Conviene incentivare i consumi? A prezzi da ingrosso il sistema produttivo italiano vale, in termini di beni finiti made in Italy, circa 750 miliardi, di cui meno di un quarto è costituito da consumi delle famiglie italiane, i restanti tre quarti viene esportato(*).
Per “fabbricare” questi 750 miliardi, importiamo circa 300 miliardi di materie prime, semilavorati, beni tecnologici ed energia, con un valore aggiunto lordo del 60%.
Sempre a prezzi da ingrosso le famiglie italiane consumano circa 125 miliardi di beni finiti importati, pari quindi a circa il 40% del totale consumato. 40 euro su 100 di ricchezza nazionale, investiti per incentivare i consumi, vanno ad arricchire economie straniere. Incentivare i consumi – senza altre misure – è quindi uno spreco di ricchezza, ossia un investimento sbagliato.
E’ ancora più sbagliato in questi momenti, coi macroscopici aumenti dei prezzi di energie, materie prime e semilavorati. Queste importazioni – indispensabili alla produzione italiana, ne erodono il valore aggiunto.
Occorre, al contrario, investire per incrementare la competitività delle imprese produttive italiane affinché possano guadagnare quote di mercato su consumi, semilavorati, beni tecnologici ed energia importati, oltre a quote di mercato export.
L’Italia ha il secondo saldo attivo import-export in Europa, per circa 50 miliardi (circa 850 euro pro-capite). La Germania, a sua volta, ha un’economia basata sulla trasformazione, con un saldo attivo di 250 miliardi (oltre 3.000 euro pro-capite, ci sopravanza di gran lunga). D’altronde la Cina, primo saldo attivo al mondo, ha anch’essa l’economia basata sulla trasformazione: questo è il cammino che dobbiamo intraprendere se vogliamo uscire dalle sabbie mobili in cui stiamo affondando, accompagnandolo con una geo-politica modulata su tale progettualità.
Gli strumenti sono davanti agli occhi: un fondo sovrano dedicato agli investimenti in tecnologia e marketing sulla produzione made in Italy (sia nel settore secondario ovvero industriale che primario ovvero agricolo) senza gravare sul debito, una drastica riduzione di costi e tempi burocratici indiretti (lacci, lacciuoli e giustizia).
Ma realizzare tutto ciò prende tempo, occorrerebbe un intervento di immediata realizzazione ed efficacia: tagliare i costi di produzione sospendendo i versamenti Irpef dei dipendenti privati (circa 100 miliardi), recuperando la mancata entrata cancellando i bonus, promotori di inefficiente clientelismo e truffe, e rimodulando l’Iva.
Sarebbe giunto il momento per il caro Console Marius, famoso banchiere catapultato al comando d’Italia, e per il suo contabile di fiducia dottor-ragionier Franco, abili nuotatori nelle cloache buroitaloeuropee, di impegnarsi in un programma economico di salvezza nazionale, magari col centrodestra o col centrosinistra o con chi ci sta, per non finire esecrati come Monti dopo aver ridotto il paese in definitiva povertà da terzo mondo deindustrializzato.
(*) dati del 2019, ultimo anno non inquinato dal Covid-19