Il 1° Ottobre il TG4 delle 19.00 parlerà di Giuseppe Lo Porto, un orrido incubo di malagiustizia. Cittadino italiano, 87 anni, cardiopatico e operato di cancro alla prostata, è incarcerato a Baldwin, in Alabama, da otto anni, dal 24 maggio 2012, condannato innocente a due ergastoli.
Il TG4, diretto da Andrea Pucci, il 1° Ottobre alle 19.00 squarcia la cappa di omertà che il ministero di Giustizia ha calato su questo sepolto vivo. Aspettano che muoia? @liberiamononnopino
L’inizio dell’incubo
Giuseppe sposò nel 1987 una statunitense divorziata, adottandone figlio e figlia. La sua impresa, appaltatrice per il governo USA, prosperava. Pino accumulò un notevole patrimonio di alcuni milioni di dollari. Fu la sua disgrazia.
La moglie, fallito il tentativo di intestarsi una casa lussuosa, nel 1995 chiese e ottenne il divorzio, denunciando Giuseppe per abusi sessuali sulla figlia, a suo dire iniziati cinque anni prima, quando Kathrin aveva otto anni. La signora dichiara nei propri atti giudiziari di non essersi mai accorta, lungo i cinque anni precedenti la sua denuncia, delle molestie del marito ai danni della figlia.
Nonostante la perizia a sua difesa e la fumosità delle accuse, Giuseppe fu incarcerato dalla procura di Baldwin, in Alabama. Fu poi liberato su cauzione, garantita da una delle sue imprese.
Ben presto la società garante della cauzione fallì. Giuseppe nel frattempo aveva perso tutto il suo patrimonio, trasferito alla ex moglie, grazie al divorzio. Senza cauzione, le porte del carcere si riaprivano. Si rifugiò in Italia, dove ricevette una singolare telefonata da un anonimo funzionario del ministero di Giustizia. Voleva denaro per non dare corso alla richiesta di estradizione in arrivo dall’Alabama.
Giuseppe decise di rifugiarsi in Olanda, dove fu raggiunto dalla richiesta di estradizione annunciata. Rinchiuso nel carcere di Middelburg, attraverso Internet entrò in contatto con l’Associazione Internazionale Vittime Errori Giudiziari-AIVEG, che mise a disposizione i suoi avvocati.
Il tribunale di Middelburg, con sentenza irrevocabile, dichiarò l’estradizione “inammissibile per mancanza di prove”. Le uniche prove esibite dal procuratore dell’Alabama – evidenziò la sentenza – erano «viziate da assenza di garanzie nell’audizione della minorenne presunta vittima di abusi sessuali», la quale, aggiunsero i giudici, denunciò gli abusi «quando era in atto una procedura di divorzio fra sua madre e l’estradando».
Rilasciato per ordine del tribunale olandese, Giuseppe, credendosi affrancato, rientrò in Italia il 20 dicembre 2010. Aveva rinunciato alla cittadinanza statunitense e il comune di Cortina d’Ampezzo gli concesse la cittadinanza italiana, decorrente dal 25 maggio 2006.
L’arresto illegittimo
Il lettore ponga attenzione alle date. Pino Lo Porto fu arrestato quando si recò dai Carabinieri di Pieve di Cadore, per regolarizzare la propria patente di guida. Era il 7 maggio 2012, cioè due anni dopo il suo rientro in Italia, Pino fu arrestato in esecuzione del decreto di estradizione R. EP 584 2005 SR del 26 maggio 2006, concernente il “cittadino statunitense Giuseppe Lo Porto”, il quale era tuttavia divenuto cittadino italiano dieci giorni prima, il 16 maggio 2006, soprattutto grazie alla professionalità della dottoressa Enza Maria Leone del ministero dell’Interno e nonostante le artificiose difficoltà frapposte dal consolato USA a Roma.
Dal 26 maggio 2006 al 7 maggio 2012, giorno del suo arresto, il decreto di estradizione non fu mai notificato a Giuseppe Lo Porto. L’arresto era dunque doppiamente illegittimo.
La richiesta di estradizione ricalcava pedissequamente – nella forma e nei documenti prodotti – quella già respinta dall’Olanda, non di meno fatta propria con zelo dal ministero italiano di Giustizia, in particolare da un funzionario avido e ben noto.
Il TAR Veneto prima e poi il TAR Lazio sospesero l’estradizione, quest’ultimo con ordinanza del 27 settembre 2012. Purtroppo Pino era stato arrestato a maggio ed estradato, anzi rapito, in solo due settimane, violandone il diritto alla difesa, diritto costituzionale.
Il Presidente del TAR Lazio, all’udienza di discussione, intimò chiaramente all’Avvocato di Stato presente per il Ministero di Giustizia: «Il Ministro di Giustizia deve ottemperare alle ordinanze del TAR Lazio».
Nonostante tutto, finora il Ministero di Giustizia non ha fatto nulla di concreto per ottenere la liberazione e il rientro in Italia di Pino Lo Porto, nonostante la notifica della relativa ordinanza e l’atto di diffida ad adempiere a mezzo Ufficiale Giudiziario, del 22 dicembre 2012, sette anni fa.
L’arresto illegittimo diventa rapimento illegale
Mentre il TAR deliberava, Giuseppe, cittadino italiano, prelevato da due agenti FBI nel carcere di Belluno, all’insaputa del suo avvocato difensore, fu estradato come “cittadino americano”. Era il 24 Maggio 2012. Il Giudice del Riesame aveva fissato udienza il 25 Maggio 2012, per accertare se fosse stato legittimo l’arresto del cittadino italiano Giuseppe Lo Porto. Gli fu così impedito di comparire davanti al giudice naturale e fu illegalmente estradato, violando l’art. 6 della CEDU (Convenzione europea per i diritti dell’Uomo) e l’art 24 della Costituzione.
I due agenti dell’FBI, ai quali la magistratura italiana consegnò illegalmente il cittadino italiano Giuseppe Lo Porto, utilizzarono un falso passaporto USA per superare la frontiera italiana di Fiumicino. Il passaporto era intestato al “cittadino statunitense” Giuseppe Lo Porto e valido tre giorni.
Nadia Bellini, nipote di Giuseppe, ha denunciato il ministero di Giustizia e il funzionario di quel ministero che ha incassato i 5.000,00 (cinquemila) dollari di taglia su Giuseppe. Il processo è stato insabbiato utilizzando una metodologia collaudata per coprire “Persone intoccabili”.
La denuncia fu dapprima inscritta nel registro “noti”. Poi accadde un fatto miracoloso: la persona nota, contro la quale Nadia sporse denuncia, scomparve. No, non era ancora morto, era divenuto inesistente, “ignoto”, secondo la bizzarra (in)giustizia italiana. Il procedimento fu così riscritto nel Registro Generale contro “ignoti” e poi archiviato. Miracolo! C’era un denunciato, era un magistrato ma cessò di esistere per la (in)giustizia italiana. Dopo un paio d’anni cessò di esistere davvero e da morto, si sa, è imputabile solo davanti a un altro invisibile tribunale. La signora Bellini, nipote di Pino, vuole, anzi esige giustizia e lo grida a gran voce dal Canada, di cui è cittadina
Il 7 febbraio 2019, il Consiglio di Stato ha dato ragione al legale di Giuseppe Lo Porto: il decreto di estradizione R. EP 584 2005 SR del 26 maggio 2006, emesso oltre 13 anni fa dal ministero di Giustizia, è illegittimo.
Sepolto vivo
«Stefano Cucchi è morto ma Giuseppe Lo Porto è vivo; tocca a voi salvarlo», concluse l’avvocato Luciano Faraon, nella propria arringa del 7 febbraio al Consiglio di Stato, denunciando l’illegalità dell’estradizione per la quale Giuseppe Lo Porto, 87 anni, oggi versa ancora in un carcere dell’Alabama, da maggio 2012, sette anni fa. Il 21 Maggio 2019 il Consiglio di Stato decretò l’illegalità dell’estradizione, compiuta il 24 maggio 2012, otto anni fa.
Nonostante la copiosa corrispondenza inviata al Ministero di Giustizia, nessuna risposta è a tutt’oggi pervenuta, impedendo così sia l’attività del console onorario dott. David M. Gratta che si sta impegnando da tempo per aiutare Giuseppe Lo Porto, sia la possibilità di avvalersi dell’avvocato statunitense Daniel Buttafuoco di New York.
Il 17 gennaio 2019, David M. Gratta, console onorario italiano, su disposizione del console d’Italia a Miami, Roberto Taliero, ha visitato Giuseppe in carcere e ne ha raccolto la testimonianza.
Il comune di Pieve di Cadore ha ripristinato la residenza di Giuseppe Lo Porto, visto che la non presenza fisica è addebitabile a fatto illegale compiuto da organi dello Stato.
Appena giunto negli negli USA, Pino fu condannato a dieci anni per “Bail Jamping” – evasione dai domiciliari su cauzione – reato non incluso nel trattato di estradizione fra Stati Uniti e Italia. Pino fu successivamente condannato a due ergastoli per i reati sessuali, con le stesse prove inconsistenti, respinte dal tribunale olandese. era una vendetta politica perché Pino nel frattempo aveva scritto “L’altra faccia dell’America, una Storia Vera” ed. Alberti & C., raccontando quanto era avvenuto e le storture del sistema giudiziario dell’Alabama.
Che cosa ha fatto il Ministero di Giustizia nei confronti degli USA, dal provvedimento di sospensione del TAR Lazio in poi e quindi dopo la Sentenza del Consiglio di Stato?
Nell’ambito della mia attività di volontariato per l’Associazione Internazionale Vittime Errori Giudiziari (AIVEG), ho partecipato a una riunione al ministero della Giustizia, il 16 Settembre scorso, col capo ufficio Affari Giuridici, Gianfranco CRISCIONE.
La posizione del dicastero è pilatesca: “Abbiamo fatto tutto il possibile”, sostenendo che l’annullamento del decreto di estradizione da parte del Consiglio di Stato “è stato solo per un vizio di forma”. Basti leggere quanto contenuto nel decreto del Consiglio di Stato, per comprendere quanto ben più significativa sia quella sentenza e quanto illegale, non solo illegittima, ma illegale sia stata l’estradizione.
In questa riunione, come in un’altra di circa due anni fa, era palese l’imbarazzo per quanto riferito alla taglia di 5.000 dollari, incassata da un avido funzionario del ministero di Giustizia(?). Ancora una volta, è aleggiata la mal dissimulata speranza che la vicenda vada verso una conclusione naturale, considerato che Pino Lo Porto ha 87 anni. D’altronde l’invito di AIVEG a “cercare un coordinamento ad alto livello con la Farnesina” per un’azione forte verso gli USA è stato sempre eluso. Neppure Rita Bernardini, allora deputato radicale, riuscì a rompere il muro di omertà. A dicembre del 2012 presentò un’inascoltata interrogazione parlamentare, otto anni fa.
Il 1° Ottobre alle 19.00, il TG4 , diretto da Andrea Pucci, squarcia il muro di silenzio su questa orrida vicenda di malagiustizia, finalmente.
Qui ci sono tutti i documenti più importanti @liberiamononnopino
La giustizia italiana e’ talmente degradata che viene vissuta dal popolo come un’istituzione insidiosa da cui stare alla larga. Leggi su http://www.giustiziaesfatta.com la pubblicazione n.78/bis e clicca sui link in essa contenuti.
Certamente notevole l’ingiustizia sofferta in merito all’estradizione. Così com’è notevole la leggerezza commessa da nonno Pino di lasciare l’Olanda che gli aveva reso giustizia per venire in Italia! Tuttavia, non conoscendo i fatti, trattandosi di reato infamante come gli abusi sessuali su minori, o pedofilia che, giustamente, in USA sono considerati gravissimi, sono frenato dal rischio di schierarmi dalla parte dei diritti di un pedofilo per vizi formali sull’estradizione. Per completare l’informazione occorrerebbe intervistare la vittima degli abusi che oggi è maggiorenne.
AIVEG non agisce con leggerezza. Per favore, leggi la sentenza del tribunale olandese; è in ipertesto nell’articolo. E’ anche tradotta in italiano, con traduzione asseverata. Ha sbagliato a tornare in Italia? Certo; è una colpa?
Intervistare oggi la presunta vittima? Oggi è milionaria, grazie al divorzio della madre. L’interrogatorio, da lei rilasciato alla polizia a suo tempo, è stato compiutamente valutato dai giudici olandesi.
Ho già condiviso. Un abbraccio.
Grazie di cuore