Allo scopo di asseverare il cosiddetto “tamponamento” in via Mario Fani, i fatti sono sovente alterati. È difficile dopo quasi mezzo secolo risalire all’origine delle distorsioni e dei depistaggi. Il giorno dopo la strage numerose cronache assicurarono la FIAT 130 (condotta dall’appuntato Domenico Ricci) impegnata da un tamponamento e quindi bloccata dalla Fiat 128 dei BR, sull’incrocio con via Stresa. La notizia fu attinta dagli innumerevoli comunicati della sala stampa della questura romana? Forse. Chiunque e comunque fosse l’origine della gabola sul tamponamento, fu un depistaggio, utile a nascondere come i cinque massacrati caddero nella trappola di via Mario Fani, per ordine di un’autorità dello Stato italiano, altro che Usa, Mossad e Kgb, autorità i-ta-lia-na.
Quanti distorcono i fatti sono in buona misura determinati a tutelare i mandanti ad alto livello, nonché oscurare il ruolo di tutti i partiti, nessuno escluso, a cancellare Aldo Moro dalla scena politica.Non può quindi reputarsi fortuita coincidenza quanto scrive il Morucci Valerio nel “memoriale”[1] consegnato a Francesco Cossiga nel 1986, da costui trattenuto ben cinque anni, per poi essere platonicamente consegnato alla Procura romana. Il “memoriale” descrive l’appuntato Ricci intento a tamponare ripetutamente la Fiat 128 nell’inutile disperato tentativo di sottrarsi all’agguato. È un falso, risultando tuttavia asseverato dalla più alta istituzione dello Stato, grazie all’abnorme procedura di recepimento.
Nel Metodo
Se Domenico Ricci avesse mai avuto il tempo di “tamponare ripetutamente” avrebbe avuto – e utilizzato quello stesso – tempo per sparare ai sicari. Anche Oreste Leonardi avrebbe così avuto tempo di sparare ai sicari, sulla Fiat 128 e nell’intorno, mentre erano ancora sull’auto e mentre si avvicinavano. Un solo tamponamento sarebbe stato sufficiente a mettere in allarme i due Carabinieri. Essi avrebbero reagito immediatamente sparando, frantumando il parabrezza e i cristalli laterali della Fiat 130. I due furono invece colti del tutto di sorpresa, fulminati senza possibilità di reagire. I vetri della Fiat 130 furono tutti colpiti dall’esterno verso l’interno. Il racconto del tamponamento, servito in varie salse (come vedremo anche recentemente dalla RAI) è pertanto falso e depistante.
Secondo il generale CC Antonio Cornacchia, due agenti del SISDE coadiuvarono il Morucci per scrivere il “memoriale”. Tale dettaglio ispira almeno un dubbio: o la notizia pervenuta a Cornacchia è falsa oppure quei due agenti, se davvero esistono, sono dei pericolosi provocatori e disinformatori, anche a causa delle incongruenze appena descritte. Oppure sono due incompetenti; ipotesi da non escludere visto come sono andate le cose per mezzo secolo. In ogni caso è opportuno individuarli e torchiarli.
Nel merito
Se Ricci avesse tamponato più volte, i danni sul frontale della Fiat 130 e sulla coda della Fiat 128 sarebbero stati rilevanti, sparsi su una vasta area delle carrozzerie, visibili e contornati dai rottami delle fanalerie. Alle 10.15 del 16 marzo intervenne una squadra della Polizia scientifica, i cui componenti sottoscrissero un verbale[2], nel quale non v’è traccia di “tamponamento” né si riferiscono danni, sia pure minimi, alla Fiat 130 e da questa inferti alla Fiat 128, in conseguenza di un tamponamento.
Un altro documento ufficiale del Viminale[3], scritto nel 2015 per la Commissione Fioroni, riferisce lo stato della Fiat 130 a seguito di sopralluogo: «L’attività di sopralluogo effettuata ha consentito di verificare le discrete condizioni esterne con ancora visibili la deformazione del paraurti posteriore e del fanale anteriore.» Sono rilevate delle deformazioni ma non si accenna, neppure in questo, a un tamponamento.
La Relazione Finale di tale Commissione fa solo un relata refero: «Rispondendo al senatore Federico Fornaro sulla dinamica dell’agguato di via Fani, Morucci ha affermato che ci fu un tamponamento tra l’auto in cui viaggiava Aldo Moro e la Fiat 128 dei brigatisti e ha negato che occorresse una particolare perizia per colpire i due carabinieri che sedevano nei sedili anteriori della Fiat 130 senza ferire l’onorevole Moro». E poi passa oltre, come fosse cosa di nessuna importanza.
Basterebbero le due fotografie di fig.1 e di fig.2 per chiudere il discorso. In realtà, c’è una rilevante porzione di “non detto” a impedirlo. Occorre quindi un’analisi rigorosa.
Energia Dissipata dal Tamponamento
“Tamponamento” è l’urto fra un veicolo A (Fiat 130) e un veicolo B (Fiat 128) sul medesimo senso di marcia. Nel caso in esame il veicolo B è “tamponato” dal veicolo A.
La valutazione delle “tracce visibili sui due veicoli e sull’asfalto” sarebbe stata fatta “a caldo” se il tamponamento fosse davvero avvenuto. Come s’è detto, nessuno degli organismi della polizia scientifica, sia il giorno della strage sia più recentemente, ha rilevato un tamponamento. Questo dato di fatto ha un significato; occorre tuttavia spiegarlo. Numerose fonti – non ufficiali ma in grado di influire sulla pubblica opinione – insistono sul “tamponamento”. Secondo tale vulgata il “tamponamento” è stata una premessa operativa della strage. Supponiamo quindi che esso sia effettivamente avvenuto, quantunque non rilevato, al fine di determinare quali dovrebbero essere le conseguenti evidenze.
La Fiat 128 (d’ora in avanti “B”) si arrestò completamente e improvvisamente, assorbendo l’urto della Fiat 130 (d’ora in avanti A). Presumere come “avvenuto” il tamponamento, con la collocazione finale della Fiat 130 distanziata da B di circa 20 centimetri (Fig. 1 e 2), impone di supporre che l’autista di A, avendo tamponato B, sia poi arretrato. Egli si accingeva quindi a tamponare nuovamente, secondo il racconto del Morucci, ma poi è stato fulminato. Sorvoliamo sul fatto incontrovertibile che la vettura A, quantunque l’autista fosse stato fulminato, avrebbe dovuto quanto meno poggiarsi per inerzia sulla vettura B. l’alternativa a questo dato di fatto è supporre un rimbalzo elastico, il quale esigerebbe tuttavia un’elevata disastrosa velocità di A, con tracce ben visibili e disastrose sull’asfalto e sulle carrozzerie. Tale sviluppo è negato dalle fotografie in Fig. 1 e Fig. 2.
Le due auto sono un sistema dinamico, nel quale A, impattando su B, deve causare ad ambedue i veicoli danni a differenti componenti, ripetiamolo di ambedue i veicoli. Alcune di tali componenti sono agevolmente deformabili (p.e. le lamiere della carrozzeria e il lamierino della marmitta), altre (p.e. i paraurti, in quei tempi fatti di acciaio) meno deformabili e più vocate a deformare le superfici sulle quali impattano. C’è infine un terzo tipo di componenti, decisamente fragili, come le fanalerie anteriori e posteriori, nonché le mascherine, le quali si deformano e più facilmente si rompono, rilasciando rottami di varie dimensioni a terra, nell’immediato intorno dell’impatto.
Tali aspetti sottendono reciprocità: un danno permanente sulla superficie di A deve corrispondere a un elemento danneggiato sul veicolo B e viceversa.
L’angolo d’impatto è altro importante fattore. Se infatti l’urto è angolato (com’è nel nostro caso, vds. Fig.3) esso interessa una superficie minore. Su questa ristretta superficie quindi si concentra tutta l’energia dell’urto. L’urto angolato, com’è in Fig. 3, investe la parte centrale della coda di B e l’angolo anteriore sinistro di A.
Le figure 1 e 2 certificano A contro B a investire innanzi tutto i rispettivi paraurti, quello anteriore di A e quello posteriore di B. Il punto mediano del paraurti di B dista dal terreno 49 centimetri. Il paraurti di A è invece più alto di 2 centimetri. Questo potrebbe determinate al momento dell’urto uno “scivolamento” del paraurti anteriore di A su quello posteriore di B, cui conseguirebbe una deformazione d’ambedue: il paraurti di A spinto verso l’alto, quello di B verso il basso. Quale che sia la deformazione, essa deve essere concentrata e visibile nell’estremità anteriore sinistra di A e nella parte mediana posteriore di B, non c’è scelta.
Per determinare l’ammontare dei danni attesi da un simile impatto, occorre stimare l’energia dissipata nel contatto sviluppatosi in un tempo brevissimo.
Supponiamo che A impatti su B a 10 chilometri orari, pari a 2,7 metri al secondo. Tale velocità è quella usualmente definita “a passo d’uomo”, sebbene in realtà corrisponda al doppio della velocità d’un uomo che cammini con passo sostenuto, cioè 5 chilometri orari.
Assumiamo 10 chilometri orari quale velocità dell’impatto perché non si vedono danni né rottami per terra, tali da giustificare un impatto con maggiore disastrosa velocità. L’energia cinetica scaricata sull’impatto a 10 chilometri orari è determinabile mediante l’esame cinematico dell’evento, cioè l’approssimarsi di A a B fino all’urto, cui seguono le interazioni durante il contatto.
L’urto avviene, com’è detto, in tempi brevissimi e comporta la dispersione dell’energia cinetica di A, assorbita dalle due carrozzerie mediante le rotture/deformazioni e, in misura largamente minore, attraverso la dispersione di calore. Tenuto conto della bassa velocità, il modello può essere semplificato senza includere gli effetti della frenata e quindi le interazioni fra gomma e asfalto. In conclusione, l’evento è ricostruibile mediante le leggi del moto di Newton, basandosi sul principio di conservazione dell’energia, considerando l’urto istantaneo, per valutare lo scambio di energia e il suo effetto sull’area di contatto. Essa, giovi ripeterlo, è delimitata in A all’estremità anteriore sinistra e in B alla parte mediana posteriore.
L’energia cinetica che A porta nell’impatto si ricava da questi elementi:
“m” è la massa del veicolo A espressa in chilogrammi. L’auto pesa 1.500 chilogrammi, ha 3 persone a bordo. Presumiamo quindi un peso complessivo di 1.700 chilogrammi.
“v” è la velocità espressa in metri al secondo 10 km/h = 2,7 m/sec.
“E” è l’energia cinetica, l’energia di movimento, dissipata da A; essa si misura in “Joule”. Tale unità di misura equivale all’«energia necessaria per alzare di un metro da terra un oggetto di 100 grammi».
E= 1/2 m x v2
L’energia E è della Fiat 130 è uguale a un mezzo della massa per il quadrato della velocità. Sostituiamo i simboli con le quantità; sviluppata la precedente formula, si ottiene
E= 1700 x 2,722 /2 = 12.393 J
La dimensione e gli effetti di questa energia sono notevoli e in grado di produrre deformazioni ben visibili e profonde. Per comprendere la capacità di questa energia di 12393 Joule, osserviamo un modello della quotidiana esperienza, che sviluppa meno di un 24esimo dell’energia cinetica del veicolo A.
Supponiamo che la massa m sia solo di una tonnellata, come sarebbe un serbatoio di acqua, se fosse un cubo dal lato pari a un metro. Presumiamo la sua velocità pari a solo 1 metro al secondo. La sua energia cinetica in tal caso è:
E=1000 x 1 2 / 2 = 500 J
Il serbatoio d’acqua da una tonnellata ha meno di un 24esimo quindi dell’energia cinetica del veicolo A. Voi vi lascereste urtare da questo serbatoio se si muovesse alla velocità di un metro al secondo? Meglio di no, tanto meno se esso vi colpisse con uno spigolo, concentrando tutta l’energia dell’urto in un’area molto ristretta. D’altronde, appartiene all’esperienza quotidiana di ognuno, constatare con quanta facilità si ammacchi un’auto pur a bassissima velocità, di gran lunga inferiore a 10 km/h, manovrando in garage. Se questo tuttavia non bastasse ci sono le prove d’urto https://bit.ly/3GZsZQa https://bit.ly/3XpQffF https://bit.ly/3XuFjgI
Ripetiamo quindi che il veicolo A avrebbe colpito B col proprio spigolo anteriore sinistro, nella mezzeria del paraurti posteriore del veicolo B, con energia oltre 24 volte superiore a quella di un serbatoio da una tonnellata di acqua che viaggia a un metro al secondo.
L’energia dell’urto si deve dissipare, trasformandosi una minima parte in calore e la più rilevante deformando le superfici che entrano in contatto violento. La figura 1 e la figura 2 evidenziano l’assenza di qualunque visibile deformazione. È per tale ragione che la polizia scientifica, intervenuta a via Mario Fani alle 10.15 del 16 Marzo, non ha rilevato il tamponamento; esso non è avvenuto né una singola volta né in forma reiterata come ha affermato – testimoniando il falso – il Morucci Valerio. E’ per tale ragione che gli alti dirigenti della Polizia Scientifica non hanno accennato al “tamponamento” davanti alla Commissione Fioroni. Il tamponamento è insostenibile; sostenere che vi è stato un tamponamento è un depistaggio, è un reato da codice penale, non prescrittibile perché concorre a una strage.
D’altronde, ripetiamolo ancora, tutte le sperimentazioni di urto fra veicoli (crash test) a bassa velocità (da 10 a 40 chilometri orari) dimostrano che l’urto contro un ostacolo fermo d’una massa di 1400 chilogrammi (inferiore quindi alla massa della Fiat 130) produce danni visibili e rilevanti, con spargimento di rottami[4]. Come si può invece osservare dalla figura 1 e dalla figura 2 non ci sono né evidenze di danni né spargimento di rottami.
La Necessaria Verità
Il 48esimo minuto del film di Bellocchio Marco, “Esterno Notte”, riferisce un tamponamento della Fiat 130 sulla Fiat 128 a velocità ben superiore a 10 chilometri orari. È un falso, adatto non di meno a nascondere una verità fondamentale: la Fiat 130 era in convoglio dietro la Fiat 128. Quest’ultimo è un dettaglio fondamentale per la ricostruzione dei fatti di via Mario Fani, perché la Fiat 130 è rimasta in convoglio dietro la Fiat 128 dei sicari per quasi quattrocento metri, superando insieme alla seconda auto, l’Alfetta, un’auto che si era interposta fra la Fiat 128 e la Fiat 130. Questa, sempre seguita dall’Alfetta, dopo aver superato l’intrusa, si è riaccodata alla Fiat 128, dietro alla quale un superiore del maresciallo CC Oreste Leonardi ordinò di accodarsi. Non c’è altra spiegazione plausibile: un Giuda ha ordinato al maresciallo CC Leonardi di seguire i suoi sicari. C’è un traditore nello Stato ad alto livello. Questo è il movente della disinformazione.
La strana coincidenza è nella distrazione del Bellocchio, il quale omette di collocare nella sua sceneggiatura l’Austin Blu che si può vedere in Fig. 3, che come tutti oramai sanno, aveva preso il posto abitualmente occupato dal furgone del fioraio Antonio Spiriticchio, al quale tagliarono tutt’e quattro le gomme la notte precedente l’agguato. Ebbene, la Fiat 128, fermandosi un po’ più in là dell’incrocio, costrinse la Fiat 130 ad arrestarsi accanto all’Austin azzurra (Fig.3), sulla quale c’era un sicario sovietico, come spiego nel libro. Capito che razza di distrazione ha colto casualmente il Bellocchio?
La RAI fa disinformazione anche nella serie “Il Nostro Generale”, nella quale l’agguato di via Mario Fani inizia col tamponamento di A su B a velocità ben superiore ai 10 km/h, con stridio di gomme delle quali non vi fu traccia sull’asfalto di via Mario Fani. Arduo ma obbligatorio credere a una coincidenza; è tuttavia superfluo per ora discuterne. Appare più importante analizzare la voce ufficiale dello Stato italiano, su questa vicenda. Ancora una volta c’è una nota stonata.
La polizia scientifica davanti alla commissione Fioroni: «L’attività di sopralluogo effettuata ha consentito di verificare le discrete condizioni esterne con ancora visibili la deformazione del paraurti posteriore e del fanale anteriore.»[5]. Tale proposizione è afflitta da pericolosa ambiguità, laddove afferma:
«con ancora visibili la deformazione del paraurti posteriore e del fanale anteriore»
“Ancora visibili” introduce un complemento di tempo continuato indeterminato, riportando l’origine di un’azione (deformazione del fanale anteriore) al medesimo tempo di un’altra del tutto distinta (deformazione del paraurti posteriore della Fiat 130), quella sì certamente avvenuta il 16 Marzo 1978 in via Mario Fani, tamponata lievemente e inerzialmente dall’Alfetta, la seconda auto di scorta che seguiva.
L’osservazione del frontale della Fiat 130 restringe il lessico «ancora visibili» su un segmento fra l’eccesso di zelo e l’incidente linguistico del Viminale. Vediamo la figura 5.
Il Viminale assevera la deformazione del fanale anteriore sinistro (indicato in figura con la freccia 6). Tale deformazione effettivamente c’è, ignorando tuttavia ulteriori cinque deformazioni, sia pure lievi. In realtà chi scrisse la relazione doveva elencare tutte le 6 puntiformi deformazioni oppure nessuna. Vista la posizione finale della Fiat 130 (vds. Fig. 1 e Fig. 3), è lecito attendersi una deformazione sulla estremità anteriore sinistra del paraurti di A, quanto meno un’abrasione là dove la freccia “O” indica tale punto in Fig. 5.
In realtà non c’è la minima traccia di tale contatto in quel punto. Chi ha scritto la relazione ha annotato solo la deformazione 6 (del fanale anteriore sinistro), tralasciando di puntualizzare che essa e le rimanenti lesioni da 1 a 5 non sono compatibili con un tamponamento che abbia lasciato la Fiat 130 nella posizione che abbiamo constatato e nessun segno corrispondente sulla Fiat 128.
In conclusione il Viminale assevera, sia pure indirettamente la falsa sceneggiatura della serie RAI “Il Nostro Generale”[6], la falsa sceneggiatura del Bellocchio, il falso del Morucci, i quali invece assicurano sia avvenuto il tamponamento del veicolo A su B, anche a velocità rilevante secondo il Bellocchio.
Sono numerosi sul web a sostenere il falso tamponamento[7]. Difficile dire quanti di costoro lo facciano per semplicioneria e quanti per coprire l’inganno della Fiat 130 in convoglio con la Fiat 128 (un convoglio formatosi su ordine di un’alta autorità, il Giuda che tradì la scorta obbligandola a passare da via Mario Fani), per entrare nella trappola mortale di via Mario Fani.
Non ci fu tamponamento quindi, anzi è più corretto dire che allo stato dei fatti e delle evidenze fotografiche non si può supporre un contatto (sia pure a velocità moderata o lentissima, pure inferiore a 10 km/h) fra le due auto. La massa di 1.700 chilogrammi del veicolo A avrebbe lasciato tracce incontrovertibili.
L’analisi del tamponamento – impatto di cui non fanno parola gli inquirenti del 1978 e quelli del 2015 – si conclude qui: il tamponamento è inesistente e assurdo.
Le conclusioni già illustrate non possono essere confutate con ipotesi ma solo se si dimostra che l’energia cinetica di movimento del veicolo A, pesante 1.700 kg, alla velocità di 2,7 metri al secondo, è innocua e persino inferiore a quella di un serbatoio di acqua di una tonnellata che si muova alla velocità di un metro al secondo.
Questa dimostrazione non può dire che cosa sia effettivamente avvenuto in via Mario Fani, bensì che cosa non è certamente avvenuto, nel nostro caso non è avvenuto il tamponamento.
Per avere la certezza assoluta sulla dinamica degli eventi mentre la Fiat 130 percorre via Mario Fani e poi si arresta sull’incrocio con via Stresa, occorre ricostruire l’azione in poligono, anche al fine di sgomberare il campo da altre più pesanti ombre, determinando così che cosa davvero deve essere accaduto e che cosa è impossibile sia avvenuto. Lo si sarebbe dovuto fare il giorno dopo; lo si faccia dopo quasi mezzo secolo, piuttosto che continuare a prestare il fianco a ipotesi distorte, fuorvianti e in non pochi né trascurabili casi finalizzate all’inganno e al depistaggio.
Bibliografia essenziale
- Astrid Linder, Chalmers University of Technology “ACCELERATION PULSES AND CRASH SEVERITY IN LOW VELOCITY REAR IMPACTS – REAL WORLD DATA AND BARRIER TESTS”
- Joop P. Pauwelussen “Essentials of Vehicle Dynamics” by Elsevier Ltd.2015
- Nicolò Maffei “Tesi di Laurea Magistrale – La ricostruzione di incidenti di veicoli stradali: metodi, simulazione ed ausilio di nuove tecnologie” Politecnico di Torino 2018
- Raymond M. Brach and R. Matthew Brach “Vehicle Accident Analysis and Reconstruction Methods” SAE International 2011
[1] https://bit.ly/3CJTyXd
[2] https://bit.ly/3ZA8QHO
[3] https://bit.ly/3Wcbvod
[4] https://bit.ly/3GZsZQa https://bit.ly/3XpQffF https://bit.ly/3XuFjgI
[5] Cfr. n.3
[6] La stessa serie compie incorre in un altro falso quando fa vedere il rapimento del giudice Mario Sossi eseguito da tre BR, in realtà ne occorsero 18.
[7] Vds. per esempio una cronaca dell’Università Cusano https://bit.ly/3kgkJSU