Guerra di immagini taroccate per Gaza, ce lo assicurò (suo malgrado) la BBC e anche il concilio Nicea II.
Gli antichi padri, accapigliandosi a favore o contro le immagini, come del resto i moderni per le immagini da Gaza, non potevano tenere conto d’un nemico ben più forte di tutti: l’hi-tech, dio trionfante sui più aspri avversari delle immagini, da Bisanzio a Istanbul, senza escludere Gerusalemme e, in queste ore, Gaza. Non c’è guerra che non diventi guerra di immagini, taroccate neanche a dirlo. Il corrispondente della BBC, Jon Donnison twittò l’immagine di un bimbo di Gaza, (foto in pagina) straziato dai missili israeliani. Il web va tuttavia facendosi furbo e dopo poco tempo si scoprì che la foto proveniva dalla Siria e Gaza non c’entrava nulla. Era novembre del 2012. Qualcosa è cambiato? Certamente, in peggio.
«Quattrocentomila tweet in una settimana, per denunciare con le immagini gli effetti dei raid israeliani su Gaza. Peccato, però, che le fotografie diffuse con l’hashtag #GazaUnderAttack non siano vere. O, meglio, la maggior parte di esse proviene da altre terre martoriate dalla guerra: la Siria, l’Iraq e la stessa Striscia di Gaza, ma in anni precedenti al 2014.» Così riferisce LETTERA43 in un articolo che dovrebbe far riflettere su come le immagini e le notizie siano manipolate a eccitare la pancia piuttosto che il cervello. La manipolazione delle immagini è sostanzialmente un’azione iconoclasta poiché solo qualcosa di cui non si ha rispetto, che si disprezza, si può manipolare fino a falsificarla, che è un passo persino più in là della distruzione, in quanto l’immagine vera scompare – è distrutta – a vantaggio di una falsa, dunque avvelenatrice di coscienze.
Con l’amico Marco Reis di MALAINFORMAZIONE abbiamo smontato più di un’operazione iconoclasta a proposito della primavera mussulmana in Tunisia e per i cosiddetti moti di piazza a Tirana. Col twitter della BBC siamo a un livello più alto: si riciclano le immagini manipolate in precedenza portando a livelli esponenziali l’ostilità alla verità trasmessa dalle immagini non più vere: è iconoclastia al quadrato, insomma, non si butta via nulla.
Le prime risse sulle immagini polarizzarono sul concilio Nicea II, dal quale gli iconoclasti uscirono sconfitti e si aprirono al futuro le menti dei cattolici (e degli ebrei che avevano scelto le terre cristiane occidentali per la diaspora), non senza i secolari tormenti tuttora rinfocolanti, mentre Francesco lambicca delicate alchimie religiose, politiche e diplomatiche, speriamo pacificanti.
Senza le conclusioni del Nicea II sarebbe stata impossibile l’esplosione artistica del Rinascimento, i cui lieviti si sarebbero perduti oppure sarebbero approdati altrove. Diciamoci la verità, un mondo senza la Cappella Sistina sarebbe diverso, peggiore e l’indice della in-civiltà marciante è la sensazione che sia costantemente crescente il numero di quanti la pensano in senso esattamente contrario, oppure non pensano affatto. Il sindaco SottoMarino che concede Roma, che ospita la Cappella Sistina, a quattro decerebrati zombi è misura del potere crescente di questa barbarie.
Il vantaggio di quanti vissero ai tempi del Nicea II rispetto a noi, poveri fruitori del web, è che le immagini non si potevano taroccare o almeno lo si poteva in misura molto ma molto minore di oggi, tutt’al più allora le immagini si bruciavano, come avrebbero fatto le dittature post illuministe secoli dopo.
Così l’immagine piuttosto che omologare i giudizi, come accade ora (avvelenandoci) marcava solo una separazione, in quel caso fra occidente e oriente, una separazione culturale prima che politica, radicatasi dal Nicea II, dividendo il mondo giudaico-cristiano e l’islam. Vi sono tuttavia dei sottili tentativi di rivincita.
L’iconoclastia, secondo Treccani, è «La dottrina e l’azione di coloro che nell’Impero bizantino, nei sec. 8° e 9°, avversarono il culto religioso e l’uso delle immagini sacre…» Nulla da aggiunger. C’è tuttavia un fatto singolare: “iconodulia”, il contrario di iconoclastia, è assente nel dizionario Treccani, dove c’è solo “iconodulo”, correttamente definito: «Chi difese il culto delle immagini sacre durante le lotte dell’iconoclastia.» Nel dizionario di Garzanti online “iconodulia” invece esiste in questa forma:«Culto esagerato delle immagini sacre.» Quell’aggettivo, “esagerato”, etimologicamente e storicamente ingiustificato, assicura che sopravvive un’iconoclastia strisciante, settaria, decisa a legittimare a tutti i costi chi odia la verità delle immagini. La manipolazione infatti è stata così tenace e prolungata da conferire a “iconoclasta” un significato opposto a quello originario, assimilandolo ad anticonformista, ancora una volta incuranti dell’etimologia, poiché gli iconoclasti nel Nicea II erano i conservatori, anzi i reazionari più accesi.
Non di meno l’esagerazione, attribuita all’iconodulo, sarebbe peccatuccio veniale, se non arrivasse attraverso l’invincibile nemico degli iconoclasti, lo schermo del computer, il dio trionfante sui più aspri nemici delle immagini, da Bisanzio a Istanbul, senza escludere Gerusalemme e infine Gaza.
Nonostante le salve di bugie che partono da Gaza insieme ai razzi di Hamas, o proprio a causa di esse, abbiamo la certezza che Nicea II era nel giusto. Eppure è curioso: nonostante fiumi di hi-tech a lenire le umane contraddizioni, le reciproche ostilità allignano, per riaffiorare proprio dalla parte che reputavi più sana, proprio lì, nei templi hi-tech del web. Attenti dunque, prima ancora che ai razzi, alla pioggia di bugie hi-tech.
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Se non vado errato il contrario dell’aggettivo “iconoclasta” è “imagista”, con riferimento alla famosa diatriba che pìù volte ha visto contrapporsi i due schieramenti.
E comunque il Padreterno nel promulgare il 2° comandamento ci aveva azzeccato in pieno, se consideriamo che nel pantheon di immagini che affollano le chiese la figura più relegata ai margini, la più bistrattata è proprio Lui, il Grande Vecchio.
E’ noto da tempo che Egli sia alquanto lungimirante, per nostra fortuna anche paziente. Circa “imagista” mi astengo ma ma preferirei iconodulo, trattabile tuttavia.
Dal punto di vista storico la venerazione o il vero e proprio culto delle immaagini rappresenta il tributo di cui il cristianesimo si fa carico nei confronti del paganesimo, quando il pleroma degli Dei e semidei viene sostituito dallo stuolo di Santi e Madonne attraverso un processo di deificazione (apoteosi o, più comunemente, canonizzazione).
E difatti l’interesse per le immagini ricompare prepotentemente nel Rinascimento che nella sua essenza esprime il ritorno all’ellenismo , al classicismo e quindi al paganesimo, mentre la Riforma protestante si rivolge all’Ebraismo. Il tutto con beneficio di semplificazione.