Pagliacci. Il governo dell’Italia sovrana riporta in India i due marò, dieci giorni dopo aver annunciato che invece non sarebbero rientrati.
Pagliacci. Mercoledì 15 febbraio, 30 miglia a Ovest dalla costa meridionale indiana, nell’Oceano indiano, alle 16 ora locale, un’imbarcazione indiana, con cinque persone, alcune delle quali armate, fu dissuasa dall’avvicinarsi al cargo italiano «Enrica Lexie» dai marò del san Marco, di scorta, i quali spararono tre serie di colpi d’avvertimento col fucile AR 90/70. L’imbarcazione indiana si allontanò dopo la terza serie di raffiche.
Pagliacci. Le autorità indiane imputano ai marò la morte di due pescatori, Valentine Jelestine, 45 anni, e Ajesh Binki, 25 anni, i cui cadaveri sono rinvenuti su un peschereccio.
Il comandante del Lexia e i marò: “Il peschereccio coi pescatori morti è diverso, per forma e colore, da quello oggetto dell’azione dissuasiva”. L’International maritime bureau, nello stesso giorno e in quei paraggi, riferisce un attacco di pirati all’Olympic Flair, cargo greco simile alla Enrica Lexie.
L’Olympic Flair era a circa 2 miglia dalla costa, la distanza riferita dai sopravvissuti del peschereccio.
L’abbordaggio al Lexia avvenne alle 16 ora locale, molto più a sud di quello dell’Olympic Flair, avvenuto alle 21.50, l’orario riferito della morte dei due pescatori.
Pagliacci. Peccato che le autorità indiane abbiano cremato i cadaveri. Neppure vogliono mostrare le posizioni delle navi con l’Ais, Automatic Identification System, sistema internazionale di certificazione della posizione delle navi. Se i due marò hanno sparato mirando sul peschereccio e colpito precisissimamente – come un killer che spara da un metro – freddando due persone, basterebbe mostrare i cadaveri e sottoporli a una nuova autopsia, dopo quella frettolosa eseguita dagli indiani, per capire da che cosa sono stati colpiti, con quale angolazione e se i colpi erano di rimbalzo o diretti.
Pagliacci. Per tre giorni il ministro della Difesa e il ministro degli Esteri dell’Italia sovrana rimasero inerti. Essi avrebbero dovuto affermare immediatamente la giurisdizione italiana coi fatti, inviando, con aerei debitamente scortati, i carabinieri a fare i rilievi del caso, sostituire i due marò e condurli in Italia, al fine di raccoglierne le dichiarazioni davanti a un magistrato italiano. Tale procedura, nota anche al pretore di Scurcola Marsicana, è stata del tutto ignorata. Se la Difesa non sa difendere due marò che hanno eseguito i suoi ordini, che cosa ci sta a fare? I marò a bordo della nave «Enrica Lexie», che è territorio italiano, sono come l’alpino che vigila alla frontiera e spara, per difendere il territorio italiano, secondo gli ordini ricevuti. L’incidente, avvenuto in acque internazionali, pone i due marò, secondo le leggi internazionali, in immunità giurisdizionale assoluta rispetto a qualunque autorità straniera.
Pagliacci. Massimo Fini sul Fatto Quotidiano, a proposito dell’immunità giurisdizionale assoluta: «Questa è una concezione molto americana del diritto internazionale». Egli ignora che i motti «La loi suit le drapeau»(la legge segue la bandiera) e quello ancora più antico «Ubi signa ibi ius» (dov’è la bandiera lì è il diritto) non furono formulati da un burbanzoso generale del Pentagono. Tali principi sono parte integrante della «Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare», sottoscritta dall’Italia e dall’India, a Montego Bay il 10 dicembre 1982, integrati nella legge italiana con la ratifica avvenuta a dicembre del 1994. Gli articoli 92 e 97 di quella convenzione fissano la competenza della giurisdizione di bandiera della nave per tutti i reati o incidenti occorsi in alto mare. Massimo Fini non fu l’unico a improvvisarsi esperto di diritto internazionale.
Pagliacci. Il tribunale di Kollam a fine dicembre continuava a rinviare il processo ai due militari, in attesa del verdetto della Corte Suprema di New Delhi sulla giurisdizione. Il ministro degli esteri e della Difesa dell’italia sovrana, nel frattempo riconoscono implicitamente la giurisdizione indiana, chiedendo che Latorre e Girone, su cauzione e rilasciando una dichiarazione giurata, ottengano una libertà provvisoria di due settimane per passare il Natale a casa. Rientrano in India il 4 gennaio 2013.
Pagliacci. Con tutta evidenza si poteva ottenere di lasciare i due militari in Italia sino all’inizio del processo. No. Vengono riportati in India e poi lo Stato sovrano italiano implora una nuova libertà priovvisoria “per votare”, dimenticando che gli italiani all’estero votano presso le ambasciate. Lo scopo è un altro: un patetico spot elettorale, il sabato prima delle elezioni, quando Mario Monti di pietà va ad accogliere i due marò a Ciampino, televisioni, giornalai e fotografi al guinzaglio.
Pagliacci. La Corte suprema indiana dispone la creazione di un tribunale speciale a New Delhi per esaminare la questione della giurisdizione. I giudici stabiliscono ”l’incompetenza” dello Stato del Kerala, dato che ”il fatto non era avvenuto nelle acque territoriali indiane”. Ma secondo la Corte, nel loro servizio ”i marò non godevano di immunità sovrana”. Anche uno studente al primo anno di giurisprudenza vedrebbe la contraddizione con la Convenzione di Montego Bay. Non la vedono il governo di Mario Monti di pietà e neppure la UE interessata solo a spennare lo stato sovrano italiano.
Pagliacci. È l’11 marzo – è passato più d’un anno – quando il governo dello stato sovrano italiano decide fermamente che i marò non rientreranno in India perché New Delhi ha violato il diritto internazionale. Roma si dice disponibile a una soluzione della controversia con un arbitrato internazionale o una risoluzione giudiziaria.
Pagliacci. La Corte Suprema ordina all’ambasciatore Mancini di “non lasciare l’India”. Lo stato sovrano italiano potrebbe offrire in ostaggio anche Mario Monti di Pietà, Maria Terzi di Sangiovese e l’ammiraglio Giampaolo di Nonsisachi, tanto il governo funzionerebbe tale e quale.
Pagliacci. 21 marzo. Il governo dello stato sovrano italiano restituisce i marò.
21 marzo. L’ambasciatore francese in Mali, il responsabile dell’Africa occidentale e quattro loro collaboratori sono stati avvicendati per non aver prevenuto la crisi a Timbuctu.
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Grazie Sig. Laporta per l’articolo, mi ha chiarito molti aspetti della vicenda, ed ancor più, purtroppo, rafforzata in me l’idea di vivere oramai in una barca sgangherata, allo sbando, in mezzo all’oceano, la quale imbarca acqua senza che nulla si avvisti.
Questo e’ il mio parere: Pagliacci a capo di una piramide di pagliacci. Da loro lassù, giù, giù fino ad una buona parte di popolo che è capace di far cagnara sguaiata nelle piazze, davanti ai palazzi del potere ed alcune ambasciate(solo alcune però), ma nemmeno un corteo silenzioso in fila indiana e cartelloni di protesta di fronte a quella indiana.
Chi scrisse che il governo è l’espressione di un popolo?
Mi dispisce per lei caro alpino…si e’ sudditi se ci si sente e comporta come tali.
dico solo una cosa: Cermis 3 Febbraio 1998
L’articolo è interessante e sarebbe anche molto illuminante, ma ha una grave pecca: mancano totalmente le fonti: quali riscontri ha il lettore che sia andato tutto così? Pero Laporta avrà pure consultato qualche fonte prima di scrivere l’articolo.
Ho smesso di credere in queste istituzioni già dal 2009.
Naplitano “scese” in Sicilia e pur sollecitato di parlare contro la mafia, specie dell’eolico, non ebbe di meglio che rimbrattare Sgarbi che lo aveva sollecitato.
Le istituzioni italiane non hanno alcuna dignità da tempo e ieri hanno ripercorso i fasti vergognosi della prima e della secondo guerra mondiale e fatto diventare l’8 settembre del 43 come un momento di eroismo del Re.
Ho restituito a Napolitano l’onorificenza di cavaliere al merito della repubblica, benchè avessi titolo e merito alla concessione.
Oggi, mi ritengo orgoglio ed onorato di quella decisione!
Diversi fattori hanno giocato in questa faccenda e tutti a favore della perdita di contratti di imprese italiane in India…. Vi sembrerò paranoico o quantomeno amante dei gialli alla Le Carré, ma non trovo 1 caso che la moglie di Mubarak sia inglese o che il marito di Aung San Suu Kyi sia inglese pure lui… Nessuno mi toglie dalla testa che l’intelligente e discreta Sonia Gandhi sia vista a Londra (e forse altre cancellerie) come 1 possibile testa di ponte italiana in India, visto come si comportano loro… Il mercato indiano è già succulento ora e potrebbe diventare favoloso in futuro: perché non buttare a mare quei rompiscatole (alla Enrico Mattei) di Italiani, facendo leva sul desiderio di vendetta indiano sulle Grandi Potenze (così facile da ottenere con l’unica Potenza che chiese e non ottenne 1 concessione in Cina, prima della Rivolta dei Boxers?) e sul mix di incapacità strutturale e forse di presenza di agenti stranieri tra gli eredi dell’amm. Persano e del gen. Baratieri? Già, a prima vista sembrano tutti dei pagliacci, ma non scarterei l’ipotesi che qualcuno sia 1 talpa: troppa stupidità è per me sospetta, soprattutto quella di Terzi e quella di Monti… Non vorrei mai che di loro qualche anglofono possa dire “Mission accomplished” (benché la supervisita di Hollande in India, con numerosi ministri ed uomini d’affari al seguito, possa far tornare alla mente come 1 socialista italiano potesse diventare interventista, nel 1915, convinto dai soldi fornitigli dall’ambasciata di Francia per fondare 1 suo giornale)… Speriamo si riesca a porre rimedio in qualche modo: gli Italiani sono pure discendenti di gente valorosa ed intelligente.
sono orgoglioso di essere piemontese,sono fiero di essere italiano,non me ne frega niente di essere europeo e mi vergogno enormemente di dover essere suddito degli USA.. Parola d’Alpino !!!
Per atti disonorevoli come questo, in un tempo non troppo lontano ci si chiudeva nel proprio studio, si sistemavano i propri affari, si aggiornava il testamento, si lasciava un biglietto ai propri cari e poi ci si tirava pulitamente un colpo in testa.
Non pretendo suicidi, ma mi darebbe un po’ di sollievo vedere le dimissioni del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Non parlo del Presidente della repubblica, che sarebbe il capo delle FFAA, perché ha già dato ampia prova del conto in cui tenga l’onore dell’Italia quando ha prima firmato un patto di solenne amicizia con la Libia, e poi coordinato la partecipazione italiana all’aggressione culminata nell’assassinio brutale di Gheddafi e nella riduzione all’anarchia e al caos di quel paese. Né dei ministri di questo governo, che non ritengo legittimo.
Una volta tanto l’esercito non c’entra: i marò sono un reparto della Marina.
I candidati al salto dal balcone quindi nell’ordine sono: 1) il capo del governo; 2) il ministro degli Esteri; 3) il ministro della difesa; 4) il capo di stato maggiore della difesa; 5) il capo di stato maggiore della marina. E’ inopportuno che si sparino perché altrimenti la procura militare di Roma innescherebbe un costoso procedimento per dispersione di materiale d’armamento (la pollottola) e violata consegna con addebito dei danni agli eredi dei malcapitati.
D’altro canto, il salto dal balcone nell’ordine suddetto offrirebbe ai meno colpevoli (il 4 e il 5) la possibilità di cadere sui precedenti senza farsi troppo male, tuttavia inzaccherandosi della sostanza oramai peculiare al paese e alla sua classe dirigente.
Pronti per il salto? Un..dué…tre…via
Ci pensate? Con questi fessi potremmo andare in guerra, mica per scherzo…
Ha ragione, nel groppo di nausea e rabbia ho trasferito il San Marco dalla Marina all’Esercito.
Da un pezzo so che per essere italiano ci vuole un bel senso dell’umorismo (nero). Però stavolta l’ho presa male. Quando è troppo è troppo…
Sig Laporta, quanto segue, è accaduto alla Corte Suprema indiana, e Terzi ci si è dato pure latino.., MAMMA MIA CHE CALCIO IN BOCCA. ANZI CHE SPUTO DIREI.
Il presidente della Corte suprema indiana, Altamas Kabir, relativamente alla vicenda dei marò, in udienza, si è pubblicamente domandato se il nostro ambasciatore in India, Daniele Mancini, fosse persona d’onore come Bruto, e si è pure indispettito al punto tale che, quando il Procuratore generale G.E. Vahanvati ha usato il termine onore per illustrare delle note verbali della nostra ambasciata a Delhi, ha interrotto il Procuratore dicendogli:- “Non pronunci per favore la parola ‘onore’– perché questo mi ricorda l’attributo di ‘uomo d’onore’ che Antonio ha utilizzato per Bruto nel ‘Giulio Cesare’ di Shakespeare- . Al punto in cui siamo arrivati io credo che, invece di parlare distanza, Giulio Maria Terzi di Sant’Agata, conosciuto anche come Giulio Terzi, attuale Ministro degli Affari Esteri del governo Monti dovrebbe prendere il primo aereo, e recarsi Delhi a sostenere l’ambasciatore, testimoniando in loco e in propria persona i motivi per cui l’Italia non ha mantenuto i patti. Differentemente Daniele Mancini, non è più un Bruto ma veramente un Giulio Cesare al cospetto di idi di Marzo che lo hanno consegnato incoscientemente al disonore, standosene comodamente in pantofole a casa e naturalmente pure a distanza.