Berlusconi meriterebbe l’ergastolo se non altro per la qualità delle sue tv. In quanto ai processi e alle accuse per le quali è tratto in giudizio, essi hanno ormai vita autonoma, a prescindere dalla loro più o meno verificabile fondatezza, grazie alla condotta dissennata del Cavaliere.
Così, l’illusione di mantenere una presa sulla pubblica opinione rischia di dargli la mazzata finale. La sua ultima rimonta elettorale nacque dalla disperazione degli italiani di non trovare un contraltare alla speculazione internazionale. Oggi è ben chiaro che Berlusconi, seduto accanto al nipote di Gianni Letta, non ha alcuna funzione di garanzia verso il risparmio italiano e la sua stessa immagine non tornerà mai più quella del 1994. A nessuno sfugge che i suoi guai giudiziari hanno una radice triplice e in larga misura riconducibile solo a lui.
La prima è certamente il conflitto di interesse, sul quale egli ha galleggiato per venti anni, grazie a un inconfessato compromesso fra il suo partito e la costola del vecchio Pci, connessa a sua volta all’affarismo politico finanziario e cooperativistico, la quale avrebbe dovuto rinunciare a guadagni cospicui qualora Berlusconi avesse mai recuperato la sua verginità di politico puro.
La seconda ragione è nell’incomparabile abisso fra i poteri del Parlamento e quelli della magistratura, alla quale nessuno dei governi di Berlusconi ha voluto rimediare. Ad essa si aggiunge una differenza sempre più profonda fra la credibilità dei politici e quella dei magistrati.
Pur con tutte le riserve mentali alimentabili contro la magistratura – che in ogni caso concernono eccezioni – è di un’evidenza palmare la bassa credibilità della classe politica, tale da far parere galantuomini persino coloro che non rubano più perché in passato rubarono abbastanza o perché sono troppo vecchi per rubacchiare ancora, oppure sono a livelli istituzionali tali da soddisfarne ogni capriccio. La Politica è così spregevole da interdire quanti vogliano sottrarla alle forche caudine della Giustizia.
Infine, il Cavaliere ebbe innumerevoli quanto sciupate occasioni per risolvere il conflitto di interessi e gli equilibri giustizia/politica. Egli tuttavia all’impegno serio ed efficace preferì piuttosto il gioco di rimessa, il compromesso taciuto ma operante, il lavorio sotto al tavolo, dando credito alle sirene corrotte della propria parte e a quelle, corrotte da ben prima e con maggiore esperienza, della fazione nominalmente avversa.
Non per caso Berlusconi oggi è sugli scranni della maggioranza parlamentare in compagnia delle medesime forze politiche (quante volte egli evocò “il comunismo!”) che ne determinarono le imputazioni, plaudendole nelle piazze, ordendole nelle segreterie, negoziandole in casa Letta.
Mentre il paese è andato verso una guerra finanziaria, manifestatasi dal 1992 a oggi in tutta la drammaticità che patiamo, Berlusconi non ha neppure utilizzato l’enorme capacità comunicativa che le sue reti televisive gli avrebbero consentito per contrastare la rapacità delle banche e della culona di Berlino. Egli dopo tutto ha una banca e le oscilazioni della Borsa non lo trovano neutrale.
A Berlusconi dovrebbero dunque dare l’ergastolo se non altro per l’infima qualità dei programmi e dei tiggì delle sue reti, senza dimenticare che, grazie al paravento di Mediaset, il carrozzone Rai si imbolsì e involgarì di conserva, aprendo una voragine finanziaria per la quale dobbiamo tassarci a vantaggio d’una massoneria di telegenici dissipatori. Con la tivvù sono precipitati il cinema e tutto lo spettacolo italiano. Per molto meno in altri tempi si andava al rogo.
Chi non usa il potere che gli è dato, ne è travolto; Berlusconi ne è dimostrazione, dopo quasi vent’anni di potere politico dissipato. Molti, agli albori, lo salutarono quale modello che non necessitava di arricchirsi con la politica. Altrettanti lo osteggiarono per lo stesso motivo. Alla fine della giostra egli ha tuttavia preferito dare credito a quanti lo illusero che sarebbe rimasto ricco grazie alla politica.
Nel 1994 egli poteva ancora ispirare fiducia nonostante i conflitti di interessi. Dopo venti anni, la dimostrata incapacità di difendere le risorse italiane dalle rapine di Berlino, Washington, Parigi e Londra, lo porta inesorabilmente verso piazzale Loreto, speriamo solo simbolico.
Si consoli, gli sopravvivranno Gianni ed Enrico Letta.