Polemiche per un’intervista concessa da Papa Francesco ad Alessandra Piqué del quotidiano argentino La Nación.
L’Osservatore Romano ha pubblicato il 9 dicembre la traduzione dell’intervista. Iniziativa provvidenziale, come vedremo.
Le reazioni sono e sono state alquanto scomposte, sia fra i sostenitori d’una presunta linea modernista del Pontefice, sia fra quanti intravvedono fiamme d’inferno in ogni sospiro di questo Papa. Chi scrive non ha la presunzione di conoscere la dottrina cristiana più del proprio fruttivendolo; neppure presume di poter stare nei primi banchi durante le funzioni, se non per problemi di udito, talvolta insormontabili. Ogni cattolico vive la sua Fede come può, cioè con una fatica immensa, frustrata frequentemente dalle umane debolezze, per far coincidere la dottrina con le intenzioni e queste coi comportamenti d’ogni giorno, con la Speranza di sfangarla quando saremo giudicati, con tutta la necessaria Misericordia, speriamo appunto. Ciò detto, non si può onestamente fare carico a Francesco d’una situazione di crisi, non solo dottrinale, che da molti decenni lacera la Chiesa. Nello stesso tempo la congiuntura internazionale è in una temperie, la cui gravità è superfluo ricordare. Non sono giustificazioni o cambiali in bianco, queste, a favore di Francesco, bensì dati di fatto che sarebbe ingeneroso dimenticare. [cryout-pullquote align=”left” textalign=”justify” width=”30%”]Articoli correlati
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[/cryout-pullquote]D’altronde è un dato di fatto che questo Pontefice indugi nel populismo e nel pauperismo – com’è usuale nella Chiesa latino americana – e talvolta è caduto, speriamo non dolosamente, in atteggiamenti istrionici. Fatti innegabili, dei quali v’è consapevolezza anche nelle Sacre Mura. I più avveduti pertanto vigilano e si muovono, in silenzio ma operativamente, per tenere nell’alveo della dottrina le frequenti esternazioni d’un Pontefice di certo incline a comunicare in ogni possibile occasione, con tutte le insidie che questo comporta.
Nel caso dell’intervista alla giornalista argentina Alessandra Piqué, basti leggere il testo completo, saggiamente messo in pagina dall’Osservatore Romano, per comprendere che tanto i “rivoluzionari” come pure i “vandeani” non hanno alcun motivo d’esultare o di stracciarsi le vesti.
Il nostro fornitore di frutta e verdura ci ha quindi consigliato di leggere questo testo integrale. Egli ne ha tratto queste conlusioni.
Primo. Non c’è alcuna apertura asinodale alla “comunione ai divorziati”.
Secondo. Non c’è alcuna apertura indiscriminata al ruolo di “padrino” per i divorziati.
Terzo. Sono destituite di fondamento le letture complottiste di taluni recenti avvenimenti curiali.
C’è un difetto in quella intervista, indubbiamente: il Papa non fa cenno al dovere dei divorziati cattolici di essere casti, al fine di rientrare nell’ovile. Si deve riconoscere che questa ombra, in un’intervista che non è un trattato dottrinale, è un’omissione veniale e facilmente rimediabile; certamente non leggibile come un’apertura indiscriminata alla dissoluzione.
Nell’intervista il Papa ha sottolineato l’irrinunciabilità “del coraggio di parlare e dell’umiltà di ascoltare”. Il nostro amico fruttivendolo suggerisce pure l’opportunità di commentare, e non solo a proposito di Papa Francesco, soltanto le fonti originali e i fatti certi e conclamati.
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Tra i due comici io preferisco Benigni a Bergoglio. Ha piu’ pratica di palcoscenico ed e’ piu’ ferrato in dottrina avendo,
per lavoro, letto i dieci comandamenti e qualche brano della Commedia dantesca. L’altro Francesco, quello vero e del quale e’ stato usurpato il santo nome, era chiamato giullare, giullare di Dio, non di piazza.