Chanukkà, festa ebraica, una lettura di quanto unisce cattolici ed ebrei, senza mescolarli e senza mescolarne le culture.
A proposito di Chanukkà, il rabbino Roberto Della Rocca, su Pagine Ebraiche del 26 dicembre [leggi qui], sostiene una tesi condivisibile sulla festa ebraica della Chanukkà, malaccortamente volgarizzata come “festa delle luci” e, per questa via, esposta al sincretismo religioso culturale, vulnerando la specificità ebraica, per farne banale componente d’un Natale cristiano, (Della Rocca cortesemente sorvola sul punto) già banalizzato di suo.
Mentre tale pericolo di sincretismo è evidente, occorre tuttavia capire perché l’ostilità verso la celebrazione del Santo Natale accomuni settori non secondari dell’Islam e quelle fasce “laiche” occidentali, sovente di (ex) militanza marxista, giustiziata dalla storia, ben avvertibile tuttavia nella frustrazione infetta d’odio. È curioso inoltre osservare che in questo fronte possiamo trovare, sotto l’ombrello “laico”, tanto esponenti di cultura cristiana quanto di cultura ebraica.
In questa temperie, Della Rocca sembra sfumare proprio sulla comune radice storico politica del cattolicesimo e dell’ebraismo.
L’introduzione al Primo Libro dei Maccabei nella Bibbia cattolica, assicura che esso: «…è fonte importante per la storia del giudaismo del II sec. a.C.; le vicende che esso narra coprono infatti un periodo che va dal 175, inizio del regno di Antioco Epìfane, al 134, data della morte di Simone Maccabeo. Si tratta di soli quaranta anni durante i quali assistiamo all’affermazione della famiglia dei Maccabei e allo stabilirsi della dinastia degli Asmonei. »
Chanukkah ricorda la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme dopo l’affrancamento dagli assiro ellenici, profanatori mediante le deità olimpiche imposte agli ebrei, alcuni dei quali assoggettatisi al rifiuto della Torah, imposto da Antioco Epìfane, velleitario ellenizzatore della Giudea.
Mattatia, padre dei Maccabei e anziano sacerdote, dette inizio alla rivolta armata che segnò la fine all’ellenismo in terra ebraica.
La festa di Chanukah fa memoria di questo e del miracolo dell’ampolla d’olio. La riconsacrazione del Tempio prevedeva infatti che si tornasse a illuminarlo in permanenza con la Menorah – lampada a sette bracci – alimentata con puro olio di oliva, la disponibilità del quale era sufficiente in quel momento solo per una giornata; invece rimase accesa miracolosamente per gli otto giorni necessari a produrre nuovo olio. Da qui la festa di Chanukah (per questo detta Festa delle Luci), che si accosta, per le coicidenze temporali e per il simbolismo luminoso, alla festa cristiana del Natale.
La festa è tuttavia più importante dei suggestivi simbolismi correnti, proprio in quanto memoriale della rivolta dei Maccabei contro le contaminazioni politeistiche degli assiro-ellenici. E’ quindi la celebrazione della specificità ebraica, nella quale, di conseguenza, si è poi collocata la culla del Cristianesimo, di là da venire dopo 165 anni.
L’epopea dei Maccabei dette forza e orgoglio agli ebrei per superare senza contaminazioni la dominazione romana. Essa è, insieme a “Masada”, pietra angolare dell’identità ebraica, in tal modo fondamento della civiltà cristiana e, con essa, di quella occidentale. Non è, come si può comprendere, roba da poco, sebbene i parrucconi di Bruxelles e le maestrine nostrane stentino a capirlo.
L’introduzione della Bibbia cattolica aggiunge: «Il libro [dei Maccabei, NdR] non fu riconosciuto come sacro dal giudaismo, perciò non venne letto nella sinagoga e così il testo ebraico andò perduto. Nella versione greca […] è stato accolto nella Chiesa cattolica e in quelle ortodosse e considerato come libro sacro; non è però riconosciuto come tale dalle comunità ecclesiali protestanti e anglicane.»
Non è un dettaglio da poco. Com’è sotto gli occhi di tutti, Berlino e Londra – portatori malaticci d’una centenaria contiguità coi mussulmani – hanno assunto mano a mano la veste di proconsoli del politeismo sincretista statunitense, le cui spallate alla tradizione giudaico-cristiana non sono oggi meno virulente e profanatrici delle assiro elleniche di ieri. E’ appena il caso di ricordare che alcune di tali spallate giugono da illustri esponenti della comunità ebraica statunitense, come Woody Allen e Saul Alinsky, per non dimenticare le cerchie dei Goldman&Sachs e, altrove, dei Soros e dei Rothschild.
Nonostante tutto, la comune radice storico politica fra ebrei e cattolici rimane importante, potendo quindi alimentare un fronte opposto a quello dell’odio. Viceversa, quanti lavorano per indebolire queste comuni radici – siano mussulmani, cattolici, ebrei, marxisti ovvero d’ogni sfumatura intermedia – di fatto lavorano a vantaggio del fronte dell’odio.
Potremmo fermarci qui. Non di meno occorre una piccola coda per quanti siano cattolici o ebrei praticanti. La comune radice presume una confluenza escatologica che attenua ogni separazione fra cattolici ed ebrei, se gli uni è gli altri hanno, questione non secondaria, la fede.
Un cattolico non può infatti mettere in dubbio la vigenza attuale del patto – attraverso Abramo – fra Dio e il popolo ebraico. Tale patto, tuttora vigente, è parallelo a quello universale – attraverso Cristo – fra Dio e l’umanità tutta, ovvero alla radice della fede cattolica. Un ebreo, a sua volta, non può negare a un cattolico la legittimità di tale convinzione, sia pure unilaterale, senza mettere in dubbio la propria identità ebraica. Insomma, se si è credenti – ebrei o, in alternativa, cattolici – la radice comune è innegabile pur nelle rispettive e immutabili differenze.
Appare opportuno tenerlo a mente, da parte dei credenti, cattolici ed ebrei, distintamente.
Qualunque sito o blog può pubblicare liberamente l’articolo solo se lo pubblica integralmente e fa riferimento alla fonte https://pierolaporta.it/chanukka-pericolo-di-sincretismo-o-radice-comune-di-civilta/
“Ascolta Israele, il Signore è nostro Dio, il Signore è uno.
Benedetto il nome del Suo glorioso regno per sempre, eternamente.
E amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue facoltà.
Siano queste parole che Io ti comando oggi, impresse nel tuo cuore. Le inculcherai ai tuoi figli, parlerai di esse stando in casa e andando per la via, coricandoti e alzandoti.
Le legherai come segno sulla tua mano, e siano sulla tua fronte, fra i tuoi occhi. Le scriverai sugli stipiti della porta della tua casa e della tua città” (Dt 6,4-9).
Lo “Shema Israel”, come il Decalogo, ci dà la certezza che il cristianesimo è semplicemente una precipua continuazione dell’ebraismo: nulla di più!!!
Non solo, tutte le nostre liturgie, tutte le ricorrenze solenni discendono in qualche modo da quelle che ci tramanda il Vecchio Testamento. Addirittura, ci siamo serviti pure di simbologie , statue, templi e ricorrenze pagane per completare nel tempo il nostro anno liturgico!
Non so se la festa ebraica della luce “Chanukkà” sia quella cui si ispira il Natale, più legato forse alla festa nordica del solstizio d’inverno, ma so che questo non ha nessuna importanza. Ciò che conta è che il cristianesimo ha saputo trasformare il tremendo e vendicativo Dio di Abramo nel Dio dell’amore, del perdono e della salvezza per tutti. Un ruolo prezioso in questo senso lo ha svolto, tra alti e bassi, la Chiesa di Roma con i suoi Pontefici.
Quindi smettiamola di guardare all’ebraismo ed a Israele come a qualcosa che va guardato con diffidenza. Certo gli ebrei di Israele sono una cosa abbastanza seria, quelli in giro per il mondo, spesso non si sa bene cosa siano. Io non ho mai capito come ha potuto una massa di milioni di persone accettare di farsi portare al macello senza ribellarsi quasi mai. Unico esempio vero di ribellione fu quello di Varsavia. Da i primi segni di evidente aggressione alle deportazioni passò del tempo e nessuno di loro pensò mai di organizzarsi e ribellarsi? Oh! Capiamoci, molti capirono subito -ed anche prima- e se la svignarono mettendo in salvo il salvabile. Ma la massa . . . Ma questo non giustifica i nazisti né le leggi razziali italiane né il comportamento degli italiani, che non sentono il bisogno di vergognarsi perché nei secoli passati si era adusi maltrattare e talora massacrare gli ebrei. Rinchiuderli nei ghetti era forse meno grave che deportarli nei campi di concentramento?
E qui mi fermo.
Insisto, caro Sandro: occorre partire dalle differenze e lasciarle così come sono, per trovare poi i punti di contatto. Se andiamo oltre quella che ho definito la “comune radice storico politica”, allora dobbiamo entrare nella “confluenza escatologica”, fondata sul doppio Patto, attraverso Abramo e attraverso Gesù.
Riproporre la lettura dei rapporti fra ebrei e cattolici, attraverso la shoa e le violenze, è utile solo a quanti, restando con la testa voltata indietro, si mummificano nell’osservazione della storia che non ha futuro oppure danno un senso a tale inutilità attraverso l’odio.
La radice comune è innegabile ma altrettanto innegabili sono le rispettive e immutabili differenze. Da qui occorre partire e guardare avanti.