Benedetto XVI vuole sugli altari i Martiri di Otranto. Ottocento. Era il 14 agosto 1480: ottocento cittadini di Otranto affrontarono la morte pur di non piegarsi all’Islam. Le esecuzioni ebbero luogo in un campo di grano – ricorda Carmelo Bene in Nostra Signora dei Turchi – “e quei coloni inturbantati mieterono spighe d’oro ingemmate in cinabro, impazziti all’incanto di quella miniera di fede”. Saranno canonizzati il 12 maggio 2013, vigilia dell’attentato a Giovanni Paolo II. È un monito, un avvertimento, un “state attenti laffuori”, come farebbe un padre sollecito verso i ragazzini un po’ sventati, noi.
Le date, di là dalle Mura leonine, non si scelgono a caso; come neppure i soggetti da canonizzare. Se quei santi martiri tornassero e chiedessero perché li ricordiamo dopo mezza dozzina di secoli che cosa potremmo fare per giustificarci? Li potremmo mettere davanti a una tivvù e cominciare dall’ 11 settembre 2001, come fu per gran parte di noi, del resto.
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Bellissime. Altro che la tirchia oscurità nebbiosa dei bombardamenti su Bagdad. Ettari di cristallo riflettono il blu ad alta definizione e il cherosene si riveste degli stessi colori dei migliori film di genere. Queste immagini sono splendide anche al quarantesimo replay. La penetrazione del secondo aereo è uno spettacolo grandioso. Una lama nel burro. No, uno scalpello nel ghiaccio. Ci vuole un po’ di tempo perché penetri anche l’orrore. Solo dopo incominci a capire, a percepire i particolari. Troppi particolari, troppo atroci e per troppo tempo. Gli agguati si infittiscono e frotte di TV locali che non hanno mai fatto informazione ora succhiano e rivomitano sienén a ogni momento del giorno, tutto gratis. Ma ormai hai assorbito tutta la sofferenza che puoi contenere, la capacità d’immedesimazione ti ha stremato. Non è necessario, ora, che osservi ogni scempio, registri ogni dettaglio. Sei saturo e insofferente. Cosa imparare da questa scuola dell’angoscia? Potresti scivolare dalla sofferenza alla voluttà della sofferenza.
Così cerchi rifugio nel grembo di paginoni e inserti culturali, nelle remote ed eburnee rubriche di radiotre. Ma proprio lì ti attende l’insidia più subdola: orientalisti risentiti ti rimproverano disattenzione e ignoranza. Ti accusano di confondere i popoli arabi con l’Islam. Ti rinfacciano mancate frequentazioni attribuendoti implicitamente non solo la cecità degli editori e delle istituzioni ma anche gli sviluppi terroristici. Ti si fa carico di non apprezzare l’infinita sottigliezza di Sohrawardi e di Al-Hallaj. Di non aver mai supposto che il loro pensiero religioso sia stato, talvolta, più ardito e vertiginoso del nostro e che là esistessero poeti capaci di avvolgere l’universo in tappeti e corone di metafore, come Dante o Shakespeare.
A te che setacci da mesi librerie e biblioteche nella vana ricerca di un qualsiasi testo di Antonio Pizzuto, additato da avveduti letterati come il massimo narratore del novecento italiano, viene intimato di dedicarti alle raccolte di Ibn Arabi o Al-Ghazali. Il presente lo impone. E ti era stato imposto anche – da dotti islamici illuminati dai falò – ciò che NON devi leggere sull’Islam. È con un certo disagio, perciò, che ascolti pregiati islamisti e letterati a largo raggio spiegarti perché infedeli non voglia dire precisamente infedeli e come Jihad indichi un concetto complesso che troppo semplicisticamente viene tradotto con guerra santa (e dal loro tono sembra che l’abbia tradotto tu).
L’indiscussa tolleranza dell’Islam, immancabile locuzione d’esordio, è ormai tormentone intollerabile. Vorresti afferrare l’islamista per i capelli e infilargli la testa nell’ossario della Cattedrale di Otranto, tenendocela fino a che non abiura questa sciocca credenza. Che la illustrino ai bergamaschi la proverbiale tolleranza islamica, provino a spiegare a loro contro quale minaccia siano state erette le torri costiere all’ombra delle quali hai passato ogni tua estate.
Quando scendono sotto Ancona, però, guardino bene la tua pelle, i tuoi baffi, ti guardino parlare e muoverti. E riflettano se sia il caso di spiegare a te cosa sia essere arabi. Lotti da decenni contro il levantino che è in te, contro la zavorra che fa del sud il Sud. E mentre ti sforzi, avendo rinunciato alla Verità, di praticare lealtà e chiarezza, non intendi sorbirti estesi elogi dell’astuzia, attributo divino insieme a Baran (sotterfugio) Kayd (stratagemma) Khad (inganno) e Makr (insidia).
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“State attenti laffuori”, ci dice prima di andare via, come farebbe un padre sollecito verso i ragazzini un po’ sventati, noi.
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Assolutamente d’accordo. Sulle questioni familiari e sessuali, il problema più grosso cha abbiamo a mio parere è la perduta DEFINIZIONE DEI RUOLI. Tutti fanno tutto (che è come dire che nessuno fa nulla) ma il risultato è che la società sprofonda nel pantano dell’immobilismo, con la benedizione dei sacerdoti del politicamente corretto (sommo sacerdote del culto è ovviamente il “Bell’Abbronzato”). Questo è uno dei motivi per cui l’Islam fa paura: perchè loro i ruoli (finora) ce li hanno. Ma anche lì vedo una china tutt’altro che promettente… ultima annotazione sullo scontro “storico” con l’Islam nel mediterraneo: ho sempre avuto il sospetto che la quasi “istantanea” conversione del Nord Africa ex-bizantino sia stata dovuta al fisco spaventosamente rapace di Costantinopoli… quanti quai fanno il Fisco e le tasse!!
Da casa mia posso quasi vedere uno dei castelli dello Stupor Mundi, conosco bene l’educazione islamica di Federico e la sua riluttanza alle crociate; percepisco la complessità sia della figura dell’Imperatore sia dell’Islam; aborro sempre più la politica di aggressione occidentale e rimpiango la politica filoaraba dei nostri statisti, includendo tra gli statisti anche Mattei. A dirla tutta sento la mancanza di un po’ di sano fondamentalismo sulle questioni sessuali e familiari. Quello che non mi garba è l’idealizzazione del nemico – o presunto nemico: riconoscere le nostre colpe e le nostre cecità non deve comportare l’automatica assoluzione degli altri popoli, dipinti oleograficamente come un consesso di moderati col mazzolin di fiori perennemente in mano. Il Corano contiene dettami molto espliciti sui rapporti con gli infedeli, per non parlare degli apostati; è un testo che si presta facilmente alla manipolazione dei fanatici tant’è vero che i cristiani vengono sgozzati senza patemi e i presunti milioni di moderati non sembrano prodighi di proteste per questo.
Non credo alle superiorità di razza e di cultura (mi sembrava di essermi dipinto molto chiaramente come ‘bastardo’) ma sono convinto della netta diversità – mi correggo: della superiorità – del messaggio cristiano. Anche in nome di esso si è ucciso e schiavizzato ma ci sono volute dosi massicce di mala fede e fenomenali contorsioni dialettiche per poter conciliare le violenze col messaggio di amore, perdono e desistenza universali. Delle altre due religioni monoteistiche non si può dire altrettanto. L’Astuzia, per un cristiano, è attributo del demonio, non di Dio.
A ogni modo l’esortazione del mio pezzo è rivolta proprio a un popolo “non preparato alla Storia”, che passa dalla brutalità all’autocastrazione per ‘eccesso di espiazione’. Siamo in sintonia.
Leggi il Washington Post di ieri
Forse leggere qualcosa del genere può risultare utile:
http://www.eurasia-rivista.org/lislamismo-contro-lislam-4/18607/
per quanto riguarda la Storia, si può dire tutto e il contrario di tutto: Federico II non aveva alcuna intenzione di fare guerra all’Islam (tuttavia confinò quelli presenti sul suo territorio a Lucera) e il “Feroce Saladino” era meno feroce di quanto s’è detto etc. etc. L'”eurocentrismo” e le idee su presunte superiorità di razze e culture rispetto alle altre meglio lasciarle stare. Semplicemente la Storia è fatta di confronti e di scontri: bisogna essere preparati. Oggi l’Europa e l’Italia non lo sono, è questo il guaio.
La sua impostazione è condivisibile. Mi lasci per favore il tempo (abbondante) di leggere.
Grazie infinite di questa illuminante lettura.
Ora tornano tutti i conti di quanto avevamo da tempo intuito sul campo.
In tutto questo si colloca l’azione profetica, e ahinoi solitaria, di Benedetto XVI.
“E’ tempo che musulmani e cristiani si uniscano per mettere fine alla violenza e alle guerre.”
Queste parole risuonate davanti a una marea di giovani a Bkerke in Libano sono state lasciate cadere nel vuoto pneumatico dell’Occidente, ovviamente anche dai soliti pseudodialoghisti buonisti, al servizio dello scontro di civiltà.
Questa Europa decadente insieme alla fede ha perso la ragione e tutti, in un modo o nell’altro, rischiamo sempre di ballare la musica che ci fanno ballare.
Com’è stretta la pista della Verità!
Mi riferivo all’articolo di Eurasia segnalato da Aldo.