Osservate questa foto: Viminale e BR dicono che la Fiat 130 (che avrebbe trasportato il presidente Aldo Moro) tamponò la Fiat 128 condotta da tale Morucci Mario. Perché Istituzioni e BR mentono in coro? Aldo Moro non fu a via Fani il 16 Marzo 1978. Aldo Moro fu torturato, ha patito la tortura. Sono, questi, gli ultimi punti fermi dell’inchiesta sulle “raffiche di bugie a via Fani”. Le raffiche sono incessanti.
GUARDA QUESTO VIDEO https://youtu.be/2vzy4-yvHhs
Il 23 Maggio ribadii l’assenza di Aldo Moro in via Fani il giorno della strage [vedi https://bit.ly/3yoxu2t]. Quattordici giorni prima, il 9 Maggio, depositai (mediante PEC) un esposto [vedi https://bit.ly/3OgXN02] presso la Procura della Repubblica di Roma, dando conto di 4 anagrammi nella prima lettera del 29 Marzo a Francesco Cossiga, partendo dal lemma “sopratutto”, scritto con una sola “t”.
A questo indirizzo https://bit.ly/3HSgK6U è possibile leggere la lettera di Aldo Moro a Cossiga, nella quale sono le frasi anagrammate, a partire dalla parola “sopratutto” (FIGURA 1).
Aldo Moro usò “sopratutto” in altre due lettere, per la Signora Moro e per Benigno Zaccagnini. Se al “sopratutto” in queste due ulteriori lettere non corrispondessero altrettanti anagrammi, quanti, già ostili ad accettare i primi (FIGURA 1), potrebbero asserire una mia forzatura voler partire da “sopratutto”. Costoro aggiungerebbero inoltre che gli anagrammi sono solo un risultato casuale di tale forzatura.
Nell’ esposto https://bit.ly/3OgXN02 alla Procura della Repubblica di Roma abbiamo spiegato il metodo scientifico: 1) per individuare univocamente le frasi da anagrammare, ben distinte fra centinaia di frasi delle lettere di Aldo Moro; 2) perché gli anagrammi non possono “matematicamente” essere differenti da quelli qui individuati.
Gli ostili agli anagrammi (ostili per una quantità di cause, dalla politica maligna all’ignoranza) s’aggrapperebbero al “sopratutto” presente in un’altra lettera che non fosse parte d’un anagramma. D’altronde Aldo Moro correttamente scrisse pure “soprattutto” (in altre numerose lettere dal carcere) con due “t” centrali. Diventerebbe quindi facile sostenere l’uso indifferente di una o due “t” da parte di Aldo Moro.
Lo Statista – oltre che nella lettera a Cossiga (FIGURA 1) – ha usato solo due altre volte la parola “sopratutto”, con una sola “t”, come ho detto prima, in una lettera alla Signora Moro e in una a Benigno Zaccagnini.
Ebbene, gli scettici si mettano l’animo in pace, anche queste due lettere in corrispondenza del lemma “sopratutto” recano altri anagrammi, coerenti con i precedenti quattro in FIGURA 1; anagrammi nuovi e ricchi di sorprese.
Conseguenza: “sopratutto” è univocamente determinato quale sorgente di anagrammi nelle lettere di Aldo Moro; i nuovi anagrammi si interconnettono fra loro e ai precedenti con un logico e infrangibile legame.
Terroristi Sgrammaticati
Non basta. Aldo Moro scelse proprio quell’errore e non altri per un preciso motivo. Dal 16 al 29 marzo, quando Aldo Moro invia la lettera a Cossiga con gli anagrammi, lo Statista ha avuto 13 giorni e 13 notti per guardarsi intorno, studiare il nemico e fare proprie osservazioni. Torniamo alla FIGURA 1. Il primo anagramma ci dice “dove”. Il secondo anagramma fornisce maggiori dettagli al “dove”. Il terzo anagramma dice “come” è arrivato lì, “preso con elicottero”, non sa per mano di “chi” (no volti noti) e infine dice di interrogatori già iniziati, “ho dato un minimo”, cioè ha dato risposte alle domande postegli durante gli interrogatori.
Mentre questo avviene in quei tredici giorni, Aldo Moro trova un aiuto nei delinquenti che sbobinano i nastri degli interrogatori[1].
L’allegato 2 alla relazione della minoranza della “prima commissione Moro” contiene quanto è rimasto delle sbobinature nel “testo del memoriale moro trovato dai carabinieri in via montenevoso n. 8 a milano”.
Il lettore che possa, lo apra col programma Adobe Acrobat, con la funzione “trova”, nella finestra “modifica”, come in FIGURA 2.
Come si vede, qui “sopratutto” appare, così com’è presente in altre pagine. Ve n’è innumerevoli anche con due “t”.
Aldo Moro, notato l’uso di “sopratutto” con una t oppure con due “t”, da parte del carceriere, approfitta quindi dell’errore, certo che non verrà censurato, scrivendo “sopratutto”. E fa centro. Tre lettere contenenti “sopratutto” arrivano ai destinatari.
Conclusione. “Sopratutto” univocamente si determina quale parola chiave per individuare gli anagrammi nelle lettere di Aldo Moro. Lo è per tre ragioni concatenate: 1) Gli anagrammi in corrispondenza di ogni “sopratutto” ci sono effettivamente; 2) i carcerieri, adottando a loro volta la parola “sopratutto”, non hanno motivo di insospettirsi; 3) non vi sono infine anagrammi in corrispondenza di “soprattutto”, scritto con due “t”.
Lettera Non Recapitata
Facciamo un passo indietro. La caccia all’«assenza di Aldo Moro in via Fani» partì a marzo del 2020, dopo aver riletto la lettera alla moglie, alla «carissima Noretta», scritta nel giorno di Pasqua, il 26 Marzo 1978. Lettera non recapitata. Fu ritrovata nel covo di via Montenevoso a Milano.
È indispensabile tener conto delle tossine, sparse a partire dalle 10.10 del 16 Marzo 1978, quando tale Morucci Valerio telefonò all’ANSA per rivendicare la strage alle BR. La valanga di falsità dai BR, dalla stampa e dalle Istituzioni è incessante dal 16 Marzo 1978, costruendo una contro-verità alterata, impossibile da smantellare rapidamente.
Fra tante tossine, spicca la mancata consegna della lettera del 26 Marzo 1978. La lettera è accorata, intensa, pagine prigioniere, mai consegnate alla «carissima Noretta» nonostante ricorra la Pasqua. Perché tale crudeltà?
Dev’esserci un motivo. Una persona equilibrata, quantunque carceriere, non è sadica. D’altronde non s’affida a un sadico la custodia d’un personaggio di quel livello. Ebbi sentore di qualcosa d’inspiegato nella crudeltà del censore. Rilessi più volte la lettera (FIGURA 3), dandomi infine dello stupido. Il cattedratico di diritto processuale penale – se fosse davvero stato a via Fani – non avrebbe scritto una tale sciocchezza (grassetto aggiunto):
«Sempre tramite Rana, bisognerebbe cercare di raccogliere 5 borse che erano in macchina. Niente di politico, ma tutte le attività correnti, rimaste a giacere nel corso della crisi. C’erano anche vari indumenti da viaggio».
Quale fosse il regime di custodia delle borse, lo dice la signora Eleonora Moro (grassetto aggiunto): «Contenevano, la prima, medicinali. Infatti, da molti anni, avendo sempre molto viaggiato, aveva l’abitudine di portarsi dietro questa valigetta di pronto soccorso che, ogni tanto, serviva a togliere dai guai qualcuno che si sentiva male; ricordo che ben due volte, durante la sua vita parlamentare, venne usata alla Camera per aiutare qualcuno che si era sentito male in Aula. Lui si portava sempre dietro questa borsa. La seconda borsa era quella dei suoi documenti personali, i suoi occhiali, i denari, le chiavi di casa, tutte quelle cose che riteneva riservate e che si portava sempre dietro: se scendeva dalla macchina questa borsa scendeva con lui, se veniva a casa se la portava su, se andava in ufficio se la portava in ufficio ecc. Le altre tre borse contenevano giornali e, in quel momento, tesi di laurea, nonché le cose che stava scrivendo».
Se Aldo Moro, il cattedratico di procedura penale, fosse stato a via Fani, il professore avrebbe avuto (ed ebbe certamente) cognizione dell’impossibilità di “raccogliere 5 borse”, per mano di Nicola Rana, il suo segretario. Le 5 borse erano sequestrate dal magistrato o dai BR. Tertium non datur.
Aldo Moro si distaccò dalle cinque borse, ce lo dice lui stesso. Aldo Moro non sa quindi nulla di via Fani. Egli intuisce, non conosce la verità, avverte il fetore tombale dietro il distacco dalle 5 borse e dagli uomini della scorta, essi soli in viaggio con le borse. È il cervello d’un genio, intuisce lo iato fra lui e la realtà, fra lui e le cinque borse.
Le borse sono quindi andate da una parte con la Fiat 130, invece Aldo Moro è andato in un’altra direzione. Perché? Come? Per mano di chi? Non un inquirente se lo chiese.
BR, Istituzioni e stampa certificano Aldo Moro glaciale spettatore della strage della sua scorta a via Fani, dal primo all’ultimo secondo. Dopo, secondo i medesimi analisti, Aldo Moro è cinicamente indifferente al ricordo dei 5 massacrati. Se questo fosse vero come avrebbe potuto supporre che Nicola Rana potesse “raccogliere 5 borse”?
Abbiamo d’altronde la “prova diabolica” del movente censorio sulla lettera mai consegnata alla Signora Moro, quella del 26 Marzo.
La lettera del 26 marzo non parte. Tre giorni dopo, il 29 Marzo, Aldo Moro scrive proprio a Nicola Rana (FIGURA 4). La lettera è regolarmente recapitata. In essa non v’è il minimo cenno alle borse da recuperare.
Tre giorni prima chiede alla moglie di incaricare Rana di “raccogliere 5 borse che erano in macchina” e la lettera non parte. Tre giorni dopo scrive a Rana senza fare cenno alle borse da recuperare. Questa lettera arriva puntualmente.
L’invito a “raccogliere 5 borse che erano in macchina” è quindi la causa della censura alla lettera del 26 marzo.
In conclusione, egli dice di sé attraverso la borsa da cui non si separava mai e le altre quattro che furono con essa: «Io non sono con le mie borse. Delle borse non so nulla, così come ignoro la sorte della scorta; intuisco che altri stiano soffrendo ma non so nulla».
Trenta righe prima Aldo Moro scrisse proprio così nella stessa lettera mai arrivata alla moglie: «Intuisco che altri sono nel dolore. Intuisco, ma non voglio spingermi oltre sulla via della disperazione». “Intuisco”: è evidente che egli immagina ma non ha assistito; non riferisce quanto ha visto ma quanto ha intuito. Le borse sommate all’ «intuizione» sono abbastanza affinché il carceriere blocchi la lettera.
La consorteria impegnata a disinformare colse il vantaggio derivatole dalla mancata consegna della lettera alla Signora Moro. Quando la lettera affiorò anni dopo nella melma di via Montenevoso, i disinformatori avevano già fatto il loro lavoro nel corso dei 55Giorni: «Lo vedete? È un cinico. Non una parola di pietà per la scorta! Crucifige!» e poi liberarono i barabba.
Altri Due Anagrammi
L’assenza di Aldo Moro a via Fani poggia quindi su basi autonome e ben solide, non necessita degli anagrammi ben prima del 9 Maggio 2022, quando compilai l’esposto e misi a parte il procuratore Francesco Lo Voi, sia di quanto scaturiva dalla lettera alla Signora Moro sia dagli anagrammai, i primi quattro.
Aldo Moro, come si è detto più volte, usò il lemma “sopratutto” nella lettera del 20 Aprile per Benigno Zaccagnini, recapitata il giorno stesso a Don Antonello Mennini e resa pubblica il 23.
In questa c’è la seguente frase: «Ricordi la mia fortissima resistenza sopratutto per le ragioni di famiglia a tutti note. Poi mi piegai, come sempre, alla volontà del Partito».
Nella precedente lettera alla moglie, del 7 Aprile, Aldo Moro scrive: «La faccia è salva, ma domani gli onesti piangeranno per il crimine compiuto e sopratutto i democristiani».
Ricostruito l’anagramma nella lettera a Zaccagnini, affiorano due frasi:
Prima frase originale: «Ricordi la mia fortissima resistenza sopratutto per le ragioni di famiglia a tutti note»
Primo anagramma: «costole rotte tortura milza sfinito spia sismi punita arma radiotelegrafa i dirigenti»
Seconda frase originale: «Poi mi piegai come sempre alla volontà del partito»
Secondo anagramma: «preda ipnosi mi tempra moto epigeo località valle»
I primi 4 anagrammi partono dalla parola “sopratutto”. Anche questi sono centrati sulla stessa parola “sopratutto” nella lettera a Zaccagnini.
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In quanto alla seconda lettera, quella alla Signora Moro, non è il caso per ora d’avventurarmi negli anagrammi. Il motivo lo spiegherò solo al procuratore Francesco Lo Voi.
Tortura e Depistaggio
I malpensanti siano liberi di credere che quest’ultimi anagrammi non esistono. Questo non toglie nulla al legame logico e indistruttibile fra i primi quattro (FIGURA 1) e quest’ultimi due.
Il significato di questi anagrammi è ancor più drammatico dei precedenti.
1) Sono sfinito dalla tortura sulla milza perché mi hanno rotto le costole; c’è una spia del SISMI (già punito, dai/dei Carabinieri?) che radiotelegrafa ai dirigenti (del SISMI?)
Mi ipnotizzano, mi giovano passeggiate all’aperto (moto epigeo) in un luogo (valle) più in basso (di quello dove dimoro).
Aldo Moro torturato e sfinito. Le costole rotte sono un dato di fatto accertato nel corso dell’autopsia. Questo scempio è ignorato in tutte le relazioni, anche quelle di minoranza.
Neppure Leonardo Sciascia vi fa cenno nella propria relazione. È un dato di fatto davvero strano perché egli è altrimenti acuto e attento osservatore d’ogni pur minima vicenda di Aldo Moro. V’è altro, ben documentato, lo sveleremo al magistrato.
È strano tuttavia che quel documento sia rimasto sepolto negli archivi parlamentari, depistando i commissari e le relazioni di maggioranza e minoranza. Salvo un nostro errore, neppure i tribunali e le procure sono finora stati interessati da questo referto.
Nessuno si chiede come sia possibile che quattro costole rotte, palesemente in tempi diversi, perché oggettivamente diversi sono i tempi di calcificazione, non abbiano indotto fin dal primo esame autoptico a esplorare quelle fratture con più attenzione, come almeno si sarebbe fatto con una mummia egiziana.
Come è stato possibile con quattro costole fratturate sul fianco sinistro che Aldo Moro si sia adagiato proprio su quel fianco per farsi sparare. I dolori lancinanti e insopportabili mai gli avrebbero consentito una tale posizione prima che gli sparassero.
Si vuole consegnare la verità su Aldo Moro al silenzio dei futuri millenni, quando i documenti oggi segretati da Giuseppe Fioroni sveleranno la verità? Eppure almeno su questo punto, sulle fratture, le moderne tecniche di indagine potrebbero raccontarci almeno i tempi che dividono le cause delle fratture di due costole quasi guarite dalle rimanenti fratturate più di recente. C’è una verità da tenere ad ogni costo seppellita? Aldo Moro è stato torturato e i suoi aguzzini sono in libertà.
Copia di questo articolo, quando i lettori lo avranno letto, sarà già stata inviata via PEC al Procuratore di Roma, Francesco Lo Voi.
ALDO MORO TORTURATO DA CRIMINALI OGGI IN LIBERTA’
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[1] L’allegato 1 alla relazione della minoranza della “prima commissione Moro” raccoglie le copie dei dattiloscritti del memoriale dello Statista. Qualcuno (Aldo Moro?) sigla l’autenticità delle pagine.
Questo allegato è nel Doc. XXIII n. 5 volume secondo, rubricato “Relazioni di Minoranza Della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla Strage di Via Fani sul Sequestro e l’assassinio di Aldo Moro e sul Terrorismo in Italia” (Legge 23 novembre 1979, n. 597). Il documento è a questo indirizzo https://bit.ly/3yoHjxf dell’archivio di Gero Grassi. Esso contiene le relazioni di minoranza titolate a : 1) Covatta, Martelli, Barsacchi e Della Briotta; 2) Franchi e Marchio; 3) Sciascia; 4) Sterpa; 5) La Valle.
Il lettore perdoni tanta pedanteria. Sarà necessaria per stringere il cappio intorno al collo di (per ora) ignoti delinquenti, imbroglioni, depistatori delle commissioni parlamentari d’inchiesta e della Giustizia.
L’allegato 1 di tale documento reca la copia di tutte le lettere di Aldo Moro mentre era prigioniero.
Torneremo su questo Allegato 1. Per ora concentriamo la nostra attenzione sull’Allegato 2.
Fui il primo a mettere le mani sulla perizia autoptica e foto relative. Facevo l’inviato speciale all’Europeo e rimasi sbalordito (e lo sono tuttora) di come un particolare clamoroso come le costole fratturate venisse puntualmente ignorato dalla magistratura, dagli imputati, dalla stampa, dalle commissioni, dalle sentenze. E quell’edizione del settimanale con la foto di Moro morto – assolutamente inedita, come le altre – fu immediatamente sequestrata nelle edicole e nessuna l’ha più commentata o parzialmente ripresa.
Ecco, vorrei confrontarmi con lei su questi a altri particolari molto strani della vicenda.
Sulle ricorrenze del termine «sopratutto» nella prima parte del «Memoriale» di Aldo Moro
Il testo dell’«Edizione critica» del «Memoriale di Aldo Moro 1978» (Direzione generali archivi e De Luca editori d’arte, 2019) è stato suddiviso dai curatori in sette parti. La prima parte, che è stata intitolata «I primi scritti», comprende le prime cinque sezioni (delle 42 complessive) in cui è stato frazionato il testo. Questa prima parte è datata «ante 25 marzo – 2 aprile [1978]», pertanto – secondo la sequenza cronologica proposta dall’edizione critica – alcune delle cinque sezioni sono state scritte da Aldo Moro prima della lettera a Cossiga, resa nota il 29 marzo 1978.
In queste cinque sezioni la parola «sopratutto» (con tre “t”) ricorre cinque volte:
• nella sezione 2 (pp. 203-205), in questa frase: «Noi, con non piccolo rischio di frizione con il potente Alleato, negammo, sopratutto in vista di un mancato preavvertimento e di un’adeguata spiegazione di ragioni e finalità, che quella potesse essere considerata una crisi Nato e suscettibile perciò di dibattito e d’indirizzo in quella sede.» (p. 205).
Con le parole «il potente Alleato», Moro si riferiva agli Stati Uniti e il contesto della frase rimanda alla guerra del Kippur (ottobre 1973);
• nella sezione 3 (pp. 208-211), in queste due frasi:
– «Gli dissi sinceramente le mie esitazioni, per il paese sopratutto, per il dissesto che minacciava di derivarne.» (p. 209).
La persona alla quale si riferiva Moro era Giuseppe Grassi (1883-1950) che fu ministro di Grazia e Giustizia nel quarto e quinto governo De Gasperi (maggio 1947 – gennaio 1950).
– «Il risultato fu deludente (una batosta politica), colpì fortemente De Gasperi del resto declinante sul piano fisico, favorì un avvicendamento di generazioni con Fanfani, ma non poté sopratutto evitare il logoramento della formula politica, i rapporti non più fiduciosi e costruttivi, tra i Partners della coalizione centrista, che dopo una sosta non certo fortificante, continuarono con diversi leaders, ma sempre più stancamente, sempre più di malavoglia, con sempre maggiori disunioni e mancanza di obiettivi veramente comuni.» (p. 210).
Il contesto al quale si riferiva Moro è quello della cosiddetta “legge truffa” e delle elezioni politiche del 1953;
• nella sezione 4 (pp. 214-215), in questa frase: «Si pensò in parecchi, ma lo pensò ovviamente sopratutto l’On. Moro, che una compagine ministeriale, arricchita da questo uomo nuovo e di prestigio (era quello che veniva subito in evidenza) avrebbe avuto maggior peso, consentito un miglior lavoro, reso più agevole l’azione di gruppi parlamentari diversi, dai cui malintesi e dai cui arroccamenti sogliono derivare difficoltà per l’attuazione dei programmi di governo.» (p. 214).
Con le parole «questo uomo nuovo», Moro si riferiva all’economista Beniamino Andreatta (1928-2007).
• nella sezione 5 (pp. 221-233), in questa frase: «Chi oserebbe, proprio in menti come questi, fare sfoggio di autonomia, riservarsi una posizione, articolare un dibattito come tanti ve ne sono stati, sempre ricchi e sopratutto vari nel Parlamento italiano?» (p. 224).
Il contesto al quale si riferiva Moro era la posizione rigida – contraria ad aprire una trattativa con le Br per la sua liberazione – assunta dal Pci e dalla Dc, ossia dal fronte della “fermezza”.
Non vi sono ricorrenze del termine «soprattutto» in queste prime cinque sezioni.
Nei «Criteri di edizione” (pp. 189-192), i curatori Michele Di Sivo e Stefano Twardzik precisano: «Ci si è attenuti all’“usus scribendi” di Moro nel mancato raddoppiamento fonosintattico di “soprattutto”, “cosidetto”, “contradittore” […]» (p. 190).
Riferimenti bibliografici e link ai pdf della documentazione rinvenuta in via Montenevoso 8 a Milano nel 1978 e nel 1990
• «Il memoriale di Aldo Moro. 1978. Edizione critica», coordinamento di Michele Di Sivo, a cura di Francesco M. Biscione, Michele Di Sivo, Sergio Flamigni, Miguel Gotor, Ilaria Moroni, Antonella Padova, Stefano Twardzik, Direzione generali Archivi; De Luca Editori d’Arte, Roma 2019, 598 pp.
• Appendice Documentaria online all’edizione critica del «Memoriale»
– Il Primo Nucleo Documentario (http://bit.ly/2t0lk0S), costituito dai 239 fogli dell’antigrafo, ovvero le fotocopie originali del Memoriale, reintegrati di uno dei quattro campioni estratti nel 1990 dal Servizio di Polizia scientifica della Procura della Repubblica di Roma. Sono secondo la sequenza dell’edizione a stampa (numero del testo e del foglio, pp. 195-456), in modo da rendere immediato il confronto tra l’edizione stessa e l’immagine. Le riproduzioni possono inoltre essere individuate a partire dalla Tavola di raffronto n. 2 nel volume a stampa (pp. 545-553).
– Il Secondo Nucleo Documentario (http://bit.ly/2HEBuAL), costituito dai 239 fogli del Memoriale riprodotti in fotocopia dalla Procura della Repubblica di Roma, anch’essi secondo la sequenza dei testi dell’edizione e relativi alla Tavola di raffronto n. 3 nel volume a stampa (pp. 554-562); rappresentano il testo integro, quindi prima dell’estrazione dei campioni dagli originali da parte del Servizio di Polizia scientifica.
– Il Terzo Nucleo Documentario (https://bit.ly/33vxWvp) è costituito dai 421 fogli dell’intero corpus (lettere e Memoriale) riprodotti in fotocopia dalla Procura della Repubblica di Roma, ma indicati con il numero dell’ordinamento dell’Archivio di Stato di Roma. La relativa tavola di raffronto è la n. 1 nel volume a stampa (pp. 529-544).
– Il Quarto Nucleo Documentario (https://bit.ly/2WhFyyf) è costituito da 49 fogli dattiloscritti dalle Brigate Rosse ritrovati nel 1978 e relativi al solo Memoriale. Il numero del dattiloscritto è riportato nelle tavole di raffronto nn. 2-5 nel volume a stampa e la tavola di riferimento per questa Appendice è specificamente la n. 2* nel volume a stampa (pp. 545-553).
Grazie, grazie davvero per questo importantissimo contributo analitico che valorizzerò al meglio. Grazie.
Alcune considerazioni sulla cronologia del testo riprodotto nella FIGURA 2
La FIGURA 2 – mostrata nel testo dell’articolo – riproduce 21 delle 43 righe della pagina 126 del volume 2 (1983) degli atti della Commissione Moro-1; volume che riproduce le cinque Relazioni di minoranza. La pagina 126 fa parte della Relazione del deputato Franco Franchi e del senatore Michele Marchio del gruppo parlamentare del MSI-DN; si tratta precisamente dell’Allegato 2 (“Memoriale di Aldo Moro”), o meglio del “Testo del Memoriale Moro trovato dai carabinieri in via Montenevoso n. 8 a Milano” (pp. 125-175).
Nel testo dell’articolo si sostiene che quel testo dattiloscritto del Memoriale di Moro sarebbe «quanto è rimasto delle sbobinature» degli interrogatori di Moro effettuati dai carcerieri brigatisti e che questi interrogatori si sarebbero svolti nei «tredici giorni» precedenti la diffusione della prima lettera di Moro al ministro dell’Interno Francesco Cossiga, avvenuta il 29 marzo 1978.
Ma dalla consultazione dell’«Edizione critica» de «Il Memoriale di Aldo Moro 1978» (pubblicato nell’ottobre 2019 dalla Direzione generali archivi e De Luca editori d’arte) si desume una diversa cronologia.
Prima di entrare nei dettagli cronologici, è utile ricordare l’importanza della citata edizione critica del Memoriale, che ha – in particolare – due grandi pregi:
1) è basata sulla consultazione diretta del “reperto” originale trovato in via Montenevoso 8 a Milano, dopo il secondo rinvenimento dell’ottobre 1990, quando vennero ritrovate le fotocopie dei manoscritti di Moro riguardanti il suddetto Memoriale e parte delle fotocopie dei manoscritti delle lettere stilate da Moro stesso durante la prigionia (le precedenti edizioni del Memoriale, quelle curate da Francesco Biscione nel 1993 e da Sergio Flamigni nel 1997 si basavano infatti su fotocopie di fotocopie del “reperto” originale);
2) propone un’edizione del testo ordinata cronologicamente, ossia secondo la sequenza di stesura del testo da parte di Moro. Nell’edizione critica il testo del Memoriale è stato suddiviso in 42 sezioni, raggruppate in sette parti (si veda l’indice generale alle pp. 492-493).
Questa ragguardevole impresa editoriale – uno dei più importanti contributi nell’ambito degli studi sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro – è stata coordinata da Michele Di Sivo (all’epoca vicedirettore dell’Archivio di Stato di Roma) con la collaborazione di Stefano Twardzik (archivista dell’Università di Milano), cui va il merito di aver reperito materialmente il “reperto” originale e di Antonella Padova (grafologa giudiziaria del Tribunale di Roma).
Ebbene il testo dattiloscritto della FIGURA 2 si trova pubblicato alle pp. 336-339 della sopracitata edizione critica e fa parte della sezione alla quale è stato assegnato il numero 22 [compreso nella parte V, dal titolo «Dopo la condanna. I sedici temi (22 aprile – 2 maggio)»]. La frase dattiloscritta della FIGURA 2 «Risulta invece, mi pare sopratutto dopo la strage di Brescia, …» si trova alla p. 337 dell’edizione critica. Fa parte della risposta al «tema 2» riguardante la Democrazia cristiana e la strategia della tensione e – secondo i curatori – è stato scritto dopo il 22 aprile 1978, non nei tredici giorni precedenti il 29 marzo, quando fu diffusa la prima lettera di Moro a Cossiga.
Una precisazione finale: il link https://bit.ly/3yoHjxf rimanda in realtà alla sola Relazione di minoranza di Leonardo Sciascia. Il link alla Relazione di minoranza del gruppo parlamentare del MSI-DN è la seguente:
https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD6/3-RELAZIONE%20DI%20MINORANZA%20FRANCHI%20E%20MARCHIO.pdf
Grazie davvero per queste preziose precisazioni, di stampo professionale
Ma poi furono proprio le Brigate Rosse ad ucciderlo oppure questi erano soltanto i sicari ed i mandanti rimarranno senza un nome. É il dubbio che mi assale ogni volta che penso a quest’Uomo buono e colto come lo definì il suo amico e Papà Montini, Paolo VI.
Papa Montini non si dimostrò alla prova dei fatti tanto amico di Aldo Moro e ancor meno coraggioso