Da Ventotene un fetore inconfondibile: l’imbecillità.
Giulio Sapelli, sul Messaggero, un paio di giorni prima del vertice a tre, invitava a “riscoprire lo spirito di Ventotene per rilanciare l’Europa”. La stessa litania recitata dai corifei della UE, prima durante e dopo Ventotene, sulla carta stampata e con la tivvù. Non è mancato un film agiografico sui confinati di Ventotene, degno dell’Agenzia Stefani di mussoliniana memoria. La “Stefani” oggi appartiene all’ordine dei giornalisti: abbiamo detto tutto.
[cryout-pullquote align=”right” textalign=”justify” width=”33%”]Pubblicato dal quitidiano Libero con diverso titolo[/cryout-pullquote]
Il Manifesto di Ventotene, stampato nell’agosto 1943 per fondare il Movimento Federalista Europeo, fu redatto da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, al confino durante l’estate del 1941. La versione iniziale, molto critica verso l’Unione sovietica, fu poi annacquata, mentre rimase inflessibile verso la Chiesa cattolica: «Il concordato con cui in Italia il Vaticano ha concluso l’alleanza col fascismo andrà senz’altro abolito, per affermare il carattere puramente laico dello stato, e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile». Certi recenti entusiasmi del giornalismo cattolico per Ventotene la dicono lunga sull’inclinazione del neocattolicesimo tanghero e tanguero.
Nel documento di Ventotene c’è la storia italiana del dopo guerra e le sue oscillazioni. Per esempio, il democristiano e atlantico Aldo Moro e il socialdemocratico Bettino Craxi finirono i loro giorni maciullati dal club di Ventotene o, come si direbbe oggi, da un “cerchio magico”, formatosi nel dopo guerra sotto il totale controllo dei servizi segreti inglesi. Una certa storiografia oggi va riscoprendo gli antichi legami con gli inglesi, facendo velo alla Germania, fiduciaria in nome e per conto degli Stati Uniti, soppiantando la Gran Bretagna che, proprio a causa di questo ha lasciato la UE.
Insomma la UE e l’euro non nacquero in antitesi agli USA e al dollaro. Se in origine le intenzioni furono genuine – e non abbiamo motivo per dubitarne – a Ventotene immisero le spore che oggi ci intossicano.
Il Manifesto, considerato unanimemente l’atto di fecondazione assistita della Ue, apre con una strategia chiara: «Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani». Finché la Guerra fredda rimase calda tutto fu congelato. Le polveri del Muro non s’erano posate e si parlò di Costituzione europea, neanche a dirlo “anticattolica”. Seguirono euro, Maastricht, e via tassando.
L’Italia è fra gli scolari più diligenti dei grandi maestri di Ventotene. Per esempio, il movimento leghista nacque dalle spinte di Ventotene del 1941.
In coerenza col credo di Ventotene, le Regioni entrarono nella Costituzione. La loro effettiva attuazione marcò l’esplosione del debito pubblico, costantemente in salita.
L’autonomia delle regioni fu ampliata dalla riforma costituzionale del 2001: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato», dilatando le competenze legislative regionali ai rapporti autorità-libertà e ai diritti sociali. Tali riforme, sotto il vigile occhio Ue, indeboliscono lo Stato, proprio nella prospettiva di Ventotene, e rafforzano i localismi.
Col passare degli anni è tuttavia sempre più chiaro che la lotta al nazionalismo è un pretesto per affermare una egemonia franco tedesca, a danno soprattutto dell’Italia.
Basti osservare due aspetti. Innanzi tutto, se le ragioni avanzate dai firmaioli di Ventotene nel 1943 fossero state ancora genuine dopo il 1989, non ci sarebbe stata alcuna ragione di procedere all’unificazione tedesca. Le due Germanie, depotenziate dei loro nazionalismi, potevano convivere nella UE. Non fu così. In nome di quale principio se non del nazionalismo tedesco?
D’altronde, osserviamo la Germania, la Francia, la Gran Bretagna. È innegabile – ed è la seconda prova – che il loro nazionalismo è rafforzato dal 1943 a oggi, in barba ai grandi maestri di Ventotene. Anzi, a quei nazionalismi si affiancano quelli, più velati ma non meno aspri, del nord Europa e persino della piccola Austria.
Molti danno spiegazioni complottiste o di varia natura economica per questa deriva europea. È possibile. Non dimentichiamo tuttavia la ferrea legge statistica a garantire che i fessi autentici sono rari quanto i geni. La nostra politica (e quindi la nostra vita) è usualmente nelle mani di mediamente stupidi o mediamente intelligenti. Non di meno, dopo le idiozie udite su Ventotene e da Ventotene, la prevalenza ancora una volta va attribuita agli imbecilli.
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Il Manifesto di Ventotene, Spinelli, la sua tomba, la visita dei tre moschettieri: poveri noi.
Ma quanti italiani hanno mai letto quell’insulso, contorto e perfido documento? Ma io non riesco proprio a vederci le basi fondanti dell’Europa unita. Io ci vedo le premesse per mettere in piedi una grande truffa, qualunque essa poi possa essere.
Si, perché è ben chiaro che la UE è una grande truffa, così come l’euro è un grande imbroglio. E a onor del vero a quelli di Bruxelles di Altiero Spinelli, del Manifesto di Ventotene non solo non gliene frega niente, ma non ne sanno niente, e se ne hanno sentito parlare o addirittura se lo hanno letto sanno benissimo che il manifesto con l’UE non ha nulla a che vedere.
Come disse quello, buona notte popolo.