Lo Ior, la banca del papa, e la lotta per controllarla, intrecciatesi col conclave, tornano ripetutamente nelle cronache dalla defenestrazione di Ettore Gotti Tedeschi, nel 2012.
Due libri riaprono oggi contemporaneamente il discorso. Il primo, in forma di intervista a Benedetto XVI, “Ultime conversazioni”, è scritto dal suo amico Peter Seewald, giornalista tedesco.
L’altro, “Servitore di Dio e dell’umanità. La biografia di Benedetto XVI”, è di Elio Guerriero. Si fa sapere che il volume è riletto e corretto da Ratzinger stesso.
[cryout-pullquote align=”right” textalign=”justify” width=”33%”]Pubblicato con altro titolo su La Verità, diretto da M. Belpietro [/cryout-pullquote]
A pagina 209 del libro intervista, il papa emerito risponde a Seewald: «Per me lo Ior è stato fin dall’inizio un grosso punto di domanda, e ho tentato di riformarlo. Non sono operazioni che si portano a termine rapidamente perché è necessario impratichirsi. È stato importante aver allontanato la precedente dirigenza. Bisognava rinnovare i vertici e mi è sembrato giusto, per molte ragioni, non mettere più un italiano alla guida della banca. Posso dire che la scelta del barone Freyberg si è rivelata un’ottima soluzione». «È stata una sua idea?», chiede il giornalista. «Sì» risponde Ratzinger”.
Secondo Andrea Tornielli de La Stampa questa è la prova che Ratzinger – non Bertone – defenestrò Gotti Tedeschi dallo Ior.
Andrea Tornielli, il giornalista più vicino a Bergoglio, quasi un sul portavoce, mitraglia dal blog Vatican Insider: «Una certa vulgata ha fatto passare l’idea che la clamorosa destituzione del presidente Ettore Gotti Tedeschi (nominato nel 2009, e dunque in pieno pontificato ratzingeriano), avvenuta con modalità a dir poco discutibili, sia stata frutto di un complotto ordito dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Una decisione che Benedetto XVI avrebbe subito, incapace di reagire.»
Una certa vulgata? Tornielli sta perdendo la memoria? Vatican Insider del 22 ottobre 2013, titolò: «Benedetto XVI fu molto sorpreso della cacciata di Gotti Tedeschi». E Tornielli picchiò la grancassa: «Papa Ratzinger era evidentemente all’oscuro della clamorosa cacciata del presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, avvenuta con modalità e circostanze del tutto inedite nella storia della Santa Sede e accompagnata dal tentativo di delegittimare personalmente e professionalmente la sua persona, come attestano le motivazioni messe nero su bianco dal board della «banca vaticana» in un documento a firma di Carl Anderson.
Lo attesta monsignor Georg Gänswein, Prefetto della Casa pontificia e segretario di Papa Ratzinger, in un’intervista con Il Messaggero pubblicata oggi…» e non contento aggiunse: «Un accenno significativo, questo di don Georg. Nel durissimo documento con il quale Gotti venne licenziato, fatto volutamente filtrare alla stampa, tra le motivazioni veniva data anche la sua incapacità di spiegare come documenti riservati e corrispondenza interna dello Ior fosse finita sui giornali. Lasciando quasi intendere un coinvolgimento del presidente dell’Istituto per le Opere di Religione in Vatileaks. Le indagini della Gendarmeria vaticana hanno però verificato che anche gli scambi riservati di email riguardanti la legge sulla trasparenza vaticana divenuti pubblici facevano parte dell’archivio di fotocopie ritrovato in casa di Paolo Gabriele.»
Tornielli oggi sposa la tesi opposta. Come mai?
D’altronde Tornielli non è solo. E veniamo al secondo libro.
Scrive Guerriero: «All’inizio del 2012 si giunse a una situazione di stallo nel cosiddetto Consiglio di Sovrintendenza, in pratica un consiglio di amministrazione dello Ior, costituito da laici. Da una parte vi era il presidente, il già ricordato Ettore Gotti Tedeschi, dall’altra vi era il direttore generale, il dottor Paolo Cipriani, sostenuto dagli altri membri del consiglio. In breve, Gotti Tedeschi venne sfiduciato dall’intero Consiglio di sovrintendenza, di modo che dovette intervenire la commissione cardinalizia di vigilanza. Constatata l’impossibilità di una mediazione, la commissione cardinalizia fu costretta a licenziare Gotti Tedeschi. Fu poi il cardinale Bertone a comunicare la decisione al banchiere, così come sarà poi il segretario di Stato a comunicargli, in data 7 febbraio 2013, la sua riabilitazione disposta da papa Benedetto.»
È davvero così? Per dipanare la matassa, mettiamo ordine nei fatti e stiamo attenti alle date, quelle date che sia Tornielli sia Guerriero evitano accuratamente.
Gotti Tedeschi fu sfiduciato dal Consiglio di Sovrintendenza dello IOR il 24 maggio 2012, regnando Benedetto XVI.
La Commissione Cardinalizia, chiamata a ratificare la sfiducia, allora composta di cinque porporati, ne annoverava tre che, guidati dai cardinali Attilio Nicora e Jean-Louis Tauran, rifiutarono di ratificare il licenziamento di Gotti Tedeschi. Resistettero nove mesi.
Per superare lo scoglio, Bertone attese l’abdicazione di Benedetto XVI, annunciata il 10 febbraio 2013. Se Benedetto fosse stato il defenestratore di Gotti Tedeschi, il problema della Commissione cardinalizia non si sarebbe posto.
Bertone invece solo dopo l’abdicazione di Benedetto modificò la Commissione cardinalizia.
Bertone estromise il cardinale Attilio Nicora, sostituendolo con Domenico Calcagno, porporato a lui fedelissimo.
La Commissione, così addomesticata, nominò il tedesco Ernst von Freyberg, il 15 febbraio 2013, quale successore di Gotti Tedeschi. Erano trascorsi cinque giorni dall’abdicazione di Ratzinger. Abdicazione si direbbe indispensabile alle mene di Bertone.
Excusatio non petita: si fece sapere dalle Sacre Mura che il manager tedesco era stato individuato da un’agenzia di cacciatori di teste, figuriamoci.
Questa è storia documentata; neppure Ratzinger può smentirla.
Guerriero richiama la riabilitazione di Gotti Tedeschi, promessagli il 7 febbraio. Poteva Ratzinger fare questo se solo tre giorni dopo avrebbe abdicato? Infatti non ci fu alcuna riabilitazione, ma Guerriero se ne dimentica.
La riabilitazione fu non di meno anticipata a Gotti Tedeschi da Gänswein e poi personalmente comunicatagli da Bertone, in presenza di testimoni. Che cos’altro fu se non una commedia di Bertone per sedare una reazione clamorosa di Gotti Tedeschi? Perché il papa emerito oggi avalla le incongruenze e le reticenze di Guerriero?
Seewald, Guerriero e Tornielli saltando il passaggio fondamentale della manipolazione da parte di Bertone della commissione cardinalizia, dopo l’abdicazione di Ratzinger, aprono la porta ai sospetti peggiori.
Insomma, la risposta di papa Ratzinger nel libro intervista di Peter Seewald non spiega la defenestrazione di Gotti Tedeschi bensì solo e parzialmente la nomina di von Freyberg.
Tornielli, il “portavoce” insider di Bergoglio, dimentica un altro dettaglio.
Von Freyberg tentò di seguire la stessa rotta di Gotti Tedeschi, sia pure in maniera più soffice: costituire un ministero delle finanze con giurisdizione su ogni centesimo riconducibile alla Chiesa. Di conseguenza né fondi neri né conti fantasmi, tanto meno paradisi fiscali, per esempio a Cuba, dove Bergoglio è di casa.
«Von Freyberg fu “un’ottima soluzione”» afferma Ratzinger. Davvero? Dopo quindici mesi fu fatto fuori anche von Freyberg.
Il 27 aprile 2014 il precisissimo cerimoniale vaticano dimenticò di riservare una poltrona per il presidente dello Ior nella canonizzazione dei due pontefici in piazza san Pietro. Era un gesuitico benservito. Tre mesi dopo von Freyberg si dimise. Un’altra defenestrazione, meno clamorosa della precedente ma non meno significativa.
Strano, Tornielli, all’ombra di Bergoglio, dimentica tutto questo e quanto scrisse egli stesso nel 2013: Ratzinger era dalla parte di Gotti Tedeschi. Quando Ratzinger fu messo alle strette, designò von Freyberg, defenestrato a sua volta da Bergoglio, il quale ha così cancellato ogni traccia di Ratzinger dallo Ior.
Tornielli finge di non sapere. Guerriero e Seewald non approfondiscono i dettagli della vicenda e sviano sui fatti e le date. Il papa emerito, a sua volta, annacqua la verità e sembra non rendersi conto che le sue dimissioni, nonostante le ripetute e vane rassicurazioni, suonano cupe nella storia dello Ior e della Chiesa. Lo spettacolo non è bello. C’è fetore di ricatti incrociati intorno allo Ior, ai santi denari, ai conti segreti, ai paradisi fiscali e a un papa emerito che forse non sta invecchiando così bene come si vuole dare a intendere.
Il coro ammaestrato di scrittori e giornalisti, se mai volle sopire polemiche e sospetti, al contrario le rinfocola.
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Non posso nascondere la difficoltà di immediata comprensione dei fatti che ho incontrato nel leggere il tuo articolo. Ottimo scritto e complessa la trama, degna di una fiction TV, sarebbe certamente superiore a quella dei “I Medici ” in onda oggi.
Un vero porcaio.
Non possiamo tuttavia dimenticare una cosa. Lo IOR è una banca d’affari straniera su territorio Italiano. Una vera manna per la finanza sporca.
Fa gola a tutti. Fa comodo a troppi.
Non voglio fare della facile blasfemia asserendo che anche lo Spirito Santo avrebbe qualche difficoltà a metterci il naso.
bella sorpresa: come lei ha detto, giorni fa, ha scritto sull’argomento, e sul nuovo giornale”la verità'”! Ottimo! La saluto.