Cattolici e massoneria. Sono questi i poli del dibattito risorgimentale, secondo un estimatore di Angela Pellicciari, esortandomi a leggerne le opere.
L’interlocutore lascia intendere che un archivio non sia tale senza i volumi della studiosa e quanto abbiamo scritto in precedenza su Pio IX e Vincenzo Gioberti debba essere emendato alla luce di quegli scritti.
Ringrazio, declino e confesso un peccato grave: i libri della Pellicciari non mi convincono. Essa scrive testi a tesi, spiegando la storia, alla maniera della scuola marxista, come una lotta fra una parte e il resto del mondo: borghesia contro proletariato, resistenza contro fascisti. Nel caso della Pelliciari, il resto del mondo sarebbe la massoneria.
Confesso un altro peccato: come cittadino, non ho nulla contro la massoneria; ho invece moltissimo contro i massoni che agitano il grembiulino per i giochi di potere ovvero per le porcherie alla Mario Monti e alla Enrico Letta. Come cattolico, non mi stanco di mettere in guardia taluni miei amici massoni, persone peraltro degnissime.
Ciò detto, non condivido affatto la tesi privilegiata della Pellicciari, secondo la quale il Risorgimento trovò su una sponda la Chiesa cattolica e sull’altra la massoneria. E’ una tesi vacua nel metodo e nel merito. Non basta infatti rifarsi alla storiografia cattolica, largamente afflitta dai medesimi acciacchi della Pellicciari; neppure suppliscono le bolle papali che dal Risorgimento in poi esortano i cattolici a guardarsi daimassoni.
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Risorgimentali furono innumerevoli personalità a forte caratura cattolica, come Alessandro Manzoni, Antonio Fortunato Oroboni (che convertì Silvio Pellico alla Fede), Bettino Ricasoli, per citarne alcuni. Tanti altri furono a un tempo massoni e cattolici. È logico presumere che tali sfumature non fossero prerogativa elitaria. La commistione di fede carbonara, giuramento massonico e frequenza ai S.Sacramenti, se vogliamo fare un paragone coi giorni nostri, ricorda i cattocomunisti, nel bene e nel male. Essi possono piacere o non piacere affatto, con tutte le sfumature intermedie, ma è temerario affermare che tutto il male sia dalla loro parte. D’altro canto, se Aldo Moro fosse sopravvissuto, avrebbe certificato che una pattuglia di fervidi cattolici anticomunisti gli usarono più malvagità dei marxisti.
Il Risorgimento fu una guerra civile con aberrazioni politiche, militari, sociali ed economiche come recano tutte le guerre civili. Vincenzo Gioberti fu uomo e religioso del suo tempo, in quella temperie.
Il vezzo di giudicare con gli occhi di oggi le apparenti incoerenze di ieri, come fa la Pellicciari, tradisce lo storiografo di scuola marxista che attacca il nemico più che cercare la verità. E’ lo stesso metodo, per fare un esempio, utilizzato per accusare Pio XII d’aver taciuto sulle persecuzioni contro gli ebrei, mentre la realtà è ben altra (leggi qui). D’altronde quanti paventano un Vincenzo Gioberti massone, non hanno a loro conforto che gli elenchi di Wikipedia, mentre in realtà egli fu solo un povero prete tormentato.
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Grande merito di Gioberti fu – senza farsi catturare dalle correnti restauratrici decise a strumentalizzare il principio dell’infallibilità pontificia – affermare il primato politico del pontefice giustapponendolo al primato italiano, così a formare un binomio “Vaticano-Italia”, incardinato nella cultura cattolica e non di meno sopravvissuto a tutti i travagli della Penisola, a partire dalla fine ignominiosa della monarchia sabauda e, con immutata plausibilità, nel succedersi del fascismo e della repubblica. L’Italia, nonostante la sua modesta entità, gode di una visibilità globale, grazie ai 45 ettari dello Stato Città del Vaticano, il quale, a sua volta, ne risulta protetto senza scadere in un protettorato.
A nessuno sfugge oggi che se i cattolici italiani avessero prestato fede alla loro vocazione e al suggerimento di Gioberti, la pacificazione fra gli italiani sarebbe cosa fatta (leggi qui). Persino la sovranità del paese sarebbe più solida di quella miserrima, assicurata sinora, si fa per dire, dalle molteplici, umidicce miscele politiche di laicismo e guelfismo, corroborate da affarismo, i cui esiti sono sotto gli occhi di tutti. A ben vedere, il binomio Vaticano-Italia è ultimo baluardo per la tenuta del paese. Inutile stupirsi se questo aspetto non fu ricordato durante le celebrazioni del 150° dell’Unità, dal momento che la politica ha altri interessi e la storiografia cattolica si impastoia da sola combattendo battaglie superflue.
Pelliciari trascura inoltre che lo Stato Vaticano e i Vescovi (soggetti differenti dalla Chiesa) prima e dopo il 1789, furono titolari d’un pesante potere temporale, reazionario, nemico dei poveri e della nascente borghesia imprenditoriale, fornendo così i grimaldelli a quanti gabellavano l’ostilità alla Fede cattolica con le istanze di progresso sociale.
Il male non è tutto nella massoneria, il bene non è una prerogativa assoluta dei cattolici. Questo non è relativismo, ma è il Vangelo del grano e della gramigna mescolati sino al’ultimo giorno. Il manicheismo quindi può essere utile per vendere libri ma non è utile ad affermare il primato della Fede cattolica. Anzi, proprio in questo momento, la pastorale di papa Francesco, evidenzia quanto siano sterili le polemiche che immobilizzano la Chiesa col capo girato indietro, come una statua di sale nella storia.
In conclusione, se per assurdo Vincenzo Gioberti fosse mai stato il più fervido dei massoni, il suo insegnamento sul primato morale e civile dei cattolici italiani sarebbe attuale e politicamente profittevole, nonostante quei zelanti cattolici le cui fobie fanno velo alle infinite sfumature della realtà, ma non impediscono, come accade ad Angela Pellicciari, di pavoneggiarsi col potere se il massone Silvio Berlusconi celebra il suo libro contro la massoneria (leggi qui).
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