Portopalo, civilissimo paese di 3mila anime. Prima lasciato solo con un enorme naufragio di clandestini. Poi incriminato dalla stampa. Oggi oltraggiato dalla RAI, dice il sindaco Giuseppe Mirarchi.
Attenti alle date. Notte tra il 24 e il 25 dicembre 1996, acque internazionali al largo di Portopalo. Una carretta del mare affonda, imbarcando clandestini dalla nave greca Yiohan, disperati provenienti da India, Pakistan e Sri Lanka. Muoiono 283 persone.
[cryout-pullquote align=”right” textalign=”justify” width=”33%”]Pubblicato domenica 4 marzo 2017 su La Verità [/cryout-pullquote]
Dopo la tragedia la Yiohan approda in Grecia. I superstiti raccontano l’orrore. Nessuno fa nulla. Vedremo che tutte le autorità e la stampa sapevano tutto, grazie a The Guardian, un giornale inglese, e ai suoi giornalisti investigativi che svelarono la tragedia il 12 gennaio 1997.
Negli stessi giorni, una barca di pescatori di Portopalo tira a bordo il pescato. Nelle reti coi pesci c’è un cadavere. Lo portano a terra. Riferiscono alle autorità la zona in cui è avvenuto il ritrovamento. Nessuno si muove. La capitaneria di porto non emette un «avviso ai naviganti» per interdire la pesca in quel quadrante di mare. Perché? In compenso la barca è sequestrata per settimane. Il danno economico per i pescatori? Enorme. Ma non importava a nessuno.
Il sequestro della barca ai pescatori che portavano a terra profughi, vivi o morti, era consueto. Chi voleva capire capì, regolandosi di conseguenza.
Portopalo fu lasciato solo, come se il naufragio, avvenuto in acque internazionali, in prossimità di Malta, fosse responsabilità dei pescatori di quel paesino di 3000 anime.
[cryout-pullquote align=”left” textalign=”justify” width=”27%”]The Guardian, 10 giugno 2001: «La Yiohan è arrancata fino in Grecia, dove i sopravvissuti hanno svelato l’orrore. E nessuno si è preoccupato. Non la guardia costiera, non il governo italiano, non la stampa. Un esame sommario dei rottami o dei corpi non portò a nulla, quindi la storia fu dimenticata. diventò il “naufragio fantasma”.»[/cryout-pullquote]
Passano nove anni. Dicembre 2006, Tourab Ahmed Sheik, armatore della carretta e trafficante di uomini, è processato in contumacia. Durante il processo fa indisturbato il ristoratore a Malta. Non è l’unico contumace. Il capitano della Yiohan, ex ufficiale libico, Youssef El Hallal, è accusato di omicidio volontario. Il libico vive a Parigi e la Francia non concede la sua immigrazione. Perché? Perché le autorità italiane sono inerti?
C’è di più. Tutti sapevano tutto, dal 12 gennaio 1997, fra le autorità e la stampa italiane, ma nessuno avvertì i pescatori di Portopalo, nessuno interdisse la zona di mare. Non di meno si avvia la criminalizzazione del paesino e dei pescatori.
Salvatore Lupo, il pescatore che si rivolse a Repubblica, riferisce che nel 2001, ignaro, andò a pesca in un luogo insolito e le reti portarono a bordo abiti, monete e documenti d’un giovane tamil. Lupo allertò pure la Capitaneria di Porto ma senza esito.
Il 4 giugno di quello stesso anno, 2001, Giovanni Maria Bellu, inviato di Repubblica rivelò: «Negli abissi siciliani il cimitero dei clandestini». Negli abissi sicilini? Semmai maltesi… Ma Bellu è indignato con Portopalo e i suoi pescatori: «Era il 4 gennaio del 1997. Nove giorni prima, alle tre del mattino del 26 dicembre 1996, tra la Sicilia e Malta era affondata una nave carica di clandestini asiatici: 283 morti. Ma pochi credevano al racconto dei superstiti: si parlava di “naufragio fantasma”. Non lo era affatto: i corpi non si trovavano perché, dopo essere finiti nelle reti della pesca a strascico, venivano buttati in mare, a decine, dai pescatori di Portopalo di Capo Passero, 3300 abitanti, 170 pescherecci, estremo lembo meridionale della Sicilia e dell’Italia. E in paese tutti sapevano o hanno saputo nei mesi e negli anni successivi.» Insomma, si direbbe che Bellu abbia fatto uno scoop.
Il 10 giugno, solo sei giorni dopo, scrive The Guardian, nella rubrica Observer special investigation by Rory Carroll, John Hooper and David Rose: «La Yiohan è arrancata fino in Grecia, dove i sopravvissuti hanno svelato l’orrore. E nessuno si è preoccupato. Non la guardia costiera, non il governo italiano, non la stampa. Un esame sommario dei rottami o dei corpi non portò a nulla, quindi la storia fu dimenticata. diventò il “naufragio fantasma”.»
E The Guardian dà un colpo mortale al presunto scoop di Bellu, puntualizzando: «La situazione cambiò il 12 gennaio 1997 quando un Observer investigation dimostrò che il naufragio era accaduto. I Reporter (di Observer, NdR) ricostruirono il viaggio in Grecia, Italia e Pakistan con testimonianze di sopravvissuti e parenti. The Observer rintracciò 14 delle vittime a Tordher, un grande villaggio Pathan, nella provincia di frontiera nel nord ovest del Pakistan, una vivace comunità devastata dal dolore nella polverosa pianura alluvionale del fiume Kabul.» Insomma, tutti sapevano tutto, ma non esattamente come sosteneva Bellu sei giorni prima.
Del tutto involontariamente, come si può capire, Bellu e Repubblica avevano spostato la responsabilità dalle autorità e dalla stampa italiane, greche e maltesi – che sapevano tutto come abbiamo visto dal 12 gennaio 1997 – sulla schiena dei pescatori di Portopalo e, non bastasse, s’erano attribuiti uno scoop. Può capitare, se non si capisce l’inglese.
Alla Rai però l’inglese dovrebbero capirlo. E dovrebbero sapere. Non di meno hanno oltraggiato Portopalo, criminalizzandone i pescatori, descrivendoli come omertosi e farabutti, alla stregua di mafiosi. Chissà se hanno preso in considerazione l’ipotesi che siano solo lavoratori in mano a uno Stato e a mezzi di comunicazione latitanti quando non criminali a loro volta.
Giuseppe Mirarchi è il sindaco di Portopalo, eletto con una lista civica di sinistra. È indignato. Lo è con accenti misurati, non per questo meno accorati. Vedeva con favore l’iniziativa della Rai e del siciliano Beppe Fiorello. «Mi fidavo dell’istituzione RAI e del siciliano Fiorello». Era convinto che avrebbero restituito la verità dei fatti. Si sente tradito da entrambi.
«Quando ho visto lo spettacolo e poi i passaggi di Fiorello in tivvù, ho cercato di entrare in contatto con Bruno Vespa, prima della puntata di Porta a Porta. Non è stato possibile intervenire. La voce ufficiale di Portopalo, del sindaco, è stata messa a tacere».
Mirarchi è amareggiato: «La produzione RAI, con la quale ho parlato telefonicamente, si è resa conto che avevano superato i limiti, ma non sono state cancellate le falsità. Portopalo, lasciato solo nella tragedia, ora è stato oltraggiato».
Gli accenti dei pescatori sono più coloriti.
«Ci hanno inc… un’altra volta» sono davvero arrabbiati «Chi ha portato a terra profughi ha avuto la barca sequestrata per mesi e, in alcuni casi, sono stati pure processati» riferisce Luigi Marino. Non è necessario che si dichiari pescatore, lo certificano capelli bianchi, viso e mani inconfondibili, come quelli di Pino Quattrocchi che osserva pacatamente: «Che motivo avevano Fiorello e il regista di adottare il dialetto palermitano e girare le scene non a Portopalo? Il nostro dialetto è molto comprensibile, molto più gradevole del palermitano. Non stavano qui perché temevano la popolazione? Dovevano far passare il messaggio, col dialetto palermitano, che noi siamo mafiosi? Noi siamo gente molto civile e molto leale. Ci dovrebbero chiedere scusa.»
Giuseppe Battiston, il regista: «La tragedia di Portopalo è una brutta storia, ma necessaria. Questo deve fare la televisione: dare spazio a storie che aiutino la gente a riflettere, e qui la narrazione mostra proprio il punto di vista delle persone.» Aggiunge il siciliano Beppe Fiorello: «I Fantasmi di Portopalo non solo è un film di impegno civile, ma soprattutto racconta con chiarezza che la società civile è la vera politica del paese.»
Come dubitarne dal 12 gennaio 1997? Quando Portopalo fu lasciato solo, per poi oltraggiarlo, oggi, senza pudore, guadagnandoci, per giunta. www.pierolaporta.it 4 marzo 2017 © riservato ogni diritto
Grazie Piero. Un resoconto agghiacciante.
Siamo un paese di farabutti; triste ma vero!
Siamo diventati la più sgradevole organizzazione schiavista contemporanea. Altro che gli scafisti e i pirati somali: quelli sono dilettanti rispetto a chi in Italia ha organizzato e specula su questo traffico vergognoso. siamo stati così bravi da farci prestare delle navi dalle marine di altri stati UE!!!Ma con i farabutti e la criminalità organizzata che abbiamo in Italia, come si fa a credere che quattro pezzenti libici possano imporci una simile situazione? Questo traffico può essere stroncato in 24 ore!
Io non sono un farabutto; tu nemmeno e così milioni di italiani.
Dobbiamo distinguere fra “governati” e “governanti”, per poi chiederci perché una tale concentrazione di delinquenti fra i secondi.
Condivido in pieno quanto sostenuto dalla Sig.ra Venera Bruno Statella. La fiction “I fantasmi di Portopalo” ha suscitato in effetti sconcerto nella popolazione che non vi si è riconosciuta per un duplice ordine di motivi: il limite più serio è quello della mancata contestualizzazione storica. Il secondo aspetto, vissuto dai più come un tradimento ed ha deluso tutti, è stato non vedere la vicenda svilupparsi nella propria cittadina. Portopalo C.P. che mi onoro rappresentare, rispetto ad altri borghi marinari, è decorosa pulita e gradevole, con zone di pregevole bellezza naturalistiche. In buona sostanza, si è trattato di un’occasione mancata per coloro che pur vantando una grande audience, hanno prodotto qualcosa di monco e in parte falso e neppure verosimile. Ha tutto il sapore di un’autobiografia a favore del protagonista Salvatore Lupo. Auspico, in qualità di Sindaco che quanto richiesto dalla Dott.ssa Venera Bruno Statella, di far venire qualche “televisione coraggiosa”, diventi realtà. Approfitto per porgere cordiali saluti. Giuseppe Ferdinando Mirarchi – Sindaco Cell: 333 8288337
Ringrazio e giro la richiesta del sindaco alle tivvù (private, ovvio) che vogliano inseguire la verità, piuttosto che stravolgerla.
Ecco finalmente l’articolo che aspettavamo! Oggi è stata resa giustizia a tutto il
piccolo popolo di Portopalo. Offeso, oltraggiato, calunniato. La Rai, ancora una volta, anzichè fornire un servizio pubblico, ha preferito fare propaganda per i Suoi. E ancora una volta, come 10 anni fa , i pescatori portopalesi vengono lasciati soli. Tutti incuranti del cuore vivo e pulsante di questo onesto e semplice borgo di pescatori. Fatto di eroi che, ogni notte, mentre dormiamo nei nostri comodi e caldi letti, si affidano al mare per vivere una vita di dignità. Che con sacrificio costruiscono la loro vita e quella elle loro famiglie, in una lingua di terra dove nessuno ha mai rivolto uno sguardo, nonostante la sua immensa bellezza . Fino ad oggi sempre per gli sporchi affari politici. Solo realtà distorta nella fiction di Beppe Fiorello. Nessun dialetto palermitano, nessun mafioso in giro, nessun uomo senza onore e senza scrupoli, nessun prete razzista. La storia in una sola voce…e quella voce non è Portopalo. Portopalo è semplicità, cooperazione, una grande famiglia. Tutti conoscono tutti. Tutte le famiglie mangiano lo stesso piatto. Pesca. Da tempo hanno aperto le porte al turismo. Un’accoglienza fatta di gente “vera”, di corpi in carne ed ossa che mettono a disposizione il loro patrimonio personale, culturale, culinario, fatto di grandi tradizioni.Voglio dedicare questa frase a tutti i portopalesi che si sono sentiti traditi dalle istituzioni e dai falsi eroi. Emmanuel Kant diceva: ” Pazienta per un poco: le calunnie non vivono a lungo. La verità è figlia del tempo. Tra non molto essa apparirà per vendicare i tuoi torti” .
Grazie. Noi che crediamo in Kant, gli abbiamo dato una mano.
Volevo ringraziare il Generale e giornalista Laporta per aver reso giustizia a noi umili portopalesi. Grazie per aver saputo raccontare la verità. Per essersi preoccupato di darci voce. Spero che una qualche televisione, coraggiosa, non assoggettata ai poteri forti, possa venire a trovarci per raccontare, tramite le giuste immagini, quello che siamo veramente e in che meraviglioso posto viviamo.
Mi auguro che qualcuno accolga questa nostra richiesta, per permetterci ancora una volta di raccontarci.
Giro la richiesta a Belpietro e alla sua trasmissione.