Maria Orlando, donna di Sicilia, soffre per la sua isola, prigioniera dicotomica, tra aperitivi gattopardi a 10 euro e aumento dei furti nei supermercati.
Cerco di farle raccontare la Sicilia com’ essa la vede. Le comunico la mia simpatia, parziale, per i “i forconi” di qualche tempo fa. Ricordi? Non hai dimenticato il mio assoluto disprezzo per quanti, senza senso di responsabilità, coscientemente e continuamente, hanno mandato al potere una classe politica inetta, per un do ut des, incapace di pensare il lungo periodo, dotati d’una coscienza sociale inferire a quella d’ una gallina che cova. Stupidi e miopi, da punire, senza pietà. Nei suoi occhi scorre una delusione amara.
L’amarezza di Maria Orlando non lascia spazi a illusioni: «Volevo regalargli un sogno, volevo che scoprisse il mondo, che lo guardasse con gli occhi di chi crede ancora nel futuro. È soltanto che io, per prima, non ci credo più…
Quante volte si ascoltano i sogni distrutti di padri e madri di famiglia che hanno desiderato il meglio per i propri figli e prendono coscienza che in una Sicilia oppressa dalla classe politica non è concesso più nemmeno di sperare, d’accarezzare un sogno. Quando da piccoli i genitori ci raccontavano meravigliose fiabe, ci addormentavamo lottando contro mostri e draghi, fantasticando su principi e castelli, nella convinzione che la vita fosse felice, magica, sempre vocata al lieto fine, proprio come nelle fiabe.
Ma si cresce, prima o poi si cresce…e sei al cospetto di chi ingiunge:”Se non conosci nessuno, qui non puoi lavorare”, oppure:”Se paghi ti faccio superare il test in medicina”.
Ti guardi attorno, vedi giovani perdigiorno con Mercedes e Porsche, ti chiedi: “Ma come fanno?”. Poi scopri che il padre appartiene alla cosiddetta “alta” società (perché di alto ha solo il nome) e ha conoscenze sospette. E allora, per assurdo, quasi ci si rassicura pensando che quel livello raggiunto non è stato sudato e che “non è colpa tua”.
Inorridisco ascoltando le tristi storie di chi non arriva a fine mese, di chi perde il lavoro all’improvviso, di chi compra farina per poter fare pane e pasta in casa e mettere da parte qualche soldo per i beni di prima necessità, di chi ruba cibo al supermercato, di chi non può più permettersi di proseguire gli studi. La politica ha fatto leva sulle nostre debolezze, ha impoverito le nostre vite, non permettiamo che faccia lo stesso coi nostri cuori.
La Sicilia è ancora quella terra dove tutti sono i benvenuti, dove la generosità e il calore della gente sempre pronta ad accoglierti è disarmante. È ancora terra di gente umile, di giovani valenti. E’ ancora terra di sole e mare, di paesaggi mozzafiato. La Sicilia è poesia. Sì, possiamo ancora fare qualcosa…l’unica ribellione possibile è quella di non abbandonare i propri sogni».
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