Cocaina in parrocchia. Chi siamo noi per giudicare? Quelli dell’8 per mille. Via il parroco criminale e il vescovo incapace di controllarlo.
Parroco arrestato a Milano, in flagranza di reato per spaccio e detenzione di cocaina. È Stefano Maria Cavalletti, 45 anni, originario di Monza, parroco di Carciano di Stresa, sul Lago Maggiore, in provincia di Verbania. Costui ha precedenti penali per truffa. A settembre del 2013 fu condannato per una truffa da 20mila euro, commessa nel 2007.
È difficile comprendere come un truffatore conclamato possa restare indisturbato a fare il parroco, mentre il vescovo di Novara esprime «profondo sconcerto e grande dolore della custodia cautelare […] È in attesa di conoscere le motivazioni che hanno reso necessario il grave provvedimento a carico del sacerdote diocesano. Lo affida nella preghiera al Signore e attende che si faccia chiarezza sull’accaduto.».
Attende che si faccia chiarezza? La violazione grave della legge penale, una truffa ai danni di una donna – non sappiamo se fosse una parrocchiana – sarebbe dovuta essere sufficiente per allontanare dal suo ufficio questo parroco (non un qualsiasi “sacerdote diocesano” come gabella il comunicato del vescovo) prima che si dimostrasse in grado di delinquere ulteriormente. D’altronde un fedele ha diritto di chiedersi se l’abito talare sia compatibile con l’esercizio della truffa, prima ancora che con la professione di parroco, anzi di parroco spacciatore di cocaina.
La Chiesa appare allo sbando mentre entra e esce dall’intransigenza, oggi chiedendosi “chi sono io per giudicare”, domani comminando scomuniche a presunti mafiosi, mentre ieri lasciò un truffatore a raccogliere oboli e celebrare messe, il quale truffatore nel frattempo, dirigendo l’oratorio dei fanciulli, s’è lanciato in un profittevole commercio di cocaina. Appare ozioso domandarsi a questo punto, come mai da tante parti si abbia buon gioco a mettere sotto schiaffo la Chiesa, se essa stessa calpesta così la propria credibilità.
Questa Chiesa che non comprende che i Comandamenti sono dieci e non uno o due, come garberebbe a Eugenio Scalfari, non solo appare allo sbando, bensì lo è profondamente e da anni, se un vescovo, sul quale grava la diretta responsabilità del controllo sulla condotta dei suoi preti e che dovrebbe condividere col Papa il governo della Chiesa, non comprende che quel truffatore doveva essere allontanato prima di progredire nel crimine di spaccio di cocaina e nell’offesa alla Chiesa. Questo vescovo di Novara dunque va allontanato dal suo ufficio, come dovrebbe accadere a tutti i vescovi che non mettono in riga il clero che traligna. Ci aspettiamo che questa pulizia sia fatta al più presto.
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Diceva Marx che la religione è l’oppio dei popoli. Allora però l’oppio era legale e venduto senza ricetta medica nelle farmacie, sotto forma di sospensione alcolica (il laudano); e veniva largamente usato in funzione di calmante, come oggi il Valium.
Adesso, abbiamo il parroco che 1) truffa 2) spaccia cocaina. Direi che sorga inevitabile, nella mente di fedeli e infedeli, l’analogia con a) religione = imbroglio dei preti b) chiesa = associazione a delinquere a scopo di lucro c) prete = spacciatore, fedeli = drogati.
Il vescovo s’interroga, si torce le mani, si affida alla preghiera. Bè, una preghiera non fa mai male, ma dei preti così ne fanno invece tantissimo. Speriamo che almeno tengano botta gli ortodossi, così alla peggio si passa da loro e si tira un sospiro di sollievo.
Io sto valutando, se questo vescovo non provvede di suo contro quel parroco, ad agire in giudizio civile, contro ambedue per danno di immagine alla Chiesa e a me in quando fedele. Non esiste solo la pedofilia…