In questi tempi si fa più acuto il desiderio di riscoprire l’anima italiana, la sua cultura, il cui declino, lo stiamo constatando, è causa ed effetto della crisi che ci assedia. Non credo dunque che il dilagare della cucina italiana sui giornali, nei libri e in tivvù sia solo una moda. Piuttosto è una reazione collettiva, innescatasi agli albori italiani del McDonald.
Era l’ultimo decennio del secolo scorso. I numerosi profeti che dettero per effimera quell’invasione sbagliarono, proprio perché molti di costoro sono fra i capifila della congiura contro l’anima italiana. Non di meno da quei giorni, giustapponendo la cultura del cibo gustato alla barbarie del cibo consumato, la prima è divenuta anche un veicolo italiano, come tanti altri, di buona comunicazione culturale, sociale ed economica.
Ai vertici di questo processo è Beppe Bigazzi.
Sbagliano quanti, pavoneggiandosi in alta uniforme dell’accademia culturale, relegano Beppe Bigazzi per l’appunto in cucina. Egli assicura coi suoi libri quanto non pochi scrittori accreditati non sono capaci di offrire neppure episodicamente: la triplice opportunità per il lettore di imparare, riflettere e svagarsi.
“Bugie e Verità in cucina” (ed. Giunti, Euro 14,90) ti afferra non appena lo sfogli e non importa se l’arte culinaria non vi appassioni, com’è il mio caso. Il volume è “anche” un ricettario.
Bigazzi, fra l’una e l’altra di cento ricette, offre altrettante storie di vita che spaziano dal Venezuela a Schio, da Ostia ai kolkoz russi, dalla Sardegna alla Sicilia, da Firenze al Gargano. Le pagine dedicate al Promontorio e alle Puglie mi hanno toccato particolarmente, ma non sono certamente le uniche a lasciare il segno.
Sorridente e arguto, egli entra ed esce dalle cucine, viaggiando e ricamando con grandi e piccoli personaggi, narrando fatti e luoghi spesso straordinari, sempre curiosi, commuovendo e facendo ridere, provocando come coi racconti di caccia al cinghiale in ambulanza, ai tempi della crisi del 1973.
Ho infine molto apprezzato la contrapposizione “bugie e verità”, nel titolo e nelle pagine. Bigazzi fa cultura alta, senza confini né pregiudizi da pensiero unico imperante.
La cucina tradizionale italiana è cultura e storia insieme, è territorio, è profumi, è popolo vero, è identità.