La caduta del muro di Berlino e il tentativo di derubare la Russia delle sue ricchezze. Il popolo di Mosca salva la Russia dai traditori e dagli speculatori, i quali si gettano su Jugoslavia, Grecia e Italia.
Noi viviamo la storia d’un saccheggio, talvolta tentato, talvolta riuscito. Per comprenderlo, ricordiamo com’è caduta l’Unione sovietica, determinando nuovi rapporti di forza, in Europa e negli Usa. Tutto nasce dal fallito tentativo di impadronirsi delle risorse russe.
Il mondo moderno fu costruito, a partire dalla Rivoluzione Industriale, con gli equilibri introdotti dalla Rivoluzione Francese, dalla Guerra di Indipendenza americana, da due ulteriori rivoluzioni, sovietica e cinese, con due guerre mondiali e l’infinita serie di conflitti di decolonizzazione. Questa montagna di morti, sofferenze e terrore, consentì un equilibrio, precario ma duraturo, protrattosi sino alla fine della Guerra Fredda.
[cryout-pullquote align=”left” textalign=”justify” width=”33%”]Terzo di otto articoli, pubblicato su La Verità il 20 Agosto 2018[/cryout-pullquote]
La Caduta del Muro nel 1989 avrebbe potuto consentire collaborazione e ampliamento della stabilità mondiale, invece George Bush Sr, Helmut Kohl, Margaret Thatcher e François Mitterrand tentarono di sbranare la Russia. La storia chiarirà quale fu il ruolo di Michail Gorbaciov, una sorta di Romano Prodi in salsa sovietica. Gorbaciov fu Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dall’11 marzo 1985 al 24 agosto 1991.
Il Congresso dei rappresentanti del Popolo dell’Urss lo elesse presidente il 15 marzo 1990, sospinto dalla macchina propagandistica occidentale, Georgy Soros in testa, con le banche d’affari statunitensi ed europee. Sette mesi dopo gli fu assegnato il Premio Nobel per la Pace, ma non gli fu ritirato quando le truppe sovietiche, il 14 gennaio 1991, proprio su ordine di Gorbaciov, repressero nel sangue la dichiarazione di indipendenza della Lituania.
La tutela d’una mano esterna su Gorbaciov nel massacro lituano fu palese a luglio 2011, quando l’ex generale del KGB, Mikhail Golovatov, fermato nell’aeroporto di Vienna, con pesanti capi d’accusa per le stragi di lituani del 1991, fu rilasciato in meno di 24 ore, su pressione della Germania.
Il più celebrato dei trattati, l’INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), siglato a Washington l’8 dicembre 1988 da Gorbachev e Ronald Reagan, è una prova senza appello della doppiezza del presidente russo. In cambio del Trattato – che liberava la NATO dall’incubo d’un attacco di missili nucleari in Europa – avrebbe potuto ottenere condizioni economiche e garanzie senza limiti, invece scelse la resa senza condizioni. Quando i missili furono eliminati senza contropartita, la Russia fu alla mercé della NATO, dei quattro paesi – Germania, Francia, Gran Bretagna e USA – che utilizzarono la NATO come paravento. Gorbachev aveva venduto la sua Patria.
Chi doveva capire, capì. Il PCI e gli “intellettuali” ascari di sinistra si trasferirono sotto il tavolo dei vincitori. Le delegazioni del PCI facevano la spola con Washington in quei mesi, naturalmente per ragioni di studio. Nel Patto di Varsavia i riposizionamenti erano iniziati fin dal progredire del negoziato INF, al quale seguì nel 1989 lo scioglimento del Partito comunista ungherese. Poco dopo la polizia segreta si rivoltò contro il rumeno Nicolae Ceausescu, ucciso o suicidato in circostanze da chiarire; era il 25 dicembre 1989. Se sopravvissuto, sarebbe stato imbarazzante per Mosca come per le capitali occidentali: la Romania era una delle interfaccia dei traffici sporchi fra Est e Ovest in piena Guerra Fredda. Ceausescu conosceva i dettagli dell’operazione per screditare S.S. Pio XII su ordine personale di Stalin, nel 1944; egli conosceva i suggeritori e i sostenitori dell’operazione, a Mosca come a Berlino, a Roma come a Tel Aviv. Dalla Romania (e dalla Bulgaria) passava la pasta di papavero asiatica, raffinata dai “corleonesi” in Sicilia ed esportata a man salva negli Usa dal 1977 al 1991.
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Puntate precedenti
Come Siamo Diventati Schiavi della UE – Prima Parte
Come Siamo Diventati Schiavi della UE – Seconda Parte
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I tedeschi delle due Germanie, mentre il Trattato INF progrediva, diventavano tutt’uno, nonostante il Muro. Dei 150mila agenti della Stasi, 5mila dei quali operanti in Italia, un cospicuo numero in Sicilia, non si seppe più nulla. Che cosa hanno fatto sinora quegli agenti? Quali ulteriori reti hanno costruito?
Il Patto di Varsavia si scioglierà il 31 marzo 1991, con la benedizione di Gorbachev, solo due mesi dopo le sue stragi in Lituania.
Mentre l’Urss crollava, i banchieri e i grossi gruppi d’affari internazionali si accingevano a sforchettare sulle immense risorse russe, le più vaste miniere di metalli pregiati e carbon fossile, riserve petrolifere paragonabili a quelle saudite. Occorreva dunque assicurare al fido Gorbachev il potere assoluto, superando la forte opposizione interna. Dal 4 agosto 1991 serpeggiò un golpe, nel quale Gorbachev ebbe un ruolo sebbene si tentasse da più parti – ma solo fuori dalla Russia – d’accreditarlo quale vittima.
Egli, ritiratosi nella dacia presidenziale in Crimea, il 19 agosto, volle apparire estraneo al tentativo dei golpisti di sottomettere il Parlamento coi carri armati del Kgb. I golpisti, come ogni moscovita sapeva, erano tutti connessi a Gorbaciov: il capo del KGB Vladimir Krjučkov, il ministro degli Interni Boris Pugo, il ministro della Difesa Dmitrij Jazov, il vicepresidente dell’URSS Gennadij Janaev, il primo ministro Valentin Pavlov, il capo della segreteria di Gorbaciov, Valerij Boldin. Per capire le cerchie dietro al golpe, basti dire che Vladimir Krjučkov aveva stretti legami con Romano Prodi, in quel momento consigliere italiano della banca Goldman&Sachs.
I congiurati intendevano esautorare il Parlamento, piegandolo con un assalto della Prima Brigata corazzata del Kgb; le cose andarono però diversamente. I carri armati furono arrestati dai moscoviti e dai veterani dell’Afghanistan. I vecchi soldati in coppia, impugnando ciascuno un capo d’una coperta o d’un lenzuolo, saltavano audacemente sui carri in corsa, coprendone le ottiche. Accecati, i carri s’arrestavano; i carristi aprivano le torrette per togliere le coperte e riprendere il controllo del mezzo. Cosi i veterani dell’Armata Rossa poterono parlare ai giovani soldati assalitori, convincendoli a desistere, uno per uno, spiegando ai carristi che cosa stava davvero succedendo: la Santa Madre Russia era in pericolo d’essere sottomessa alla Germania, proprio come a Stalingrado nel 1942; argomento irresistibile per ogni russo.
I carristi capirono. Arresisi ai veterani, s’unirono alla folla. Fu la fine politica per Gorbachev, il premio Nobel per la Pace. L’assalto della Prima Brigata corazzata del Kgb si risolse con solo tre morti, peraltro accidentali, quel 21 agosto. Boris Eltsin, salito su un carro armato, prese il potere. La Russia era traballante ma salva. La preda grossa era sfuggita, grazie al popolo di Mosca. Era l’estate del 1991. Finirono nel mirino prede più piccole e succulente: la Jugoslavia, la Grecia e, in particolar modo, l’Italia. (3-continua) www.pierolaporta.it
il prossimo articolo sarà disponibile dalla mezzanotte del 29 agosto 2018
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A me sul discorso della Russia qualcosa non quadra. Con Eltsin (e i neoliberisti suoi consiglieri) avvenne comunque la svendita dell’ex Cccp. Fu solo dopo l’avvento di Putin che le cose cambiarono e la Russia fu salva.
E’ vero, Eltsin non aveva la capacità (neppure fisica, da alcolizzato cronico) di opporsi al declino e alla penetrazione dei potentati occidentali. Putin fu imposto dall’elite cekista. Fu una scelta felice: il Pil della Russia la suo arrivo era inferiore a quello dell’Olanda. La si dava per spacciata e pronta per essere divorata. Un’idiozia che pagheremo a caro prezzo. Mai più la Russia scenderà a patti con la Nato. E’ stato il capolavoro di Bush Sr, Khol, Mitterrand e Thatcher.
Questa è la pura verità. Grazie ancora una volta ,Piero.
Non vedo l’ora di leggere il resto, certe intuizioni grazie a te diventano certezze, ecco spiegato l’odio per Putin da parte di una certa sinistra anche americana, ma ancor piu’ da parte di un certo establishment che e’ trasversale ai due partiti.