In tutte le epoche numerosi umani, indifferenti ai danni per la propria salute e ai costi sociali del loro comportamento, hanno utilizzato stupefacenti per aumentare le proprie prestazioni fisiche, intellettive, emozionali, sessuali, oppure per cullarsi nel Lete, fiume dell’oblio.
Da un secolo le istituzioni occidentali, in testa le puritane anglo-americane, hanno dichiarato una guerra (persa) alla droga, con leggi proibizioniste e repressive: il consumo è di massa in l’occidente coi picchi proprio nell’area anglo-americana.
L’Italia, con usuale ritardo, ha seguito l’esempio anglo-americano, nominando “nemico numero uno” cannabis e derivati, con tolleranza verso cocaina e sostanze stimolanti, abbastanza diffuse tra i ricchi, i managers rampanti, non di rado fra i militari, nello spettacolo, arte e letteratura, prostituzione, operatori di borsa e gerarchi politici d’ogni risma, colore o regime.
In Italia metridina, simpamina, efedrina e pasticche stimolanti di varia natura sono state in libera vendita fino a tutti gli anni ’60, l’innocuo digestivo della nonna, il famosissimo Fernet Branca, cambiò sapore negli anni ’70 perdendo non poche delle sue proprietà stimolanti. In America la bibita nazionale Coca-Cola aveva quel nome non per caso, poi cambiò formula. Il Vicks Inalante ha contenuto efedrina fino ai primi anni ’50 e così via.
Oggi gli anti-dolorifici oppiacei provocano dipendenza e danni alla salute; molti s’acquistano senza ricetta medica; non pochi beveroni e integratori in libera vendita sono abbastanza simili a stupefacenti.
La Relazione al Parlamento del 2023 sui consumi di droga nel 2022 e sulle Politiche Antidroga assicura quasi 6 milioni (il 14% della popolazione nella fascia dai 15 anni in su) consumatori di stupefacenti nel 2022. Di questi, 2,5 milioni nel mese precedente la ricerca, cioè consumatori abituali. Sono stime per difetto, vedremo.
Nella fascia 15-18 anni (minorenni) hanno usato stupefacenti 750.000 ragazzi (il 30% del totale) e, nel mese precedente la ricerca, 450.000 (il 18% del totale). La maggioranza ha cominciato a drogarsi a 14 anni.
Lo stato italiano ha impegnato in questa guerra forze imponenti e speso ogni anno miliardi, sottratti ai servizi indispensabili a tutti gli altri cittadini, nel vano tentativo di impedire il consumo ai “consumatori di sostanze stupefacenti illecite”, disposti invece a tutto pur di goderne. Solo per i servizi psichiatrici dedicati alle tossico-dipendenze e per le comunità di recupero sono stati buttati ogni anno circa 5 miliardi, per “curare” solo 150.000 persone: cioè 33mila euro a testa, lo stipendio annuo di un operaio.
In maggioranza sono eroinomani storici cui viene gratuitamente distribuito metadone, sostitutivo dell’eroina che dovrebbero acquistare al mercato nero. Si finge di ignorare il baratto di metadone con droghe più attraenti.
Le operazioni antidroga delle polizie sono state 20mila nel 2022, più o meno le stesse degli anni precedenti, con circa 25mila denunce all’autorità giudiziaria. 95mila procedimenti penali sono pendenti, 8% del totale, con 225.000 imputati.
Dalla Relazione si stima che le persone sotto processo siano poco più di 100.000, poiché una sola persona è sovente implicata in più procedimenti. Le prigioni sono intasate dai 20mila detenuti per reati di droga, un terzo degli ospiti totali.
Il buon senso dovrebbe consigliare un cambiamento radicale di rotta, per l’evidente fallimento e soprattutto l’insostenibilità dei costi.
La Relazione stima il valore del mercato al dettaglio delle sostanze stupefacenti illecite in 15-16 miliardi, 40% cannabis, 30% cocaina-crack. Questo equivale a una media di 150mila euro per addetto. E’ decisamente poco se si tiene conto dei costi e della distribuzione piramidale dei guadagni.
E’ quindi irrealistico che la Relazione stimi che, di questi 15/16 miliardi, la metà rimarrebbe in mano ai venditori al dettaglio, l’altra metà costituirebbe il fatturato dei grossisti-importatori, coloro che rischiano i propri capitali.
Già quest’ultima cifra, 8 miliardi da cui occorre dedurre il costo della merce franco Italia, è esigua come profitto, se si mette in conto il numero di addetti che, come dimostra il numero dei processati, si misura in centinaia di migliaia, la sottostima è evidente: in realtà il valore del mercato e i consumatori abituali sono almeno il doppio, impegnando 30miliardi, spesi da 4-5 milioni di consumatori abituali.
La Relazione stima solo 500mila consumatori di cocaina, crack e simili. Essa non tiene conto del commercio sul web.
Le Conseguenze Reali
La diagnostica neuro-imaging prova che il 18% della popolazione minorenne tra i 15 e i 18 anni, consumatori abituali di stupefacenti, che in maggioranza hanno iniziato a 14 anni, hanno subito danni irreversibili a neuroni e sinapsi in corso di formazione.
Riccardo Magi, segretario del partito +Europa, fautore della liberalizzazione del mercato delle droghe, incominciando dalla cannabis, la sostanza di uso più frequente, utilizza analogo argomento adottato per legalizzare l’aborto (“sono moltissime le donne che interrompono una gravidanza indesiderata ricorrendo ad un sotto-bosco di mammane e ginecologi senza scrupoli: legalizzando l’aborto le sottrarremmo a costoro, a questo mondo sordido”). Magi infatti sintetizza con lo slogan “se non ci pensa lo Stato, ci pensa la mafia”.
Per cominciare oggi paghiamo la denatalità dei 40 anni passati. Riflettiamo. Se si facesse come per l’aborto, la distribuzione di droga dovrebbe essere gratuita a spese dello Stato. E la mafia? Apparentemente sconfitta, avrebbe buon gioco a inserirsi nelle “drogherie legali” (sarebbe più agevole che con gli appalti) per gestire rete e rifornimenti, continuando il florido commercio delle sostanze rimaste illegali (perché è impossibile legalizzarle tutte), utilizzando le “drogherie” come punto promozionale.
Abbiamo accettato, con l’aborto, una vittima indifesa: il concepito cui si toglie la vita. La giurisprudenza sta legalizzando altri reati e penalizzando comportamenti un tempo leciti. Si potrà anche legalizzare il furto o altri reati largamente diffusi, ma occorre prevedere quali siano e tutelarle le vittime di tali reati.
Che Cosa Fare?
Il reato di spaccio è un reato “inventato” compilando liste di sostanze “illecite”, inseguendo la creatività dei produttori. Se non ci fosse “domanda”, non ci sarebbe “vendita” e quindi il reato.
A monte dello spaccio ci sono altri reati e illeciti amministrativi: la vendita e l’acquisto in nero di merci, di cui non sono noti né la composizione, né il luogo di produzione, né la fabbrica.
Soprattutto si ha un’idea distorta della vittima: il consumatore non viene obbligato, contro la sua volontà, all’utilizzo di sostanze dallo spacciatore. Al contrario, è il consumatore, per il proprio bisogno, a indurre lo spacciatore al reato.
Tre le principali vittime, causate dal consumatore e dallo spacciatore: 1) la famiglia, quando il consumatore spende in droga più di quanto possa permettersi (ciò avviene anche con le scommesse legalizzate); 2) lo Stato per i fiumi di miliardi spesi inutilmente per contrastare il mercato della droga; 3) i minorenni, come abbiamo visto, rovinati per sempre dall’uso di stupefacenti; questo esige una legislazione peculiare, irrogando immediatamente il carcere per almeno 20 anni a chi spaccia o cede stupefacenti a minorenni.
Si raccontano anche, per le anime belle, edificanti storie lacrimevoli di redenti, che le difficoltà della vita avrebbero trascinato nel gorgo della dipendenza, che per soddisfare tale dipendenza hanno dovuto rubare, spacciare, prostituirsi, cioè partecipare festanti, fingendosi poveretti ricattati dagli spacciatori, in un mondo dove girano molti più soldi che tra i muratori, i camerieri, le imprese di pulizia, le badanti, eccetera….
Tutto il costoso ambaradan per perseguire penalmente lo spaccio e curare i consumatori andrebbe smontato e sostituito da una legislazione che preveda solo sanzioni amministrative: che spacciatori e consumatori vengano toccati nel portafoglio incominciando così a rimborsare i danni che provocano.
Sanzioni amministrative di immediata e forzata esazione, il cui mancato pagamento potrebbe anche prevedere il carcere, accompagnate da tassazione speciale per reddito presunto in nero, nonché dal blocco della patente e dal sequestro dei veicoli.
La patente di guida viene negata ai diabetici e per altre patologie, in caso di disabilità anche non gravi, ma ad una persona tossicodipendente viene concessa liberamente sebbene guidare sotto gli effetti di droga sia pericoloso per tutti.
Un efficace deterrente anti droga è nella concessione della patente con l’obbligo di esibire periodicamente un certificato rilasciato da una struttura sanitaria pubblica di “pulizia” da sostanze stupefacenti, gratuito se sempre pulito, a pagamento se il test fosse positivo, piuttosto che condannare “dopo” gli incidenti.
Ovviamente la patente andrebbe sospesa a consumatore e spacciatore in caso di flagranza di acquisto.
Oltre ai costi diretti per contrastare il mercato della droga, la società paga costi indiretti salatissimi per il riciclaggio dei capitali neri in attività di concorrenza sleale, racket, prostituzione, corruzione, ricatti, finanziamento della delinquenza organizzata, della immigrazione clandestina.
Repetita juvant: si dovrebbe smettere di sperperare soldi pubblici per proteggere dal consumo di stupefacenti una sterminata platea di felici utilizzatori; bisogna toccarli nel portafoglio insieme ai loro fornitori, affinché smettano di costare allo Stato e paghino per i danni che provocano insieme ai loro amati indispensabili spacciatori.