ISIS, ricordate? «Fermare, non bombardare!» Non sono stati fermati né bombardati. Perché? Facciamo qualche congettura.
ISIS è un complotto statunitense.
ISIS è il risultato della politica turca che ha mire revansciste.
ISIS è un prodotto del Mossad per pescare nel torbido come al solito.
ISIS è il risultato di tutte le congetture precedenti.
Non manca che chiamare in causa la massoneria, Bilderberg, la Trilaterale e, perché no?, il complotto demoplutomassonico ecc. ecc. senza tuttavia spiegare un bel niente di quanto sta avvenendo e soprattutto “come sta avvenendo”.
Ritorniamo dunque indietro, ai tempi dei pagliacci delle Brigate Rosse, coccolati da Francesco Cossiga, per capire qualcosa dello scenario in cui siamo immersi.
Le Brigate Rosse annoveravano comunisti marxisti-leninisti combattenti o, quanto meno, credevano in buona fede di essere tali, sebbene la loro capacità di analisi non fosse raffinata al punto da far loro vedere i servizi occidentali e gli agenti del PCI sulle loro teste.
L’ISIS è composto da combattenti islamici ben convinti di essere protagonisti di un’epopea che porterà alla ricostruzione del Califfato. Circa la capacità di analisi degli adepti, siamo a livelli ancora più rozzi che nelle BR. Per ISIS infatti il “combattimento” è un fatto in pieno svolgimento e impegna senza tregua, mentre nelle BR era solo episodico (negli agguati) e di là da venire. Ora parafrasando un noto proverbio napoletano confezionato per tutt’altre situazioni, si può dire “o’ fucile nun vole pinsieri”. Quando si combatte, si tagliano teste, si collocano auto bombe e ci si deve difendere da attacchi sia pure blandi delle invincibili aeronautiche occidentali, rimane poco tempo per chiedersi chi sono i generali che oggi ti danno ordini da lontano per costituire il Califfato, come ieri per realizzare la rivoluzione proletaria comunista.
Resta il fatto che allora come oggi occorrono “combattenti”. Un combattente, uno cioè disposto a rischiare la galera e la vita, non si crea se non ha valori forti di riferimento oppure crede di averli.
Le Brigate Rosse, composte da comunisti combattenti, furono propiziate da due fatti indispensabili.
Primo. L’identità cattolica sbiadiva grazie al tradimento della Democrazia Cristiana e di larghe fasce dei porporati. L’una e gli altri trascolorarono la loro profonda corruzione, a partire da Giovanni XXIII, in complesso di inferiorità del “cattolico” rispetto al “comunista”, laddove questo veniva considerato (e poteva in larga misura essere) vessillifero d’una “moralità”, forte certamente e più accreditata di quella cattolica.
Secondo. Essere “comunista”, per quanto detto prima, significava collocarsi in una cerchia elitaria, non necessariamente dominante, ma certamente portatrice e ostentatrice di valori forti, come tale destinata a dominare. Com’è poi accaduto e sorvoliamo sugli esiti.
In quel contesto, chi volle poté creare il caos, contrapponendo le fazioni opposte, più o meno inconsapevoli di concorrere al medesimo disegno: consegnando il paese a chi, proprio col caos, fu in grado di agire sulle forze così frammentate, colpendo le ostili e favorendo le ancillari, preparando una nuova cerchia dominante, i cui proconsoli furono selezionati proprio fra quanti concorsero attivamente al disegno.
Gli stati maggiori sono organismi vocati alla ripetitività, specialmente quando un piano ha avuto successo, sebbene applicato su scala ridotta. Credono (non a torto) che un piano posto sotto un pantografo possa ripetersi su scala più ampia. È, questa, un’operazione meno rozza di quanto appaia a prima vista, tenendo conto che i moderni sistemi di comando e controllo, coadiuvati dalle intelligenze artificiali, parcellizzano uno scenario, complesso e cangiante quanto si voglia, in una serie senza limiti di sottoscenari, a loro volta cangianti, i cui cicli (evento, analisi, comparazione delle risposte possibili, scelta della risposta ottimale, individuazione delle risorse, risposta operativa) quantunque in frazioni di secondo, risultano controllabili nonostante il parossistico avvicendarsi, svilupparsi e concatenarsi reciproco.
L’unico limite alla messa in opera di tale concerto è tecnologico, essendo quello politico da tempo inconsistente, in quanto la politica è chiamata a ratificare fatti compiuti piuttosto che indirizzare democraticamente le azioni di governo.
Se le istituzioni un tempo vocate ad additare i valori forti – la scuola, i partiti, i sindacati, la Chiesa – si genuflettono alla tecnocrazia, sposandone le istanze (di volta in volta ecologiche, maltusiane, etiche, economiche), è impossibile che da esse vengano i valori forti che possano motivare le giovani generazioni. L’Islam è invece un valore forte per molti giovani, dunque li attira. I rimanenti possono tutt’al più essere ingannati, indirizzandoli verso valori “specchietto”, effimeri alla prova del tempo, quanto non dannosi, finché non s’accorgono dell’inganno e s’adagiano dove e come possono, a dispetto delle blandizie e degli inganni dei chierici.
In queste ore tutti guardiamo ISIS oppure, a seconda delle sollecitazioni mediatiche, la crisi greca, le sofferenze degli omosessuali discriminati, il surriscaldamento del Pianeta ovvero l’urgenza di inoculare il Gender nei bambini.
E’ in corso una guerra multidimensionale, almeno a partire dal 2008, nella quale le varie componenti – militare, economica, finanziaria, tecnologica, ecologica, politica, massmediatica, etica, religiosa, ecc. – concorrono contemporaneamente e incessantemente a dare corpo alle operazioni di chi aggredisce e di chi si difende, nonché a quelle di chi subisce senza rendersene conto (come la gran parte di noi).
Qual è il tallone d’Achille d’un tale modo di procedere?
Innanzi tutto la segretezza.
Non v’è chi non veda che la “segretezza” connota oramai il quotidiano e, nonostante tutto, si lascia intendere che tutto sia “aperto”, “condiviso”, “partecipato”.
Anzi, quanto più sono i giornali, le tivvù, i libri che promettono di svelare questo segreto o quella cerchia esclusiva, tanto più il mondo sprofonda in un intreccio spinoso di segreti, non sempre districabili, sempre complessi, talvolta al punto da risultare incomprensibili e immenzionabili anche da chi li ha generati.
Il perché è apparentemente semplice anche se i suoi effetti sono terribilmente complessi.
È una vera e propria dialettica dell’esistenza umana: il potere malvagio si ammanta di segreti, l’uomo libero cerca la verità.
Una notazione a margine che non dispiacerà agli atei di buon animo. I malvagi dimenticano che Dio è innanzi tutto Verità, in quanto tale è misericordioso; non può essere il contrario.
Il segreto spesso non è verità, altrimenti non sarebbe necessario nasconderlo. Il segreto è dunque una matrioska. Il primo segreto, quello generatosi prima dei successivi, non può essere tutelato senza creargli intorno un altro segreto, il quale, a sua volta, proprio perché incalzato da chi cerca la verità, deve essere avviluppato in un altro segreto; e così via, imbozzolando un segreto dentro l’altro. Questa operazione raramente sfugge a un errore di metodo, anzi a due.
Chi protegge l’ultimo segreto, a distanza di tempo, spesso non sa quale sia il primo e il più interno, sicché sovente crea un segreto che invece di coprire svela. La matrioska successiva è creata per l’esigenza di coprire la matrioska precedente; solo in rari casi (di solito uccidendo migliaia di persone) si può coprire lo sviluppo storico d’un falso.
Infine, il falso non è falsificabile altrimenti sarebbe vero. In altre parole, la verità è falsificabile; il falso invece una volta compiuto rimane lì, immobile e nero, un macigno che contrasta senza rimedio nella luce della verità.
Consoliamoci. Se le Brigate Rosse avessero vinto, che cosa sarebbe successo? Avrebbero fucilato certamente i loro finanziatori e amici borghesi, occulti e non. Noi che non eravamo fra quelli, forse avremmo avuto non più di qualche sgarbo; tutto sommato un rischio percorribile.
Se oggi vincesse l’ISIS, che cosa accadrebbe? Frotte di fanatici della UE, della NATO, delle etiche maltusiane e gender, numerosi banchieri usurai verrebbero decapitati. Difficile provare pena. Certo, molti cristiani sarebbero martirizzati, si osserverà.
Può capitare. D’altronde lo sono già ora, a centinaia di migliaia, e non hanno meritato neppure un’enciclica, perché dunque farsene una pena?
Se tuttavia vogliamo dirla tutta, l’ISIS non vincerà, proprio perché chi se n’è servito sinora sa che diverrebbe il primo obiettivo. Lo stupore dei turisti inglesi in Tunisia dopo le raffiche di kalashnikov vale un trattato di storia della stupidità, appunto.
Gli storici del futuro si domanderanno come sia stato possibile che un’orda di pecorai sia stata lasciata libera di massacrare migliaia di inermi, mentre la potenza più tecnologicamente e militarmente avanzata della storia stava a guardare e il suo compare predicava: «Fermare, non bombardare!» Un macigno nero nella luce del martirio di migliaia di innocenti. Perché?
Questa è la domanda che esigere una risposta sin da ora. Aspettiamo tuttavia.
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Una cosa è certa: nei paesi islamici le minoranze cristiane ed ebree hanno convissuto per molti secoli con la religione dominante. Chissà perchè proprio ora è venuta fuori questa moda dello sgozzare i cristiani, della guerra di religione.
Temo che tutto sia legato ad interessi economici legati al petrolio.