La prima vittima della guerra è la verità. Bugie sulla Siria da Hussein Barak Obama, premio Nobel per la pace.«Gli Stati Uniti non hanno alcun interesse a entrare nella guerra civile siriana», dice Obama. E allora perché non la pianti di fare stragi almeno dal 2011? Obama, papa Francesco, Vaticano.
Wired.it è il rametto italiano dell’omonimo periodico statunitense, fondato da Nicholas Negroponte, fratello di John, vice di Condoleezza Rice nell’amministrazione Bush, dopo essere stato Direttore dell’Intelligence nazionale e prima di divenire ambasciatore in Iraq e poi in altre importanti capitali.
Wired parla il 21 agosto, quando il prezzo del petrolio punta decisamente verso il basso, a dispetto dell’enfasi che da un mese le agenzie internazionali vanno ponendo sul conflitto in Siria e proprio mentre gli ispettori ONU s’accingono a indagare sui gas nervini.
Gli ispettori dell’Onu sono stati chiamati dai mercenari? Neanche per idea: li ha voluti Bashar Assad, presidente della Siria, perché già a marzo i mercenari al soldo di Washington, Londra, Parigi e Berlino hanno utilizzato i gas nervini. Lo certificò il magistrato svizzero oggi in forza all’Onu, Carla Dal Ponte (leggi qui).
Wired rappresenta l’establishment trasversale, avvertibile alle spalle del premio Nobel per la pace, Hussein Barak Obama, in particolare in questa orribile vicenda dei gas.
«Non possiamo più rimandare l’organizzazione della conferenza di pace sulla Siria». Era l’8 agosto quando il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, fece questa dichiarazione, condivisa dalla collega italiana Emma Bonino, al termine della riunione tra i ministri degli Esteri e della Difesa di Italia e Russia.
Da settimane l’Italia era oggetto di sfortunate coincidenze siriane: al rapimento in aprile di Domenico Quirico, corrispondente della Stampa, seguiva a luglio il rapimento di Paolo Dall’Oglio, gesuita. Le agenzie più vicine ai mercenari anti governativi siriani, avanzavano accuse al governo di Assad, prontamente rilanciate dai media italiani.
Dei due dispersi italiani si parla pochissimo, si direbbe siano diventati inutili, da quando, a metà agosto, le redazioni sono state intossicate dai gas disinformativi (leggi qui), partiti da Washington e Londra.
Diceva Franklin Delano Roosevelt:«Puoi raccontare una bugia a molte persone ed essere creduto. Puoi raccontare molte bugie a una persona ed essere creduto. Non puoi raccontare molte bugie a molte persone e continuare a essere creduto». È esattamente quanto accaduto per la Siria.
Persino la linea del Vaticano, per bocca di papa Francesco, s’è fatta vigorosamente chiara contro l’attacco annunciato dal premio Nobel per la pace, Hussein Barak Obama.
La svolta nella presa di posizione del pontefice è tanto più significativa perché marca la differenza col predecessore, il quale apparve alquanto distaccato sin dal colpo di stato contro la Libia, nell’indifferenza del bertoniano Osservatore Romano e con malcelata esultanza di Avvenire.
Papa Francesco, pur senza offrire il destro ad accuse di partigianeria, ha usato accenti tali da non lasciare dubbi su chi stesse additando nella sua accorata esortazione, come un fra’ Cristoforo col dito levato a dire “Verrà un giorno…” ai don Rodrigo di Washington e Londra: «C’è un giudizio di Dio che è anche un giudizio della storia sulle nostre azioni, a cui non si può sfuggire. Esorto la Comunità Internazionale a fare ogni sforzo per promuovere la pace, promuovendo iniziative basate su dialogo e negoziato», cioè niente missili, in questo modo sostenendo gli auspici del clero locale a scongiurare l’attacco contro la Siria (leggi qui, ma anche qui e infine questo).
Queste parole marcano pure la differenza con l’informazione, diramata fino a poche ore prima dalla Radiovaticana, che aveva rilanciato un comunicato (leggi qui) del Consiglio Mondiale delle Chiese (sedicente organismo ecumenico) nel quale si condannava «l’uso di armi chimiche, in ogni caso e da entrambe le parti», con ciò dando per scontato che Assad avesse lanciato bombe chimiche. L’ennesimo inutile tentativo di distorcere la realtà, i cui contorni si sono fatti mano a mano più nitidi, tanto da procurare un grosso dispiacere al premier britannico David Cameron , le cui fregole interventiste sono state gelata dal voto contrario – 285 no contro 272 sì – del parlamento di sua maestà, venerdì sera.
Non bastasse, poche ore dopo è giunta la presa di posizione di cinquanta membri del congresso USA, cofirmatari della lettera di Ms. Barbara Lee (leggi qui e qui la traduzione) che ha dato l’alto là a Obama. Il giorno dopo, la stampa portavoce della Casa Bianca – in prima linea Il Fatto Quotidiano, La Repubblica, La Stampa e il Corsera – annunciavano che Obama avrebbe chiesto l’autorizzazione del Congresso prima di sparare i missili.
C’è da scommettere che pur di salvare la faccia, il premio Nobel per la pace stia trattando sottobanco con la Siria per sparare una salva di missili dove non ci sarà niente e nessuno, dopo un congruo avviso a Damasco. È un espediente utilizzato più volte da Bill Clinton nei suoi otto anni nella Studio ovale.
Chi rimane in mezzo al guado è Israele, i cui servizi segreti si sono esposti nel fornire alibi – fasulli alla prova dei fatti – all’interventismo “pacificatore” del grande bugiardo della Casa Bianca.
È un errore che può costare caro a Gerusalemme e svela la profonda immaturità della politica di Israele di fronte agli interessi petropolitici che privilegiano le velleità militari a danno della capacità politica. Chi sperava fosse finita la stagione delle vittorie militari israeliane, ai tempi di Arafat, seguite da sconfitte politiche, ha ragione di temere che stiamo per fare passi avanti con fiaschi militari e catastrofi politiche:«Com’è accaduto in Libia con le foto delle “fosse comuni” di Gheddafi, che poi si è visto erano immagini di normali cimiteri (la stessa truffa del resto che funzionò a Timsoara per Ceaucescu), sembra che l’Occidente si muova oggi sulla base della notizia della strage coi gas. Badate, non sto dicendo che non sia vera. Il punto non è questo. E’ che nella percezione comune e anche nelle motivazioni ufficiali dei governanti, sembra che la politica estera degli Stati sia mossa non da un principio politico, ma da una logica di polizia», scrive Ugo Volli su Informazione Corretta.
Il martirio della Siria tuttavia continua, una nuova enorme Hiroshima. Manca l’atomica, ma se potessero dalla Casa bianca non esiterebbero.
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Spero che la citazione di (dis)informazione corretta serva solo a dimostrare le perplessità degli ambienti sionisti e non implichi anche una concordanza di vedute con il titolare del sito, perché la cosa mi preoccuperebbe assai.
Mi pare che ci sia altro di cui (pre)occuparsi. Quand’è il momento, polemizziamo con chiunque ma non per partito preso, tanto meno per ricoltivare muffe da guerra fredda: anticomunismo, antifascismo, antisionismo, anti… Incliniamo se possibile per l’anticonformismo ma non è detto.