Giulio Regeni non agiva per conto di organismi occulti, lui. Si chiariscano tuttavia le incongruenze che affiorano.
Giulio Regeni: quanti esigono verità dagli egiziani, devono innanzi tutto fornirla essi stessi, senza ombra alcuna.
Quanto finora appare dalle cronache non contribuisce a dare nitore sul nostro versante.
Anzi, taluni dettagli della prima ora, quelli che potrebbero essere i più imbarazzanti, sono stati mano a mano sfumati nelle cronache successive, con la medesima faccia tosta, dal dopoguerra a oggi, utile a nascondere verità inconfessabili.
È possibile che in questo caso la verità sia confessabile, magari sia stata velata sinora solo per cattiva abitudine. Non di meno occorre tornare alla prima ora del fatto.
Le distanze, gli orari, le persone
Giulio Regeni è scomparso tra le 19.40 e le 20.18 del 25 gennaio.
I media hanno tenuto subito a ripeterci all’infinito che era il quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir. Questa è disinformazione stupida.
Su Il Tempo una Francesca Musacchio: «A Roma, invece, gli inquirenti italiani potrebbero approfittare dei funerali dello studente, che si terranno venerdì prossimo, per interrogare accademici, ricercatori e altre persone vicine a Regeni, che arriveranno in Italia per l’occasione.» Idea brillante, tuttavia speriamo che prima di costoro siano stati esaminati con l’accuratezza opportuna il professor Gennaro Gervasio e l’ambasciatore italiano a Il Cairo, Maurizio Massari.
Il professor Gervasio era il tutor di Regeni presso l’Università Americana de Il Cairo. In precedenza aveva altri incarichi; li elenchiamo qui accanto come sono riportati nella pagina a lui dedicata nel sito della Macquarie University, Sydney, Australia.
[cryout-pullquote align=”left” textalign=”justify” width=”28%”]Dr. Gennaro Gervasio
Lecturer in the Department of Political Science at the British University in Cairo (BUE), Egypt;
Research Fellow in Politics and International Relations in the Faculty of Arts at Macquarie University in Sydney , Australia.
Honarary Fellow in the Department of Politics, University of Bristol , United Kingdom.
In questo sito si accenna anche al suo curriculum:
2005. PhD in Studies on the Near East and the Maghreb (University of Naples “L’Orientale”). Dissertation title: Intellectuals and Marxism in Egypt. A History of the Secular Opposition, 19671981; supervisors Professors P. G. Donini & A. Bozzo.
1998. BA (Hons) in Politics (University of Naples “L’Orientale”).
[/cryout-pullquote]
É un po’ scarso come curriculum d’un prof internazionale, ma è certamente dipeso dalla negligenza di chi amministra il sito.
Il prof. Gervasio dichiara di aver parlato con Giulio Regeni alle 19:40. Ascoltiamolo: «Mi ha detto che si sarebbe mosso da casa verso le 20 per raggiungere la fermata della metropolitana di Dokki, a 6-7 minuti da casa. Sarebbe sceso alla fermata Mohamed Naguib, da dove sarebbe venuto a piedi fino al ristorante.»
Doqqi è sulla sponda sinistra del fiume Nilo, un distretto contiguo all’area metropolitana del Cairo. Fra le due stazioni intercorrono circa 15 chilometri. In auto occorrono non meno di venti minuti nel traffico della capitale. In metro, considerando che la distanza è analoga a quella che intercorre fra la stazione Anagnina e Termini, sono necessari non meno di quindici minuti.
Il prof. Gervasio dichiara di aver fatto una prima telefonata alle 20.18. Poi un’altra cinque minuti dopo, alle 20.23. Un’altra ancora due minuti dopo, alle 20.25.
Giulio Regeni non risponde. Perché allarmarsi se a quell’ora Giulio Regeni sarebbe dovuto essere ancora nella metropolitana?
“È sparito 25 minuti dopo esser uscito di casa” dichiara Gervasio. Non si sa se Gervasio abbia fatto altre telefonate dopo quella delle 20.25, né come abbia saputo che Regeni alle 20.25 era già sparito. A meno che non abbia fatto sue le cronache del quotidiano Al Masry al Youm, secondo il quale l’accertamento sulle celle telefoniche avrebbe confermato che il ragazzo non s’è mai spostato dalla zona in cui abitava: il cell sarebbe infatti “stato localizzato” per l’ultima volta “nella zona di Dokki, nei pressi del suo appartamento”.
In ogni caso il prof. Gervasio si mette in allarme. E avviene un fatto stupefacente per quanti conoscono la flemma che regna sovrana nelle ambasciate italiane: il nostro ambasciatore a Il Cairo s’attiva non appena sollecitato, nonostante fossero le 22.30. È davvero encomiabile.
Gervasio chiama infatti l’ambasciata italiana de Il Cairo, anzi per fare meglio e prima chiama direttamente l’ambasciatore Maurizio Massari. Lo chiama sul cellulare dell’ambasciatore che – non stupitevi – è noto persino a un prof. Gervasio. L’ambasciatore, viene messo in allarme e, come abbiamo detto, si attiva immediatamente. Sono le 22.30.
Una domanda. Ha telefonato ad altri, il prof. Gervasio, fra le 20.25 (ultima telefonata a Regeni) e le 22.30, quando ha chiamato l’ambasciatore? Se era allarmato e aveva il cell dell’ambasciatore, perché il prof. Gervasio ha atteso tanto?
Un’altra domanda. Il numero dell’ambasciatore era già noto al prof. Gervasio oppure è stato fornito da qualcuno fra le 20.25 e le 22.30? Da chi?
Abbiate pazienza, ancora un’altra domanda. L’ambasciatore, attivandosi, ha comunicato con l’Italia? Con la Farnesina? Con chi altri?
Magari diamo queste risposte agli egiziani, mentre aspettiamo che essi rispondano alle nostre. Certo, il cell di Giulio Regeni è sfortunatamente sparito, ma quelli del prof. Gervasio e del solerte ambasciatore sono ben disponibili, o no?
Chi era Giulio Regeni
Bene hanno fatto a smentire che fosse un agente segreto, figuriamoci. Un agente addestrato e consapevole non si fa pescare così. Il diavolo è tuttavia nei dettagli. La prova diabolica che Regeni non fosse un agente segreto è nella agghiacciante durata delle orribili torture: oltre una settimana.
Non c’è agente segreto al mondo che possa resistere più di due giorni senza svelare tutto quanto gli viene chiesto da un torturatore professionista. Regeni ha “resistito” oltre una settimana per un motivo tragicamente semplice: non sapeva per chi lavorava, non sapeva come era utilizzato, non sapeva del contesto in cui lo avevano inserito. Non sapeva le risposte che esigevano da lui. Quando è arrivata l’integerrima Federica Guida, i carnefici si sono disfatti del cadavere con una grossolana e frettolosa messa in scena. Mica potevano immaginare che persino il New York Times avrebbe dettato l’agenda del fattaccio.
Regeni, un italiano sfortunato, uno dei tanti, cittadino d’un paese fatto a pezzi come lui, con lo Stato altrettanto disastrato, coi servi pronti a vendersi, a danno degli inconsapevoli cittadini: nelle banche, sulle trivelle, in India, negli uliveti, oggi a Il Cairo, domani chissà.
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Temo che la bruttissima vicenda che ha coinvolto un figlio della nostra Italia sia destinata a cadere nel nulla come tante altre e non sto qui a ricordarle tutte. E la cosa che fa più male è che all’estero tutti sanno tutto e in Italia passano gli anni, si fanno i processi ma le responsabilità non sono addossate a nessuno. Non è qualunquismo il mio e nemmeno pessimismo; è solo la voce dell’esperienza che non vorrei avere.Credo che gli italiani meritino qualcosa di più che i vari “non ricordo”, “non sapevo”, “ho obbedito agli ordini”, “ragione di Stato”…
Finché la borghesia italiana continuerà a farsi badilare sulla faccia montagne di volgari bugie e non reagirà, meritiamo tutta questa ignominia.
È da quando è iniziata questa storia che mi chiedevo come mai nessuno tirasse in ballo
” l’incoscienza” di chi aveva mandato un ragazzo così giovane a fare”ricerche” così
pericolose.Finalmente ho trovato delle risposte.
Questa libertà di giudizio è solo di OltreLaNotizia 🙂
Ho letto con molto, molto interesse l’intervento di Piero Laporta ed i commenti che sono seguiti, tutti degni della massima attenzioni e tutti con delle verità che non ci portano pero’ a conclusioni univoche. Mi limiterò, quindi, a fare qualche considerazione a margine.
Si, la verità innanzi tutto deve dirla l’Italia: l’Italia deve dire che, come sempre, sta bluffando spudoratamente. Il Governo ha ben altri problemi che cercare una verità che non serve a nulla e a nessuno!!! Al Governo, e anche a me, di sapere chi ha ucciso Regeni non gliene frega assolutamente nulla perché non serve a nulla. Non solo ma e’ chiaro che tutti quelli che vogliono farci litigare con l’Egitto si stanno sganasciando dalle risate.
Innanzi tutto in Egitto, come in tutti i paesi seri, le indagini le fa la polizia e i magistrati stanno nel loro angolino in attesa che giunga il momento del loro intervento.
In Italia il rapporto polizia-magistratura e’ quello tra il braccio e la mente ed il magistrato e’ solito guardare il poliziotto dall’alto in basso. Ai poliziotti egiziani -che a casa loro sono assimilati ai militari e quindi a quelli che comandano – la spocchia d ei nostri magistrati non piace, non la accettano e se ne fregano dei nostri sofismi giuridici: loro, i poliziotti egiziani, non dobbiamo confonderli con i pizzaioli egiziani di Trastevere. Loro si sentono i figli prediletti del grande Egitto dei faraoni e considerano noi dei buzzurri.
Concludo, inutile che Gentiloni mostri i muscoli: non fa paura a nessuno.
Se vogliamo fare la stessa fine del braccio di ferro con l’India, avanti cosi.
Anche con l’India il casino lo ha fatto un irresponsabile e impunito che con le sue cazzate ha distrutto l’ad di Finmeccanica e danneggiato enormemente interessi economici italiani : un certo Woodcook!
Le ferite riscontrate sul corpo di Reggeni sono sicuramente opera di professionisti dottrinariamente e psicologicamente istruiti ad utilizzare la tortura per trarre il massimo delle informazioni.
I servizi segreti del Cairo sono rinomati per queste loro “prestazioni”. Proprio quelle presenti su Reggeni.
Questi stessi organi istituzionali sono uno dei sostegni e strumenti utilizzati da quel governo per esercitare il potere politico eliminando nel contempo gli avversari più scomodi.
Vogliamo davvero che lo confessino candidamente senza averne contraccolpi gravi ed immediati in casa loro !!??
A mio avviso NON dichiareranno mai questa verità.
E poi siamo sicuri che il Reggeni , magari a sua insaputa, non fosse sul serio uno strumento d’informazione agli ordini dei servizi segreti britannici ?
I rapporti tra questi ed il bel mondo universitario sono arcinoti.
Veniamo a noi che pretendiamo , da Roma, di trarre verità da un paese di assetto e cultura medioevale, pieno nelle strade di immondizia , delinquenti e di cani randagi .
Stiamo perdendo tempo. Alla faccia di quei poveri genitori che chiedono quella luce che mai li arriverà .
Bisogna insistere ! Se non lo facessimo morirebbe anche la speranza.
Diceva Eraclito :
“Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato”
Concordo e ribadisco: non si può esigere la verità dagli altri se prima non diciamo noi la verità. Occorre interrogare sia il nostro ambasciatore che il prof Gervasio. Aspettiamo.
Tempo fa, tanto che non ricordo dove, ho letto una statistica in cui si diceva che le teste pensanti, autosufficienti, sono il 5%.; ecco, a questi non le danno a bere, dal lago della Duchessa al Mig caduto sulla Sila ecc.fino a Regeni (la ricostruzione di Piero Laporta ne è la prova del 9). La mia domanda, il mio cruccio, è:sono tanti o sono pochi,sono determinanti o no?
Grazie, ma per la risposta bisogna attendere la fine del film 🙂
Presumibilmente era contiguo a un’intelligence anglosassone. Presumibilmente é stato sacrificato. Il cadavere sconciato ad hoc é stato fatto ritrovare. Farlo sparire sarebbe stato molto più semplice. Presumibilmente lo scopo é di creare tensioni fra Italia ed Egitto tali da portare alla rescissione del recente contratto eni per lo sfruttamento di un giacimento di gas. O quantomeno inficiare i rapporti per evitare che l’Italia possa assumere un ruolo di partner affidabile nella regione. I britannici, come i francesi, hanno rosicato, e vorrebbero subentrare…
Analisi delle circostanze interessante, istruttiva.
Mi fa tornare in mente una vecchia canzone in romanesco, che Gigi Proietti cantava 30 anni fa: “nun je dà retta Roma, che t’hanno cojonato, quer morto a pennolone è morto suicidato,
se invece poi te dicheno che un morto s’è ammazzato, allora è segno certo che l’hanno assassinato…”
Evidentemente fornire una versione “di comodo” di fatti scomodi è un antico vizio del nostro paese.
non è il nostro paese in ballo: Regeni non lavorava per noi
Regeni è stato tradito, o venduto? E’ stato il capro espiatorio di un contrasto tra il governo di al Sisi e l’opposizione? Il capro espiatorio di contrasti tra interessi contrapposti legati agli idrocarburi?
Regeni non era un pericolo né per l’Egitto, né per l’Italia, né per i servizi segreti egiziani, italiani ed esteri, né per gli interessi energetici di qualsiasi paese.
Allora, perché è stato così barbaramente assassinato e fatto ritrovare?
Pubblicare la foto del corpo martoriato potrebbe servire per scatenare una campagna di vibrata protesta a cui tutti (egiziani, italiani, americani, francesi, britannici, eccetera) dovranno dare una riposta.
ineccepibile e cristallino.
grazie Laporta. grazie per l’omaggio che lei ogni volta che scrive fa all’intelligenza.
nessuno dei servi dattilografi itaglici ha puntato il dito contro gli unici che potevano aver interesse a montare questa cagnara contro i nazionalisti di Sisi: i democratici della “muslim brotherhood” così cari al mondo anglo-saxon.
come qualcuno ha fatto notare la convergenza di interessi italo-egiziana (questione libica e giacimento Zohr) potrebbe aver infastidito qualcuno che non ha indugiato a scatenare i servi dattilografici contro questa flagrante violazione di diritti umani da parte della giunta militare egiziana (peccato che i nostri premi Pulitzer non hanno mosso un ciglio per i due sfortunati concittadini dipendenti della Bonatti e uccisi in circostanze per nulla chiare prima che un’autopsia definita ai limiti della macelleria rendesse complicato risalire alle cause della morte).
… serva italia …
rispettosi saluti
Grazie a lei, davvero, e a quanti hanno la pazienza di leggermi
Caro Piero, è certo: pensano che siamo tutti fessi!
Certo, abbiamo memoria corta, labile. E fra un po’ sarà tutto sepolto dall’oblio perché intanto ci sarà dato in pasto qualche altro pappone di sciocchezze infarcito di nefandezze d’ogni sorta. Tanto per tenerci occupati.
Il 25 febbraio scorso – in epoca non sospetta – scrissi a commento di un tuo efficace articolo dal ttitolo:”Intercettare è umano, perseverare è Obama”: …Un povero ragazzo viene mandato a morire in terra straniera, pardon a fare ricerca.
I servizi usa, quelli di quel paese ed i nostri non si sono parlati.
Renzi, dice che esistono circostanze ancora da chiarire. Giusto, non appena le avrà chiarite ce lo dirà. ”
Dall’Inghilterra ci hanno fatto sapere che la ricerca (?) di Giulio era passata ad una fase ulteriore che prevedeva l’osservazione partecipata! Si. Una roba del genere.
Da far accapponare la pelle. La ricerca di Regeni era basata su un metodo cosiddetto di “participant observation”.
“L’osservazione partecipata è una tecnica di indagine legittima. Ma contempla un coinvolgimento pieno, “attivo”, nell’oggetto della ricerca e dunque presenta un rischio oggettivo che è quello appunto di superare quel confine sottilissimo che divide il credere dal capire. Dunque, è il supervisor che deve capire se il ricercatore sia andato troppo in là, esponendosi. Perché non c’è risultato scientifico che valga una vita umana” . Chi era il supervisor a Cambridge?
Il prof. Federico Varese che insegna criminologia ad Oxford si è detto sconvolto dal caso Regeni: ““Giulio è stato mandato allo sbaraglio, studi troppo rischiosi. Il mondo accademico anglosassone, se non vuole mostrare cattiva coscienza, deve avere il coraggio di dire le cose come stanno”.
Anche noi!
Il mondo accademico anglosassone deve avere il coraggio di dire le cose come stanno? Questo dice il prof. Federico Varese? Io comincerei dagli accademici italiani, uno prima degli altri.
Massimo ha reso in modo egregiamente sintetico l’idea. Essere torturato, ucciso e buttato via come spazzatura è orribile, inaccettabile. Mi chiedo: sapendo che l’Egitto è retto da un governo autoritario (eufemismo) alle prese costantemente con una feroce e fanatica opposizione che cerca ogni modo per rovesciarlo, sapendo che gli ambienti del sindacato “libero” sono parte della citata opposizione, sapendo che i metodi “investigativi” in uso nella Polizia e nei Servizi sono noti per la loro capacità di convinzione, sapendo che fare della “ricerca” in quegli ambienti sarebbe stato estremamente rischioso, chi ha mandato allo sbaraglio il povero Giulio? E perché?
La domanda la giriamo al solerte ambasciatore Massari e all’ottimo professore Gervasio, senza naturalmente dimenticare i pm romani.
Io ho fatto sicurezza in 38 paesi. I peggiori. Devi renderti invisibile e non rompere i coglioni. E NESSUNO TI TOCCHERÀ!!!