La speculazione sulla lira del 1992 arricchisce ancora oggi i burattinai. L’attacco alla nostra moneta peggiorò per le scelte di Bankitalia. Ciampi, allora governatore, bruciò 60.000 miliardi. La situazione si aggravò quando Amato varò una manovra da 90.000 miliardi per l’Europa.
Il 1991 si chiuse in Italia fra instabilità iniettate dall’esterno, lotte intestine fra i potentati e mille incertezze economiche. L’Italia si presentò così colonizzata e stordita, priva della capacità di intendere e volere, al suo più importante appuntamento internazionale, l’anno successivo, il 1992, evocato più che altro per le stragi di Capaci e via D’Amelio. L’evento più importante ad aprire il 1992 fu tuttavia il trattato di Maastricht, firmato dal governo italiano, presieduto da Giulio Andreotti, il 7 febbraio 1992.
[cryout-pullquote align=”left” textalign=”justify” width=”33%”]Quinto di otto articoli, pubblicato su La Verità il 22 Agosto 2018[/cryout-pullquote]
Non possiamo sapere se il politico democristiano contasse di temporeggiare sulla ratifica. Certo è che dopo Capaci, il 23 maggio, tutto cambiò e l’Italia fu governata da Giuliano Amato, che portò il trattato a ratifica il 29 ottobre; vedremo come e dopo in quali circostanze; vedremo quale fosse la capacità di discernimento dell’opinione pubblica e delle forze politiche. Dieci giorni dopo la firma del trattato, il 17 febbraio fu arrestato Mario Chiesa, sorvegliato da tempo e colto in flagrante mentre accettava una tangente di 7 milioni di lire dall’imprenditore Luca Magni.
Salvo Lima fu assassinato il 12 marzo 1992, a Palermo. Nelle stesse ore montò una speculazione senza precedenti contro la lira. Carlo Azeglio Ciampi, governatore di Bankitalia, invece di portare «come chiedeva il mercato» la parità sul marco da 750 a 1.000 lire, «resistette» per sei mesi.
La speculazione era diretta da George Soros, mediante due banche, la tedesca Deutsche bank e la statunitense Goldman Sachs, il cui consigliere italiano era Romano Prodi , il quale, entrando poi a Palazzo Chigi, avrebbe lasciato la poltrona bancaria a Mario Monti.
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Puntate precedenti
Come Siamo Diventati Schiavi della UE – Prima Parte
Come Siamo Diventati Schiavi della UE – Seconda Parte
Come Siamo Diventati Schiavi della UE – Terza Parte
Come Siamo Diventati Schiavi della UE – Quarta Parte
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Due picchi della speculazione si ebbero in corrispondenza del 23 maggio (Capaci) e del 19 luglio (via D’Amelio). La resistenza di Ciampi alla svalutazione fu pagata a carissimo prezzo dall’erario italiano. Ciampi bruciò 60.000 miliardi in oro, in pratica tutte le riserve dell’istituto centrale, acquistando lire, inutilmente. Per taluni non fu tuttavia così inutile. I bene informati, avendo la certezza che nei giorni successivi non ci sarebbe stata svalutazione della lira, scommisero sul marco in quei sei mesi, acquistandolo a 750 lire.
Bankitalia quindi, nell’estate ’92, vendette riserve aurifere per comprare lire per sostenerne il cambio col marco. Le banche italiane – alle dipendenze di Bankitalia che voltava la faccia da un’altra parte – prestavano lire ai propri buoni clienti per acquistare marchi, tenendo tali marchi come garanzia del prestito, lo stesso fecero nei riguardi degli esportatori che non portavano in Italia gli incassi. Il giochetto durò 3/4 mesi fino alla svalutazione, poiché, all’epoca, si poteva possedere monete straniere per un massimo di tre mesi, ma anche per non mangiarsi l’utile con gli interessi.
Smorzatasi la speculazione a fine settembre, dopo la svalutazione della lira, chi aveva acquistato marchi a 750 lire, se li vide apprezzare a 1.000 lire, col 25% di plusvalore. Otto anni dopo, ulteriore guadagno. Per un euro occorsero due marchi oppure 1.900 lire. Chi aveva acquistato marchi a 750 lire nell’estate del 1992, acquistò quindi l’euro a 1.500 lire. Un affare gigantesco a spese degli italiani. L’11 luglio 1992 Giuliano Amato prelevò forzosamente – con un decreto retroattivo al 9 luglio – il 6 per mille dai conti correnti bancari degli italiani. A settembre fu varata una manovra da 90.000 miliardi (da sommarsi ai 60.000 bruciati da Ciampi ) «per entrare in Europa».
Oggi la convertibilità del marco in euro è del tutto aperta e lo sarà in perpetuo. Gli speculatori del 1992 possono convertire con discrezione piccole somme senza dare nell’occhio. I risparmiatori italiani in lire invece hanno contro la Banca d’Italia.
Quando si giunse alla discussione in Parlamento del trattato di Maastricht, come abbiamo detto ratificato il 29 ottobre, il Paese era un pugile suonato, duramente colpito dagli eventi del 1991 e da quelli del 1992, con il Parlamento sotto la mannaia di Mani pulite. Mano a mano che il tempo trascorre, le stragi di Capaci e via D’Amelio assumono significati che era impossibile chiarire nella confusione dei primi istanti. Confusione peraltro aumentata da indagini a dir poco approssimative, com’è stato oramai certificato da una sentenza su via D’Amelio.
Un fatto è oramai chiaro: senza Capaci e via D’Amelio la governabilità dell’Italia sarebbe stata differente, l’attenzione alla speculazione devastante contro la lira – che, come abbiamo detto, ebbe picchi acuti proprio il 23 maggio e il 27 luglio – avrebbe ricevuto attenzioni diverse e più efficaci tanto dalla politica come dalla pubblica opinione.
Edward Luttwak in un celebre libro, pubblicato in Italia nel 1983, Strategia del Colpo di Stato osserva: «In alcuni casi, un colpo di Stato può essere impossibile a causa della natura e della portata del potere regionale, là dove sia tale da richiedere risorse superiori a quelle disponibili. Altrove, questo potere si limiterà a essere soltanto uno dei tanti ostacoli da sormontare». In Italia il potere regionale rosso in Emilia Romagna, Toscana e Umbria non poteva essere oggetto di facili compressioni. Il rimanente potere politico invece fu schiacciato pesante pesantemente.
Peter Semler, console statunitense a Milano, disse di essere stato avvertito dal pm Antonio Di Pietro nel novembre 1991 dell’imminenza degli arresti di Mani pulite e delle indagini su Bettino Craxi e la Dc. Reginald Bartholomew quando giunse in Italia da ambasciatore degli Stati Uniti troncò l’andazzo milanese: «Quella era la stagione di Mani pulite, un pool di magistrati di Milano che nell’intento di combattere la corruzione politica dilagante era andato ben oltre, violando sistematicamente i diritti di difesa degli imputati in maniera inaccettabile in una democrazia come l’Italia, a cui ogni americano si sente legato». Bartholomew fece venire nella sua residenza romana «il giudice della Corte suprema Antonino Scalia, sfruttando una sua visita in Italia, per fargli incontrare sette importanti giudici italiani e spingerli a confrontarsi con la violazione dei diritti di difesa da parte di Mani pulite».
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La mazzata dei pm che mandarono l’avviso di garanzia al Cav durante il G7
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Non fu sufficiente. L’8 luglio del 1994, il governo di Silvio Berlusconi ospita a Napoli il presidente Bill Clinton per partecipare al G7. In apertura dei lavori, Mani pulite recapitò al presidente del Consiglio un avviso di garanzia. Tanto zelo fu esecrato persino da Bartholomew. Tanto zelo è tuttora inspiegabile anche alla luce della strage del giorno precedente, nel porto algerino di Djen Djen, a bordo del mercantile Lucina, dove sette marinai italiani furono scannati come capre. L’attentato fu attribuito al Gia (Gruppo islamico armato) da molte fonti. Rimane non di meno su questa puntualissima strage, nonostante il tempo trascorso, un inconfondibile puzzo di servizi segreti.
Il trascorrere del tempo è come una telecamera che allarga il campo di vista, includendo mano a mano dettagli sfuggiti nei primi momenti. Oggi è ben chiaro che non pochi responsabili della catastrofe politico economica del 1992, inclini a pontificare, esigono ulteriori sacrifici, nonostante quelli ingiustificati e comunque inefficaci, imposti negli ultimi 26 anni. (5-continua – leggi qui) www.pierolaporta
il prossimo articolo sarà disponibile dalla mezzanotte del 31 agosto 2018
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