Sanremo, specchio dell’Italia che la Nomenklatura vorrebbe: un paese di frikkettoni ossigenati, ‘mbriachi e strafatti, più o meno attempati, persi e plaudenti dietro ai canzonettisti, piuttosto che stare attenti ai ladri aggirantisi tra i palazzi.
Tocca rimpiangere il Pci di Togliatti osservando l’Unità, giornale fondato, pensa un po’, da Antonio Gramsci, genuflesso davanti alla Litizzetto e al Fazio: un avanspettacolo della a-politica scialacquona, servile e prezzolata.
Non bastasse questo squallore postribolare, la Rai – quella del canone che fa accartocciare i cervelli – annuncia d’aver invitato Michelle Obama, la madonna pellegrina che dovrebbe compiere il miracolo.
Non sapendo che altro fare rievocano pure Luigi Tenco, il capofila dei depressi in viola intenso – fate gli scongiuri! – per la consueta domanda scema: fu davvero suicidio? Come fosse da persona col cervello a posto e comportamento equilibrato portare con sé una pistola nell’hotel Savoy di Sanremo, come andando in un saloon del Far West, piuttosto che a cantare una scemata deprimente. E via con le congetture da sciampista: nel dopo spettacolo sfigato gli è venuto in mente di pulire il revolver ed è partito un colpo accidentalmente; oppure: si è sparato perché la giuria non aveva capito la canzone.
Un giornalista altrimenti con fama di serietà, proprio Giovanni Minoli, già, ha dedicato una lunga ora su Radio24 a una tal melensa stupidaggine. Non si salva più nessuno.
Qual era il titolo di questo capolavoro di Tenco? Ciao, Bella Ciao, che non è, per dire, Amami Alfredo, piuttosto pare d’intuire una leccata ai partigiani, Bella Ciao, e magari si suicidava comunque dopo aver vinto. Tu quoque Minoli, per favore…
Se penso che un menagramo come Fabrizio De André fabbricò pure una nenia funebre per quel suicidio cretino e così stava per portarmi via un amico a quel tempo troppo influenzabile e depresso a sua volta, mi compiaccio solo per la corale risposta giunta dagli spettatori tivvù:”Che palle!”, e hanno cambiato canale. Vi voglio bene: siete gli italiani che amo.
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