le seguenti proprietà… ». Senza curarsi del trasecolare divertito e incredulo dai banchi, procede col medesimo tono di voce, illustrando le proprietà del poliedro. «Pierferdi, qual è il volume di questa piramide?» chiede al suo alunno preferito. «Area di base per altezza, il prodotto diviso tre» risponde pronto. Il professore è raggiante: «Bravo, bravo! E tu, Pierluigi… qual è la superficie?». L’interpellato, consultatosi rapido coi compagni dattorno, decide di guadagnare tempo: «Professore, non ho capito la domanda».
Il professore gliela ripropone scandendo più lentamente, mentre Silvio, passando un pizzino sotto il banco, restituisce la sicumera a Pierluigi: «Area di base più area laterale». Massimo ghigna e ammicca a Silvio coi pollici insù. «Bravo Pierluigi, bravo anche questa volta». Il professore si volge a Matteo e Beppe: «Voi non vi interrogo; sapete bene che cosa dire». Nei banchi in fondo c’è agitazione intorno ad Angelino e Tonino che di geometria non capiscono nulla:«E voi, conoscete le proprietà della piramide?» li apostrofa. Annuiscono in fretta, tradendo il vuoto dietro fronti doloranti e vanamente alte. Sono convinti che sia una piramide; dopo tutto lo certificano il professore e i più bravi della classe. Non vengono però a capo di nulla, sforzandosi invano d’applicare le proprietà poliedriche. Tacciono, a testa bassa, ora consapevoli dei propri limiti.
Altri, istruiti ma estranei alle grazie del professore, oscillano: è una commedia ben preparata oppure buona parte della classe e professore sono folli? Chiamiamo il preside o ci facciamo due risate? Aspettiamo la fine della lezione, concludono i più. Alcuni, pochi, stanno per rumoreggiare, quando il preside entra in aula, dopo un lieve toc toc. «Buon giorno signor preside» saluta compitamente il professore «Come vede, spiego le proprietà della piramide». Solleva la sfera, indicandola con la mano, le dita unite e tese, il pollice piegato ad angolo retto. «Bene, bene» si compiace il preside «Continuate pure». Va via sorridendo, chiusa la porta alle spalle. «Giorgio, grande preside» il professore asperge i motti sugli alunni, solenne e untuoso. Li guata, uno a uno: «Non sarete più come prima» sibila satanico.
Simone non ci sta: «Mi perdoni professore; temo non sia…» tutti ammutoliscono: «…non sia… non è una piramide, è bensì una sfera». Poi apre un’onorevole via di fuga:«Lei forse voleva mettere alla prova la nostra…». Non riesce a completare la frase; il professore gli ingiunge: «Fuori!» con quella mano tesa, la voce bassa, occhi più che mai gelidi. Gli indecisi, dopo la visita del preside e l’estromissione di Simone, non hanno alternative: sanno bene che cosa accade, eppure ammutoliscono come gli altri, gli incapaci di distinguere tra sfera e piramide, i quali, sapendo Simone onesto e affidabile, si sono nel frattempo convinti che il professore racconti frottole, lui e i suoi alunni preferiti, solo frottole. Tutti a quel punto sono del medesimo avviso dell’espulso, eppure non ne prendono le parti. «Che cosa cambia?» pensano i bravi della classe «Sfera o piramide, la lezione finirà e non muterà nulla. So bene che è una sfera; ne conosco le proprietà; sarò quindi in grado di utilizzarla al meglio; non ho alcuna convenienza a contrariare professore e preside; meglio tacere e aspettare che la lezione finisca».
Il professore termina e, come da lui previsto, qualcosa è mutato in tutti. Gli ignoranti sono più confusi di prima; gli eruditi, oramai pronti a ogni corruttela, sono meno affidabili degli ignoranti. Simone è in corridoio. Che cosa farà? Dipende dalle conseguenze che egli vede nel suo futuro e in quello delle persone a lui care. L’insegnante di religione è stupito di trovare Simone in corridoio. Appreso l’accaduto, impallidisce: «Prudenza, figlio mio, prudenza», e allontanandosi in fretta gli sfugge a mezza voce: «Godono d’appoggi molto in alto, questi…». Più alti di quelli di cui lei ci insegna? S’avvilisce, Simone, quando il sacerdote già scompare rapido dietro l’angolo, mentre un gallo insistente, nonostante l’ora tarda del mattino, spara acuti tre chicchirichì verso nuvole torve.
Simone, solo contro il violento e il suo nero pensiero orrido, sconfortato s’appoggia al muro, quando di là dal corridoio coglie due voci nel silenzio. «Bravo, bravo Pierluigi» flauta il preside «Il professore è uno sciocco ma tu non farlo trasparire. Hai avvertito Massimo?» La voce di Pierluigi non si ode, forse annuisce, il preside prosegue: «Ben presto tutti urleranno “è una sfera!” e sono già troppo vecchio per fronteggiarli. Ci vorrà uno giovane e forte, capace di tutto. Massimo è l’uomo giusto e tu avvicenderai il professore». Pierluigi esita ma poi si lascia andare:«Non s’è mai visto uno studente divenire preside senza neppure la laurea». Il preside s’irrita mentre una finestra sbatte in balìa del vento:«…siamo la regola, siamo l’ordine, noi possiamo tutto e tutto possiamo essere! Noi siamo chini e adoranti la Piramide… Massimo mi succederà e tu lo aiuterai. Poi potrà tornare quel professore. Così vuole la Piramide». Il vetro frantumato accompagna lo scrocchio del primo fulmine.
[Pubblicato con altro titolo sul mensile Monsieur, in edicola a Gennaio 2013]
Come dire che *la forza della ragione* è un patrimonio dei singoli che, quando non viene vissuta collettivamente, rimane isolata e soccombe di fronte alle *ragioni della forza*.
Tristemente autentico.