Il premio Nobel per la pace, Hussein Barak Obama, ha fatto più morti in sei anni di democrazia di quanti ne causò Augusto Pinochet in 25 di dittatura. Fallito il tentativo di sottomettere la Siria, svelatasi in tutta la sua miseria effimera la “primavera mussulmana”, scoperte le bugie sull’uso delle armi chimiche (leggi qui), gli Stati Uniti sono consegnati alla storia spogli d’ogni credibilità, oramai privi dell’autorità morale faticosamente costruita fino a pochi anni orsono.
Intendiamoci, non è una parabola cominciata col primo mandato di questo presidente. La caduta cominciò il 5 febbraio 2003, quando Colin Powell, segretario di Stato di George Bush, agitava una provetta davanti alle telecamere per asserire l’esistenza di armi di distruzione di massa negli arsenali di Saddam Hussein, il presidente iraqeno, poi catturato e impiccato in fretta e furia, come sarebbe accaduto al colonnello Gheddafi otto anni dopo.
Ho cominciato a dubitare degli Usa proprio quel 5 febbraio. Guardandomi intorno oggi sono convinto che siamo stati in tanti a dubitare da quel giorno.
Non si può cominciare e persino inasprire una guerra, come quella in Iraq, agitando una provetta di vetro. È ridicolo. Non c’è un potere che possa sopravvivere al grottesco, tanto meno un impero che pretende di avere a(e aveva realmente) nche un primato morale.
Scrivo queste frasi con amarezza perché ero davvero convinto che gli Stati Uniti possedessero una marcia in più, una grandezza spirituale che avrebbe potuto consentire loro di governare il mondo in pace dopo il 1989.
Hanno scelto, invece di farsi guida alla pace e alla collaborazione fra i popoli, la via della menzogna, della prevaricazione, della strage, in tale modo fornendo un alibi a quello stesso terrorismo che dicono di voler combattere ma che, alla prova dei fatti, è diventato provvidenziale per le loro borse petrolifere.
Il petrolio costava 20 dollari al barile l’11 Settembre 2001; oggi il greggio costa oltre cinque volte di più. Questo è l’unico punto di incontro strategico fra petrolieri texani conservatori e circoli liberal chic del Massachusetts, che come soluzione ai mali del mondo non hanno altro da proporre che sgangherate teorie sessuali e costumi da basso impero. Sono marci, corrotti e avidi.
Il petrolio oltre i 100 dollari rende competitivi i depositi da scisti e quelli a grande profondità, offrendo agli Stati Uniti l’autosufficienza. C’è un dettaglio che tuttavia nascondono. L’Arabia Saudita deve compensare i mancati introiti dagli Usa con maggiori entrate dagli altri importatori. Il prezzo del barile deve andare ben oltre i 100 dollari e questo comporta una tensione crescente nell’area Mediterraneo-Golfo Persico. Pertanto ciò che abbiamo visto in Libia, Tunisia, Egitto e Siria non è che l’inizio. Come? Grazie al terrorismo che combattono con una mano e alimentano con tutte e due.
È, questo, un gioco nel quale Israele non intende più essere coinvolto. A Damasco come a Gerusalemme, al Cairo come a Tripoli, tutti hanno compreso che Obama porta gli Stati Uniti verso un orrido precipizio. Israele non per caso stringe rapporti sempre più forti con la Cina e guarda con un interesse rinnovato verso il Vaticano, l’unica autorità morale oggi in grado di parlare a tutti.
Per una terribile ironia della storia, Obama, il primo presidente democratico e afro americano degli Stati Uniti d’America – apparente sintesi di J.F. Kennedy e Martin Luther King – ha consegnato il suo paese agli eredi di quelli che assassinarono Kennedy e King, in un delirio d’onnipotenza che distruggerà l’impero, inevitabilmente.
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