Antonino Madonia uccise Piersanti Mattarella – di Sergio Gebbia

Antonio Madonia ha due anni meno di me e dal dicembre 1989, trentuno anni fa, non è mai uscito di galera, sempre sottoposto al 41-bis.
La legge dice che l’ergastolo, oppure gli ergastoli (come in questo caso) corrispondono, in relazione ai benefici previsti per i detenuti, al massimo della detenzione, cioè trent’anni. Quel “fine pena mai” che sta scritto nei loro documenti è ormai un retaggio del passato, e si applica solo ai detenuti siciliani. Madonia è stato riconosciuto come autore degli omicidi La Torre, Dalla Chiesa, Chinnici e Cassarà. Anche l’attentato dimostrativo contro Falcone all’Addaura processualmente è ascritto a lui.

Sergio Gebbia, generale di Brigata dei Carabinieri,  ha cortesemente concesso a OltreLaNotizia di ripubblicare questo articolo del 6 Gennaio 2021. Gliene siamo molto grati.

Se leggete integralmente [cliccare qui], le dichiarazioni del grande e mai smentito collaborante Francesco Di Carlo, che il Covid ci ha portato via da poco, vi renderete conto del contesto in cui maturò la decisione di uccidere Piersanti Mattarella; capirete anche come mai, quattro anni dopo, sua moglie fu indotta da un questore piduista a riconoscere fotograficamente Giusva Fioravanti quale killer, e comprenderete infine l’imbarazzo della stampa nel parlarne apertamente. Oggi, nell’anniversario, ci si dilunga in oziose divagazioni sull’arma usata per uccidere il Presidente della Regione Siciliana, pare una Colt Cobra, che comunque era all’epoca la rivoltella più diffusa in Italia.

Si parla di altri significativi omicidi compiuti con tale tipo di rivoltella, ma è una banalità, perché, lo ripeto, essa era diffusa quanto la Beretta 7,65, e non mi dilungo circa le rigature sinistrorse dell’arma, perché è un discorso ozioso. Nessuno, poi, ha rilevato che la prima rivoltella si inceppò ed il killer si avvicinò alla Uno bianca dove lo attendeva il suo complice che era alla guida, il quale gliene porse un’altra per completare l’opera.
Naturalmente ci sarebbero di mezzo i servizi segreti deviati, ed in questo senso l’unica pista seria a suo tempo l’ho fornita io, quando ho rappresentato che l’Alfa Romeo colore azzurro metallizzato vista dalla signora Mattarella, che si trovava dall’altro lato di via Libertà, con due ruote sul marciapiede di Villa Pajno, e che partì a razzo subito dopo l’esecuzione, in direzione opposta alla Uno, e cioè verso la Statua della Libertà, era stata rubata pochi giorni prima al capitano Piraino, e fu usata molti mesi dopo a Marsala, per l’omicidio di uno dei fratelli Denaro, dove venne sequestrata da noi carabinieri nelle campagne che conducevano a Salemi miracolosamente intatta prima che fosse bruciata.
Nella circostanza chiesi al Procuratore della Repubblica Antonino Coci di mettere sotto controllo il telefono del capitano Piraino, il proprietario vittima del furto, prima di andarlo ad interrogare a Palermo.
Trovai un uomo spavaldo e sprezzante, che mi disse essere stata l’automobile da lui appena acquistata in leasing, ed essergli stata rubata l’unica volta che, essendo rientrato dopo la chiusura del cancello che portava ai boxes condominiali, egli l’aveva parcheggiata in strada, sotto casa. Mi disse anche che gli era già stata sostituita, dalla società di leasing, con un’altra analoga e che, per tale motivo, non capiva la ragione della mia visita e di quella verbalizzazione. Nel corso delle intercettazioni successive al nostro incontro ebbi modo di scoprire delle cose interessanti che vi elenco:
1. ogni mattina, intorno alle 12, il capitano Piraino era solito prendere l’aperitivo al Gran Caffè Nobel con il tenente colonnello Failla, che dirigeva il Centro di Controspionaggio del SISMI di Palermo e con un maggiore della GdF che dirigeva l’Ufficio I del capoluogo siciliano (per chi non lo sapesse quella “I” stava per informazioni e ciò lo rendeva uno degli uomini più addentro nei segreti siciliani).
Fra l’altro la dimestichezza e confidenzialità di Piraino con gli altri due era dimostrata dal fatto che lui ed il finanziere sfottevano allegramente il Failla per le calze rosse cardinalizie che era solito indossare.
2. il capitano Piraino possedeva all’Addaura una abitazione a poche centinaia di metri dalla villa dove fu rinvenuto l’esplosivo intimidatorio posto da Madonia e complici per spaventare Falcone.
3. ultimo, ma non ultimo per importanza, Piraino si dava molto da fare per trovare la maniglia giusta, utile a far sì che il fratello minore, studente universitario fuori corso, potesse prestare il servizio militare come sottotenente dei carabinieri. Ciò accadde realmente, ed il giovane Rosario, ultimato il servizio di leva, proseguì la sua carriera come ufficiale trattenuto, transitando infine nel SISDE, per andare a dirigerne l’ufficio di Caltanissetta, dove il 30 settembre 1992 accompagnò Bruno Contrada a consegnare il rapporto che accreditava il falso pentito Scarantino. Fu anche sospettato di essere l’autore delle minacce a Massimo Ciancimino perché non rivelasse nulla dei contatti con l’agente “Franco”. Tutte cose per le quali è stato definitivamente scagionato ed oggi è un rispettabile consigliere comunale di Milazzo.
Per suo fratello “il capitano” (termine che si appoggiava ad un diploma dell’Istituto Nautico), anni fa, parlandone con il giudice Di Matteo, egli ebbe a dirmi che lo cercava da anni, senza riuscire a trovarlo. Insieme (Di Matteo ed io), ragionando per pura ipotesi, argomentammo che, se il Piraino quel furto lo avesse simulato, lasciando la sua Alfa Romeo chiusa nel box, pochi giorni dopo da lì essa avrebbe potuto raggiungere Villa Pajno con il team di supporto, e poi tornare ad essere nascosta nel box, che distava meno di ottocento metri, prima che sul luogo dell’omicidio arrivasse chicchessia delle istituzioni. Solo in un secondo tempo, con tranquillità, l’automobile avrebbe raggiunto il deposito (asciutto e frequentato dai topi come dimostrava lo sbocconcellamento di alcuni fili elettrici) da cui aveva compiuto poi solo centocinquanta chilometri, che corrispondevano esattamente alla distanza con il luogo dove la rinvenimmo, transitando per quello dove fu commesso l’omicidio Denaro, del quale, nel 1997, si è confessato responsabile Brusca, asserendo trattarsi di un favore reso da Totò Riina a Mariano Agate. Ciò (la confessione di Brusca), essendo in contrasto con la condanna processuale di Giovanni Bastone, e con i teoremi imboniti da Sinacori, non è mai stato accreditato, malgrado l’assoluto disinteresse del Brusca nell’affermarlo, ed il fatto che Bastone era all’epoca quasi cieco, e quando si vantò al telefono di avere sparato a due mani contro il Denaro, solo per millantare una ancora giovanile potenza di fuoco, ai magistrati non parve vero di credergli malgrado l’evidenza, ed il successivo pentimento di Brusca resta di sconcertante imbarazzo.
Io vi ho raccontato i dati di fatto, e non sono capace di trarne delle conclusioni attendibili, tuttavia se mi trovassi a parlare con il giudice Tartaglia, quello che oggi dichiara di ambire alla collaborazione di Giusva Fioravanti, io gli suggerirei di provare invece a bussare con i piedi (intendo dire con le mani piene di eventuali doni che la legge potrebbe elargire) alla cella di Antonino Madonia.
Hai visto mai che… ?

Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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