Referendum: Grillo, D’Alema, Bersani, Salvini, Meloni e Berlusconi rivendicano la vittoria. Ovvio ma non altrettanto giustificato: la vittoria appartiene al popolo italiano. E chi ha perso?
Al referendum ha perso Matteo Renzi, ma non da solo. Smargiasso condivide la batosta con don Sergio Mattarella e un altro, taciturno e defilato, contrariamente al solito: B€rgoglio, impegnato coi due confratelli da ben prima della legge sui matrimoni omosessuali. Lo stratega della comunicazione della conventicola è Jim Messina, lo stesso del gran maestro Obama, al modico prezzo di 3milioni di euro, mentre il 25% delle famiglie è a rischio povertà.
L’accozzaglia
Sull’altro versante, l’accozzaglia del NO, sparpagliata, dalle bandiere alquanto sfilacciate da politiche anticostituzionali, antidemocratiche, antiitaliane, più o meno recenti.
Bastino un paio d’esempi. D’Alema bombardò Belgrado nel 1998, senza alcun voto parlamentare, portato per mano da Francesco Cossiga a prendere ordini da Bill Clinton, negli intervalli delle sue sbracate.
Berlusconi nel 2011, invece di difendere la Costituzione dal bellicismo iscariota e anticostituzionale di Napolitano e Larussa, se la dette a gambe, lasciando massacrare il suo amico Gheddafi e gli interessi nazionali dell’Italia.
Maramaldeggiamo su Salvini e la sua secessione al prosecco, anzi al bourbon? Su Bersani, le sue coop$, i suoi adulteri coi francesi di Carrefour? Se non fosse per i petting con l’ambasciata statunitense, il meno peggio sarebbe Grillo, se non altro perché lontano dalla cabina di regia, sinora, ma non dai registi occulti della catastrofe italiana. Rinsaviranno? Ce lo auguriamo perché, se Dio ha avuto misericordia, l’ha spesa per gli italiani non certo per l’accozzaglie contrapposte.
I terremotati
La vittoria è del 60% degli italiani e dei rimanenti che capiranno d’aver vinto a loro volta, impegnati nel vorticare di mail, sms, su Facebook, raggiungendo uno per uno gli indecisi, i rinunciatari, gli avversari. La vittoria non riguarda quei “moderati”, illusi di galleggiare cambiando casacca, votando col portafogli o come il loro antesignano, turandosi il naso.
Nel referendum la democrazia è rinata. Chiuse l’urne è tuttavia importante capire chi deve andarsene a casa, perché l’Italia è stata ridotta come un vecchio all’ospizio da figli indegni.
Il Fainanscialtaims pesa più della Gazzetta Ufficiale; un peto della Merkel echeggia più dell’atonie di don Sergio Mattarella. La Camera retta dalla Boldrini, dovrebbe impensierire più del Senato. B€rgoglio, coi miliardi inquattati a centinaia, cantore della povertà, caldeggiante amori sdottrinati, aborti di massa assolvibili e immigrazione incontrollata remunerata, è un problema ben oltre il referendum, ben oltre.
Abbiamo tuttavia ricevuto un altro miracolo, dopo la Brexit e dopo Trump: Smargiasso ha tagliato il ramo dov’era appollaiato, abbandonando i terremotati per favorire i “profughi” delle coop$ e della Carita$, obbedendo a Merkel e Hollande, camerieri di Obama, gran maestro di B€rgoglio. Tutti, anche quanti votarono Sì, abbiamo visto il nostro destino in quello dei terremotati.
Trump, sgominando la criminale gang euroatlantica ne ha disossato il progetto autoritario, passante per il referendum.
Hollande se n’è andato “per il bene della Francia”, guarda un po’, mentre il Leporello di Rignano tentava d’aggrapparsi all’urne come un moribondo alla maschera d’ossigeno. Illuso dalle sue stesse fandonie, Smargiasso ha fatto una cosa davvero di sinistra: ha perso.
Occorre ora esercitare il potere sui vinti, senza sconti.
Il ruolo di re Giorgio
Il rottamatore inguaia don Sergio Mattarella, professore e non di meno notaro d’un orrore giuridico prima che politico.
Costui, caro ai politici genuflessi ai poteri storti, oggi ha la possibilitá di rinsavire a sua volta, lasciando Renzi al suo destino e restituendo la parola agli elettori. Come dite? È don Sergio che frena la voglia di elezioni di Smargiasso? Piú d’uno giura sia un gioco delle partì, per i suggerimenti del carrista emerito Giorgio Napolitano. Il tempo é galantuomo piú di costoro e basterebbe quindi attendere. Le loro trame sono tuttavia incessanti e s’intrecciarono nell’auditorium Gonzaga di via – pensa un po’- Piersanti Mattarella a Palermo, tre giorni prima del referendum, nel convegno dei gesuiti dell’Istituto Arrupe, dell’istituto Gonzaga e del Centro Astalli. In quelle mura i gesuiti di Palermo giocarono, con Leoluca Orlando Cascio, i destini dell’Italia, mentre Giovanni Falcone moriva come ancora non sappiamo, anzi sappiamo fin troppo.
Il nero Federico Lombardi andò a quel convegno – a tre giorni dal voto – a parlare di crisi economica, migrazioni e terrorismo internazionale. Provate a indovinate quale fu l’orientamento sul referendum.
Nelle stesse ore, il cardinale Bertone, col paravento d’una festa di compleanno, era a San Giovanni Rotondo, nell’ospedale di san Padre Pio, coi galoppini a scampanare il Sì a malati, vecchi e inabili.
Risparmiamo un lungo elenco di chiese e altari lordati.
Dietro le quinte
Dietro le quinte, B€rgoglio – genuflesso a Obama, imperatore e gran maestro – e lo stato maggiore dei gesuiti, angeli neri dell’immigrazione indiscriminata e della misericordia LGBT, col cameriere Renzi a imbarcare “profughi” nelle acque libiche, per abbattere i costi della traversata agli scafisti.
L’elezione di Trump e l’esito di questo referendum offrono un’occasione unica per pulire la politica, l’Italia e gli oratori, curando gli interessi del paese come mai fu da 25 anni a oggi, unica via per scongiurare uno scontro sociale, in prospettiva incontrollabile. www.pierolaporta.it
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Il Piano Kalergi e’ in esecuzione e da noi non vedo un Trump o Trumpino capace di prendere posizione contraria. Che si debba recitare un de profundis? specialmente per noi che siamo una delle parti del ventre molle dell’Europa? ora mi e’ chiara la brexit.
Obama, comunque non e’ il gran maestro, ma un gran esecutore che difatti sta facendo di tutto affinche’ salti la scadenza del 20 di gennaio.