Italiani onesti e militari onesti, solo a loro il nostro augurio di Buon 2015 ma nessuno pensi che la nazione possa rigenerarsi se non si comincia a fare pulizia proprio fra i militari.
La necessità di pulizia non è conseguenza d’una particolare ingravescenza della corruzione fra i militari, i quali anzi – insieme alla magistratura – sono tuttora la parte più sana d’uno Stato altrimenti marcio. Questa necessità è tuttavia pressante perché senza una profonda e accurata pulizia dei ranghi militari, l’infezione corruttiva dilagherà più inarrestabile che mai. Inutile e sbagliato dunque rimestare la retorica delle “mele marce” che “sono poche mentre il resto del cesto è sano“. No. Bisogna appurare bene quanto sia estesa l’infezione e dove minaccia di dilagare. Quante siano le mele marce – certamente poche, ma bisogna individuarle tutte – lo si vedrà al termine della pulizia, con la quale non si deve esitare a dare di ramazza anche ai piani più alti. Solo così l’etica militare si salva.
In questi giorni le cronache offrono un esempio della penetrazione del malcostume nelle basi militari, imitando una pratica diffusissima nell’amministrazione dello Stato: il dirigente, quando non è lui il corruttore in prima linea, lascia che i suoi sottoposti che abbiano relazioni coi fornitori, malversino frodando lo Stato.
Il furto, in qualsiasi amministrazione dello Stato, per andare a buon fine, esige che vi siano connivenze in alto, in basso, davanti, dietro, a destra e a sinistra; si deve cioè realizzare una sfera di protezioni intorno ai ladri veri e propri. Questa sfera può essere fatta di complicità, come di omertà, malvagità e idiozia.
Nel 1997 denunciai alla magistratura ordinaria di Treviso un grosso comando logistico dell’esercito. La responsabilità era d’un alto generale, incapace e tronfio, stupido, tuttavia protetto dal sistema che preferì aggredire i pesci piccoli. Questi giochi non sono più tollerabili. Di fronte a un furto colossale come 7milioni di euro, protrattosi per mesi, senza che il sistema di controllo dello stato maggiore della Marina Militare lo abbia individuato e fermato, è obbligatorio un provvedimento immediato: l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi deve essere allontanato dal suo ufficio insieme ai dirigenti responsabili della catena logistica. Questo non significa che egli abbia responsabilità dirette nella ruberia, ma sino a prova contraria è stato carente verso il suo dovere di vigilare. L’inchiesta della magistratura ordinaria deve quindi poter proseguire senza ombre, tanto meno sospetti di interferenze, per conseguire l’obiettivo di offrire al contribuente la certezza che il suo interesse è stato difeso prima di quello degli alti dirigenti coinvolti, a loro insaputa o meno. Solo così il contribuente può riconciliarsi con lo Stato.
Non dimentichiamo che gli aumenti in busta paga al personale militare, proprio quello che guadagna poche centinaia di euro al mese, sono stati negati perché lo Stato dichiara di non avere i 12milioni di euro necessari, mentre ne rubano sette nel modo che sappiamo.
Il furto di sette milioni di euro di gasolio non si realizza in un istante come fosse un borseggio, bensì comporta una struttura di comando e controllo che concepisca, pianifichi e controlli lo sviluppo del crimine, esattamente come si fa durante una lunga esercitazione militare, intervenendo passo dopo passo, per dirigere tutti i partecipanti all’azione criminosa verso l’obiettivo prestabilito: in questo caso, trasformare 11mila tonnellate di gasolio in denaro contante da intascare in nero a spese del contribuente. Questa non è un’operazione restringibile a un colonnello, tanto meno a un maggiore e ai cinque marescialli che avrebbero contabilizzato carburante inesistente; occorre stabilire le responsabilità di quanti hanno dichiarato di aver collaudato la fornitura, consumato quel carburante, controllato le false contabilità, dopo che altri avevano realizzato appalti da vagliare. Quando tutta proprio tutta questa organizzazione sarà portata alla luce, solo allora il contribuente potrà essere soddisfatto. Fino a che non sia tutto chiarito devono essere allontanati quanti possano aver contribuito – direttamente o indirettamente – a determinare il crfimine, per colpa, per dolo, per incapacità o per altro, a cominciare dal vertice logistico dello stato maggiore della Marina Militare e dal suo diretto responsabile, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi. E, visto che ci siamo, qualcuno del vertice delle Forze Armate spieghi al contribuente come mai, nel 2014, coi computer e l’alta tecnologia disponibili, la contabilità del carburante e il controllo dei consumi sulle navi della marina militare si realizzano con sistemi da ante guerra mondiale. Perché?
Con questo, Buon 2015, molti auguri agli italiani e ai militari onesti.
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La questione pare caduta nel dimenticatoio, complice il Capodanno e gli idiotissimi, e spassosissimi se non fossero tragici, giochi delle tre tavolette in Consiglio dei Ministri ai quali stiamo assistendo in questi giorni. Insomma, la vicenda è proprio caduta nel dimenticatoio? Io fino ad oggi ho considerato le FF.AA. la parte migliore di una nazione avviata da troppo tempo verso una decadenza epocale, spirituale e di fiducia nel futuro prima che ancora che demografica: non vorrei ricredermi anche su quest’ultimo brandello della mia patria.