Stratfor ha (ri)pubblicato un’analisi sull’ Ucraina, risalente a circa cinque anni fa. Sono stralci dal libro di George Friedman “The next 100 years”, del quale Stratfor pone a disposizione per libera consultazione alcuni capitoli. Vi si parla anche di Ucraina. L’autore, ascoltato consigliere di Obama, sostiene che gli Stati Uniti devono incendiare da Gibilterra all’Oceano Atlantico, se vogliono contrastare la Cina e arginare il ritorno della Russia sullo scacchiere strategico. Oggi questo documento spiega quanto accade in queste ore in Ucraina (leggi qui il testo in italiano e in inglese).
L’Ucraina e l’Europa dell’Est appaiono nel testo di Friedman come fossero Sud America, un giardino di casa degli Usa. Risulta dunque facile per Friedman affermare che la naturale influenza della Russia sia un pericolo. Difficile comprendere come la Russia possa spadroneggiare all’uso d’un tempo, senza un dominio militare e solo attraverso le relazioni economiche e commerciali. D’altro canto, nessuno può affermare che i tecnocrati della Ue o i banchieri di Manhattan regalino il benessere a quanti gli giungano a tiro. Non di meno per Friedman il pericolo per la pace è a Mosca. E’ un parere rispettabile, sebbene male argomentato, soprattutto ricorrendo a categorie geopolitiche – come quelle dei “confini” e, peggio ancora, degli “stati cuscinetto” – datate e persino grottesche nello sforzo malriuscito di dissimularne la strumentalità.
Le forniture di energia della Russia verso l’Ucraina e verso l’Europa non possono essere considerate destabilizzanti, come dà a intendere Friedman, in un mondo che fa del commercio il centro delle relazioni internazionali. Altra cosa è se un soggetto internazionale vuole impedire a un altro di commerciare, come pare evidente dalle preoccupazioni di Friedman.
Neppure si può negare oggi il principio di autodeterminazione, il grimaldello col quale ieri fu scassinata la nazionalità jugoslava e di gran parte della periferia dell’ex Urss. Questo grimaldello ora è misteriosamente scomparso dalla scena del delitto. La Crimea e la Russia, che vorrebbero applicarlo sono trattate da criminali, come neppure accadde ai trafficanti internazionali di droga, armi e prostitute del Kosovo, illustri alleati di Germania e USA.
Ancora una volta, un grande paese come gli Stati Uniti invece di invitare Russia, Cina e gli Emergenti a trovare un nuovo equilibrio, preferiscono applicare oggi all’Europa la ricetta che applicarono al Sud America, destabilizzazione e violenza..
Questo consentirà un giorno a Yulia Tymoshenko, la pasionaria ucraina che piace tanto a Georgy Soros, d’essere ricordata in un musical, come lo fu Evita Peron nella stucchevole canzone con la quale invita l’Argentina a non piangere per lei. A dire la verità, non ci pare che a Buenos Aires si vada oltre il folklore turistico nelle commemorazioni. Ancora più labile sarà la traccia che lascerà la treccia della Tymoshenko. Indelebile sarà invece il ricordo di questo Hussein Barak Obama, premio Nobel per la pace, che marcia a testa alta verso un conflitto incontrollabile. Gli Stati Uniti, grazie a costui, sono sempre più impegnati contro una quantità crescente di avversari e in un crescente numero di fronti. Una tragedia dalla quale non possono cavarsi con gli espedienti parastrategici di Friedman.
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