Qual è l’Origine del Natale?

coverQual è l’origine del Natale? Quant’è contaminata dai precedenti riti pagani? Che cosa questo comporta?

OltreLaNotizia promise a un suo illustre lettore d’approfondire le origini del Natale, un tema che dovrebbe interessare anche quanti non sono religiosi.
Di seguito si propone un articolo comparso su Civiltà Cattolica nel 1907, sotto il titolo “L’Origine delle Festività Natalizie”, senza menzionarvi l’Autore, come allora usava. Nei prossimi numeri vedremo come il Presepe si leghi a quelle origini.
Sebbene l’articolo sia alquanto lungo, è auspicabile leggerlo per almeno tre ragioni.
Innanzi tutto, l’articolo non nasconde, anzi documenta le contaminazioni pagane irradiatesi nella festa cattolica. E chi voglia comprenderlo, capirà che non di usurpazione si trattò (come si va insinuando ai giorni nostri da improvvisati anti cristiani) bensì d’un normale avvicendamento fra una civiltà morente (quella greco-romana) e una nascente, quella cristiana. Per riconoscere tale susseguirsi non c’è alcuna necessità di essere credenti.
In secondo luogo, appare opportuno cominciare a riflettere sugli effetti per la civiltà attuale se proseguirà la (ri)contaminazione del neo paganesimo nella cultura cattolica (i matrimoni omosessuali e lo stravolgimento del diritto di famiglia, per esempio). 
Occorre infine domandarsi se, di fronte alla progressiva asfissia della civiltà cattolica (con i riflessi sociali, economici e giuridici che già tocchiamo), bastino i sermoni della misericordia e le strategie del “male minore”, mentre la civiltà neopagana alle viste non sembra in grado di garantire né la sicurezza, né la pace né la mobilità e la giustizia sociale che pure si stavano abbozzando nei decenni scorsi. Sono stati necessari 2000 anni per cominciare. E’ giusto tornare indietro al buio? 

L’ORIGINE DELLE FESTE NATALIZIE[1]

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Natale a Mosca

Siamo nell’antica basilica di S. Pietro, il 25 dicembre, festa della Natività del Signore. Non potrei dire con sicurezza l’anno, ma il fatto avviene sotto il pontificato di Papa Liberio, tra il 352 e il 354, assai probabilmente nel 353 e ad ogni modo nel bel mezzo del secolo IV. La basilica è inondata di luce, come costumavasi d’ordinario, ornata delle stoffe più preziose e dei più ricchi arredi. Tutto il clero di Roma è presente; il popolo riempie le navate in calca maggiore del consueto, attratto non pure dalla solennità delle cerimonie e della messa celebrata dal Papa, ma dalla speciale consacrazione di una vergine del patriziato romano, la dolce Marcellina, sorella di Ambrogio, allora giovinetto e più tardi arcivescovo di Milano, alla cui penna dobbiamo il commovente racconto[2].
All’aprirsi della cerimonia, tra le lagrime e la commozione degli astanti, il Pontefice rivolge alla novella vergine un discorso, conservatoci pure da Ambrogio:
«Oh le belle nozze» esclamava Liberio «le belle nozze che tu hai desiderato e scelto, o figliuola. Guarda quanto popolo il tuo sposo ha qui alle tue nozze invitato. A tutti è preparata la mensa eucaristica, mentre a te, oltre il cibo delle sue carni, lo sposo conferirà i doni della verginità. Ma il popolo è qui raccolto anche per celebrare il Natale del Signore. Oggi per verità fatto uomo nacque da vergine Colui che avanti tutte le cose era generato dal Padre. Questo sposo amalo, o figlia, perché è buono. Egli ha convertito l’acqua in vino nelle nozze di Cana; egli ha satollato le moltitudini moltiplicando i pani ed i pesci; eg1i è il Figlio in cui il Padre si è compiaciuto. E fa cuore, che pur rinunziando a tutto, sarai lieta un giorno di lasciare una posterità di meriti, di esempi, di vergini seguaci. Di ciò ti sia felice augurio questo giorno da te scelto, nel quale una ver­ gine si acquistò la posterità di un Figlio. Così sia.»
Tale è in compendio il bellissimo discorso di Liberio. Egli parla del Natale come di festa già in piena consuetudine del popolo, senz’ombra di novità. Era dunque in tale tempo delJa storia già introdotta in Roma per antica tradizione, come ben affermò il Crisostomo; sebbene forse non possa dirsi tanto antica quant’egli suppose, quasi ascendesse fino ai pri mi tem pi deJla Chiesa o almeno a tempo molto più re­ moto, che non era il suo secolo stesso.
Ma se il fatto è certo, è egualmente certa la data ‘f Un dotto alemanno, l’Usener, ed altri con lui ne dubitarono. Le allusioni che Papa Liberio fa nel suo discorso alle manifestazioni di Gesù, rammentate per solito nell’Epifania, indusse a credere che la consacrazione di Marcellina avvenisse il 6 gennaio, e che però la festa dell’Epifania fosse già introdotta in Roma, però a somiglianza della Chiesa gerosolimitana, cioè con carattere preponderantemente natalizio. L’Usener aggiunge che ad ogni modo ciò fu per l’ultima volta, perché Liberio l’anno 354 introdusse veramente la festa propria del Natale, al 25 dicembre, dividendola da quella del 6 gennaio. Però la supposizione non corre; perché la festa dell’Epifania al 6 gennaio non comincia a diffondersi in occidente se non più tardi, mentre è provato che la festa del Natale in Roma al dicembre è assai più antica di Liberio, sebbene soltanto nel 354 si trovi per la prima volta registrata nei documenti.[3]
Alludiamo al celebre Cronografo romano, messo insieme appunto nel 354 da Furio Dionisio Filocalo, che fu più tardi calligrafo e scrivano di Papa Damaso. Trattasi di una raccolta di cronologie, di calendari, di notizie profane e sacre, appartenenti a tempi diversi, ma molto più antichi, però con aggiunte posteriori, probabilmente fatte dallo stesso Filocalo. Ora quivi è registrata due volte la natività di Gesù al 25 dicembre. Anzitutto nei Fasti consolari., dove si afferma che sotto il consolato di Caio Cesare Augusto e di Lucio Emilio Paolo è nato il Cristo il 25 dicembre, il quindicesimo della nuova luna, il giorno di venerdì. Poi nella Depositio Martirum, che è un calendario tutto di feste cristiane secondo l’ordine dell’anno ecclesiastico, si legge in primo luogo:
25 dicembre. È nato il Cristo in Betlemme di Giudea. Si deve pure tener conto di una terza indicazione ed è quella del Calendario civile, dove il 25 dicembre è annunziato: Natalis invicti.
L’esame accurato della prima scritta dimostra che le indicazioni del Cronografo, quanto all’epatta[4], al giorno della settimana ed all’anno (che sarebbe il 754 di Roma), sono sicuramente sbagliate e però inserite da mano posteriore tanto per dare credito di anniversario alla data del 25 dicembre. L’altra indicazione della Depositio Martirum è assoluta ed indica veramente la festa del Natale, collocata al principio dell’anno ecclesiastico. Dall’esame di questo documento e dal confronto che se ne fa con un’altra lista, che è la Depositio Episcoporum, contenente i nomi dei defunti pontefici nel medesimo ordine delle feste dell’anno ecclesiastico, appare che i due documenti si debbono riferire per lo meno all’anno 336, onde la data della festa del Natale in Roma appare ben anteriore a Liberio e deve riporsi nei primi decenni del secolo IV.
Il Crisostomo si appellava alle memorie antiche contenute nei codici di Roma. Forse la notizia del Cronografo o di qualche documento più antico, onde il Cronografo attinse, lo indusse a così credere? È possibile perché questa è la prima e più antica notizia, che riferisca a quella data la nascita di Gesù.

Sebbene sia così attestato l’avvenimento, rimane però ancora aperto il quesito, come mai a Roma sorgesse il pensiero di celebrare in quel giorno la nostra solennità.
Tacendo le fonti, restano le ipotesi.
Il ch. mons. Duchesne concede ampiamente che la data del 25 dicembre non risponda punto all’anniversario della nascita di Gesù[5], ma sia una pura combinazione cronologica, dedotta da certe considerazioni e combinazioni simboliche, assai care agli antichi. Secondo Tertulliano, Gesù sarebbe morto il 25 marzo. Ora, come il dovere di convenienza e di simbolo richiedeva, il Signore doveva spirare il giorno stesso dell’equinozio i primavera in cui fu creato il mondo; e così pure in quel giorno stesso doveva incarnarsi, perché gli anni della sua vita mortale tornassero interi e non soffrissero l’imperfezione di una frazione. L’annunciazione sarebbe dunque avvenuta il 15 marzo e quindi la nascita il 25 dicembre. Ma il valente autore osserva subito da sé medesimo, che se questo raziocinio è nello spirito dei tempi antichi, non è però attestato negli scritti cristiani se non molto tempo dopo che la festa del Natale era in Roma già in uso.[6] S. Agostino, ad esempio, afferma che per il parto del Signore, secondo l’antica tradizione della Chiesa, la perfezione del numero esigeva nove mesi e sei giorni compiuti dal momento della sua incarnazione: ora, così egli continua, siccome credesi comunemente che l’incarnazione avvenisse il 25 marzo, nel giorno stesso in cui Gesù morì sulla croce, così, secondo che si dice, doveva egli nascere il 25 dicembre, cioè 276 giorni dopo.[7] Queste sono considerazioni ingegnose, ma messe fuori evidentemente quando la festa del Natale era già nell’uso liturgico e se ne volevano studiare le armonie con le altre date e coi simboli. Dobbiamo aggiungere altresì che neppure si trova mai attestato il 25 marzo come giorno dell’annunciazione negli scritti anteriori alla prima metà del secolo IV[8], sì piuttosto, come si è notato più sopra, la nascita del Signore venne da alcuni assegnata all’equinozio di primavera, parendo loro necessità di convenienza che il vero sole di giustizia nascesse al mondo il giorno stesso, in cui fu creato il sole materiale. La prima ipotesi adunque è da scartare.
Comunemente viene ricordata ed anche accettata un’altra ipotesi, alla quale del resto accede anche il Duchesne. A Roma celebravasi nel secondo e terzo secolo una festa pagana, precisamente il 25 dicembre. L’imperatore Eliogabalo, fin dal 18, aveva introdotto tra le divinità romane un dio della Siria col nome di sole invitto. Aureliano nel 274 ampliò questo culto, dichiarando il sole invitto re degli iddii e facendogli erigere nel Campo di Agrippa un tempio, la cui dedicazione avvenne il 25 dicembre, giorno pure fissato per la sua festa annuale e notato perfino nel calendario civile filocaliano coll’annunzio: Natalis invicti.[9]

25 Dec 2011, Brooklyn, New York City, New York State, USA --- Holiday Decorations in Dyker Heights, Brooklyn --- Image by © Andria Patino/Corbis

Natale a Brooklyn, New York City

Si suppone adunque che con l’intento di sostituire a questa festa pagana una cristiana, si stabilisse di celebrare in quel giorno la festa del Natale di Gesù, del vero sole di giustizia, come Gesù chiamavasi nella letteratura cristiana. S. Cipriano lo dice sole vero; l’Ambrosiaste sole nuovo. E quest’antico scrittore introduce il suo discorso sulla festa del Natale con una notizia, che torna qui molto a proposito: «Opportunamente il volgo chiama sole nuovo questo santo giorno della nascita del Signore, e conferma quel titolo con la sua autorità per tal modo, che gli stessi giudei ed i gentili consentono in così chiamarlo»[10]. Parrebbe proprio che l’antico nome di sole invitto sia passato ai cristiani, durando per secoli nella voce del popolo. Si aggiunga poi che i più antichi sacramentari della Chiesa, come il gelasiano ed il gregoriano, nella liturgia del Natale sono pieni di formule bellissime, tutte alludenti al sole che è Cristo, al suo nuovo alzarsi nel mondo, per inondarlo della sua luce. La stessa odierna liturgia natalizia rimane tuttora impregnata dell’antico concetto di Gesù sole nuovo: il Salvatore del mondo sorge siccome il sole, spunta dall’alto siccome astro nuovo; egli è oriente, splendore della luce eterna, sol di giustizia; è la luce della chiarezza divina che nel mistero della natività rifulge ai nostri occhi; è la gran luce che oggi discende sulla terra; è l’Unigenito del Padre che ha posto nel sole il suo tabernacolo, che apparendo nella sostanza della nostra mortalità ci rinfranca con la nuova luce della sua immortalità.
La ragione, onde il paganesimo aveva introdotto la festa in tal tempo, era perché il sole dopo il solstizio d’inverno, cominciava a rialzarsi sull’orizzonte, rinnovando l’orbita sua e però quasi di nuovo nascendo. Ora anche questo concetto si ritrova in alcuni antichi scrittori, quando parlano del Natale del Signore e Gesù paragonano al sole.
Oggi i confini della notte si restringono e nel fenomeno della natura si svelano misteri reconditi alla notte funesta del peccato si tronca il corso. I raggi del sole sono più copiosi ed il sole stesso si leva più alto nel firmamento: i raggi del vangelo rischiarano l’universo e sorge più splendido il sole, che è Cristo.
Così in un discorso attribuito a S. Gregorio di Nissa.[11] La corrispondenza adunque delle due feste, pagana e cristiana, come è certa nel fatto, così è certa nel significato simbolico che le si volle attribuire, salvo che l’oggetto dell’una è infinitamente diverso da quello dell’altra. Che la Chiesa talvolta istituisse un suo rito a somiglianza di un rito pagano oramai è noto; si conoscono le ragioni che così movevano a fare e le condizioni che si apponevano al fatto.[12] Piuttosto è da ricercare in questo caso come mai la Chiesa si sia indotta a fare tale sostituzione; perché posta la legge dell’evoluzione liturgica, non pare probabile, che senza un previo fatto si creasse una festa, non pure nuova, ma diversa nel suo concetto dalle già usate nei secoli precedenti. Abbiamo veduto che in oriente la festa dell’Epifania in alcuni luoghi, specie nella Palestina e soprattutto a Gerusalemme, rivestiva il carattere più particolare della nascita di Gesù. Abbiamo pure notato che in qualche luogo, specie nella Siria, questa festa, o per lo meno la commemorazione della nascita, si era già molto per tempo fissata al 25 dicembre, al solstizio d’inverno e sull’aprirsi dell’anno liturgico, parendo invero convenientissimo che la gloriosa schiera dei martiri, onde ricominciavasi nella Chiesa l’annuale commemorazione, fosse preceduta dal Duce divino, e quindi il Redentore avesse quivi una festa propria, quella del suo primo apparire fra noi.[13]
Può quindi supporsi senza difficoltà, che la Chiesa romana accogliesse in complesso l’Epifania orientale, però col suo carattere natalizio, e come già cominciavano ad adoperare alcune altre Chiese la collocasse anche essa e per la medesima ragione al primo aprirsi dell’anno ecclesiastico e quindi al solstizio d’inverno. In tale ipotesi non si sarebbe punto creata una solenne festa cristiana in sostituzione di quella pagana, ma la fortuita coincidenza del Natale di Gesù con la festa pagana del Natalis solis invicti, veniva a prendere per sé ed a consacrare cristianamente un simbolismo, quanto mai appropriato al vero sole di giustizia, Gesù Redentore, e quindi veniva anche a soppiantare con la nuova festa il primitivo concetto pagano.
Questa mia supposizione, così parmi almeno, non è infondata nella storia, risponde all’antica consuetudine delle Chiese di prendere i riti l’una dell’altra e risolve il problema della festa del Natale in Roma in un modo forse meglio conforme al naturale svolgimento delle feste cristiane. La congettura poi che la festa romana del dicembre fosse dapprima l’Epifania, potrebbe venir confermata dalle allusioni alle manifestazioni di Gesù tutte proprie dell’Epifania orientale, che s’incontrano nel discorso di Papa Liberio alla vergine Marcellina, come abbiamo ricordato più sopra. Il Kellner[14] suppone che per semplice associazione di concetti e però casualmente il Papa ricordasse allora il miracolo delle nozze di Cana e quello della moltiplicazione dei pani; ma nella fatta ipotesi tutto corre assai bene e viene suggerito spontaneamente dal complesso delle commemorazioni, proprie della festa orientale, che in modo vago ricorrevano alla mente dell’oratore.
Se così è, alquanto più tardi, la Chiesa di Roma avrebbe staccato le commemorazioni proprie dell’Epifania da quella del Natale, introducendone la festa particolare e collocandola all’antica sua sede del 6 gennaio ad imitazione degli orientali, precisamente come dopo la metà del secolo IV si cominciò in oriente a staccare la commemorazione del Natale da quelle dell’Epifania, instituendo la festa del 25 dicembre ad imitazione di Roma. Certo è che nell’odierna nostra liturgia del 6 gennaio sono rimaste alcune espressioni proprie del Natale. Ad esempio nella prefazione, che è la medesima del sacramentario gregoriano, diciamo: cum Unigenitus tuus in substantia nostrae mortalitatis apparuit, nova nos immortalitaUs suae luce reparavit; e nel Comunicantes: Unigenitus tuus in tua tecum gloria coaeternus in veritate carnis nostrae visibiliter corporalis apparuit. Quando infine avvenisse lo stacco in occidente sarebbe difficile determinare; Papa Siricio, scrivendo 1’11 febbraio 385 al vescovo Imerio di Spagna, rimprovera alcuni, che per abuso conferivano il battesimo solenne nel natalizio di Cristo o nell’apparizione od anche nelle feste degli apostoli e dei martiri, dove la festa dell’Epifania (apparitionis), sembra apparire oramai distinta dal Natale[15]. Se Siricio alluda alla consuetudine di Roma o solo si riferisca a quella di Spagna, non si vede ben chiaro. Comunque sia alla fine del secolo IV e poi nel V le due feste del Natale e dell’Epifania, distinte ed assai bene determinate, sono oramai d’uso comune nelle varie Chiese d’oriente e d’occidente.[16]
Introdotta così e fissata per sempre la solenne festa della nascita del Signore, si ebbe aperta la via all’introduzione di altre simili feste liturgiche dei misteri del Signore, anzitutto dei fatti che dalla data del Natale cronologicamente dipendono. Ma ci volle del tempo assai, prima che il calendario fosse così compiuto. A Gerusalemme la festa della presentazione di Gesù al tempio già si celebrava alla fine del IV secolo, il 14 febbraio, col nome di quadragesima epiphaniae; però solo nel secolo VI si diffonde in occidente e viene fissata al 2 febbraio, anzitutto come festa del Signore (occursus Domini, hypapante), poi più tardi ancora come festa della Purificazione di Maria. Parimenti tardiva in occidente è la festa dell’Annunciazione, fissata al 25 marzo; anch’essa pare cominciasse ad introdursi come festa del Signore (Annuntiatio Domini, Conceptio Christi), sebbene rivestisse presto il carattere di festa di Maria.
natale san pietroLa Natività di S. Giovanni Battista al 24 giugno appare nel secolo V. La festa della Circoncisione è introdotta a Roma al principio del secolo IX, mentre in precedenza il 1° di gennaio non vi era festa liturgica, ma soltanto si commemorava l’ottava del Natale, come appare dai sacramentari gelasiano e gregoriano. La preparazione al Natale, che ora chiamiamo Avvento e dura quattro settimane intere, andò introducendosi a poco a poco e variamente nelle varie Chiese. A Roma l’Avvento si trova stabilito nel corso del secolo VI, e conseguentemente il principio dell’anno ecclesiastico si è cominciato a computare non più dal solstizio d’inverno, bensì dalla prima domenica dell’Avvento.
Così verso la fine del secolo VIII e sul principio del IX l’anno liturgico venne a raggiungere il suo naturale svolgimento, oltremodo ricco delle più care memorie, quasi la vita di Gesù si rinnovelli tutta sotto i nostri sguardi col volgere dei mesi, con l’avvicendarsi delle stagioni.

[1] Civiltà Cattolica, Vol. I,  anno 1907.

[2] Ambrogio. De virginilate III, 1 (Migne, P. L. XVI, 219).

[3] H. USENER, Religionsgeschliche Untersuchungen, Das Weinachtsfest, Bonn, 1889, p. 272 ss. Cfr. ERBES l. c. XXVI, p. 2 ss.; KELNER, p. 110, nota.4. Per la critica del Cronografo vedi il medesimo KELNER, p. 101 ss. I vari documenti del Cronografo sono pubblicati nelle edizioni critiche quivi citate. Con maggiore comodità si potranno anche consultare nel Migne P. L. XVI, p. 675-688.

[4] [nota aggiunta al testo originale] L’epatta (dal greco: epaktai hemèrai = giorni aggiunti; in latino: epactae dies) dell’anno è il numero di giorni da aggiungere alla data dell’ultimo novilunio dell’anno precedente per completare l’anno solare. Nel calendario gregoriano si definisce l’epatta come l’età della Luna al 1º gennaio espressa in trentesimi di lunazione.

Le epatte sono usate per trovare l’età della luna in qualsiasi giorno dell’anno a partire dalla data nel comune calendario solare. In particolare compaiono nel calcolo della prima lunazione di primavera e quindi nel calcolo della Pasqua.

[5] Si soleva addurre un passo di S. Ippolito nel suo Commentario di Daniele (IV, 23), dove esplicitamente si afferma la data 25 dicembre come propria della nascita di Gesù. Ma ora è dimostrato ad evidenza, che quel passo è spurio. Vedi KELLER, p. 10, dove inserisce un nuovo e particolare Excursus su questo argomento.

[6] Duchesne pag. 262-264. Anche il Cabrol (Dictionaire d’archéolog.et de litur, 1 2248) si attiene a questa sentenza, che il 25 dicembre dipenda dal 25 marzo, senza però la riserva del Ducshesne.

[7] DE TRIN. IV, 9 (Migne P. L. XLII, 894): Numerus dierum complet novem menses et sex dies… quia perfectio corporis domini tot diebus ad partum perducta competitur, sicut a maioribus traditum suspiciens Ecclesiae custodit auctoritas. Octavo enim calendas aprilis conceptus creditur quo et passus… Natus autem traditur octavo calendas ianuarias. Ab illo ergo die usque ad istum computati, ducenti septuaginta et sex reperiuntur dies. Nel Dictionaire del Cabrol l.c. questo passo di Sant’Agostino è ridato in modo che potrebbe indurre in errore chi legge, quasi l’autorità dei maggiori si riferisca all’incarnazione per il 25 marzo.

[8] Bardenhewer, p. 47.

[9] [nota aggiunta] Cfr. con:«In un Cronografo – una specie cli Almanacco – composto nel 354 d.C. da Furio Dionisio Filocalo, è riporta to un calendario civile chiamato Filocaliano.

Anche qui una nota conferma al 25 dicembre N. lnvicti, ovvero Natale dell’ Invitto. L’Invitto altri non era che il Sol lnvictus, il “Sole mai vinto”, divinità solare di Emesa introdotta, come è già stato detto, dall’Imperatore Aureliano (270-275) che aveva costruito anche un tempio in suo onore nel Campus Agrippae, l’attuale Piazza San Silvestro.» (cfr. Mario Patuzzo “Apologia del Sole, Breve Storia del Periodo Solstizial Invernale” pag. 106

[10] In natali Domini, sermo IV (Migne, P. L. XVII, 614). S. Leone Magno, in nativit. Domini, sermo II (Migne P. L, LIV. 193) rimprovera acremente alcuni dei suoi tempi «quibus haec dies solemnitatis nostrae, non tam de nativitate Chisti. quam de novi, ut dicunt, solis ortu honorabilis videatur», dove pure si scorge la tenacità del popolo, nel conservare l’antica denominazione della festa, traendola a significato superstizioso e tuttavia pagano.

[11] . I MIGNE P. G. XLVI, 1119. cfr. Bonaccorsi, p. 5!, dove il tratto è recato per disteso. È qui da richiamare eziandio l’Ambrosiaste, il quale nel sermone II sul Natale (I. c. 610) cerca perché mai nella festa della natività di S. Giovanni il sole comincia a decrescere, mentre nella natività di Gesù si rialza sull’orizzonte: proficit dies in qua novus sol iustitiae coruscat, ed è tutto nell’illustrare cotal concetto, movendo dalle parole del Battista: illum oportet cognoscere, me autem minui S. Pietro Crisologo (serm. 159. MIGNE. P. L, LII, 119). Crescere dies corpit, quia verus dies illuxit . Prudenzio (Cathemerinon, Migne, P.L. LIX, 888): Quid est quod arctum circulum sol iam recurrens deserit? Christus ne terris nascitur qui lucis auget tramitem?

[12] H. Grisar, Relazione tra alcune feste cristiane antiche ed alcune usanze pagane in Civiltà Cattolica XXVIII-12 (1900). p. 450 ss. Giunge opportuno su questo argomento uno studio del p. J. Bloetzer S. I., Das heidnische Mysterienwesen und die Hellenisierung des Christentums in Stimmen a. Maria Loach. 1 genn. 1907. p. 37 ss.

[13] Erbes l.c. XXV, pag. 333 ss.

[14] P. 111.

[15] Migne P. L. XIII, 1131: …natalitiis Christi seu apparitionis necnon et apostolorum et martyrum festivitatis.

[16] A Gerusalemme la festa del Natale fu fissata al 25 dicembre dal vescovo Giovenale tra il 425 e il 439, rimanendo per il 6 gennaio la festa propria dell’Epifania. Vedi Rampolla, Santa Melania giuniore (Roma, 1905), nota XLIV, p. 268 ss. dove l’E.mo Autore tratta ampiamente di questa festa a Gerusalemme e del suo svolgimento colà nel secolo V.

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Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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2 risposte a Qual è l’Origine del Natale?

  1. oscar scrive:

    Articolo di grande interesse.
    Sul Presepe – tuttavia – aspetto di leggere qualcosa di diverso dalle mie scarse consapevolezze, che già ti avevo esternato in merito, e che derivano dalla versione maggiormente diffusa ed accettata della bella tradizione.

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