Il IV Reich dopo Merkel – di L.Prando

Austria, Benelux, Finlandia, Lettonia, Estonia e Lituania oggi sono protettorati del IV Reich, tali rimarranno anche dopo la Merkel. Tutti costoro hanno molti conti tuttora da pagare, ben più dell’Italia, la cui grottesca farsa politica in corso è tuttavia ben più pericolosa di quella mussoliniana.

Le micro etnie finlandesi, estoni, lituane e lettoni erano nell’Impero Zarista. Dopo la prima guerra mondiale rimasero indipendenti fino all’inizio della seconda. Dopo Lituania, Estonia e Lettonia furono occupate dall’Unione sovietica, liberate di nuovo dai nazitedeschi, di nuovo occupate dai russi nel ’45; infine indipendenti con la frantumazione dell’impero sovietico.
Circa i loro rapporti con Mosca, bastino alcuni esempi a illustrare quelli di tutti.
La Finlandia resistette nel ’40 al tentativo di invasione sovietico, divenne poi alleata del III Reich, coprendone il fronte nord. Partecipò con zelo alle deportazioni degli ebrei. Nel dopo guerra la Finlandia comprava legname dai russi e vendeva elettronica; quando il Mosca s’è aperta all’occidente la Nokia è fallita.
Come potremmo definire queste nazioni? Nient’altro che “protettorati tedeschi”.
Gli olandesi, dopo alcuni tentennamenti, si schierano coi tedeschi contro l’Intesa Anglo-Francese e, alla fine della prima guerra mondiale, si troveranno così dalla parte degli sconfitti. I belgi fiamminghi parteggiavano per i tedeschi nonostante il Belgio fosse alleato della Francia e dell’Inghilterra.
Nella seconda guerra mondiale, non di meno i nazitedeschi invasero i Paesi Bassi, per arrivare alle spalle degli Anglo-Francesi, controllando le coste di fronte all’Inghilterra.
La Regina olandese, accompagnata da una pattuglia di massoni funzionari governativi, fuggì in Inghilterra, costituendovi un “governo in esilio”, senza però ordinare l’apertura delle dighe che avrebbe reso i Paesi Bassi molto facilmente difendibili e testa di ponte dell’Inghilterra sul continente.
In Olanda, mentre il III Reich vinceva, il tasso di collaborazionismo e le deportazioni di Ebrei furono a molto alti. Cospicue forze militari volontarie olandesi e fiamminghe si unirono all’esercito tedesco.
Alla fine della prima guerra mondiale l’Austria, da nazione leader dell’Impero Asburgico si ridusse a micro repubblica di neppure 10 milioni di abitanti. Le fu proibito, col trattato di pace di Versailles, di unirsi Germania. Negli anni trenta, l’Austria ebbe un regime simil fascista, protetto da un’alleanza con Mussolini, a prevenire un’invasione tedesca. In quel periodo era netta la posizione anti tedesca del Fascismo. La visione rispecchiava la situazione attuale. , come si deduce da un discorso di Mussolini al Senato, il 20 maggio 1925:«L’Italia non potrebbe mai tollerare quella patente violazione dei trattati che consisterebbe nell’annessione dell’Austria alla Germania e darebbe questa situazione di paradosso che l’unica nazione che aumenterebbe i suoi territori che aumenterebbe la sua popolazione facendo di sé il blocco più potente nell’Europa Centrale sarebbe precisamente la Germania».
I demenziali bizantinismi diplomatici della massoneria anglo-francese, orientati dagli interessi anti-italiani della Francia, da un lato promossero la ricostruzione militare-industriale nazitedesca, una potenza mai vista prima al mondo, dall’altro spinsero l’Italia, rimasta sola, ad avvicinarsi obtorto collo alla Germania.
Oggi Germania, Benelux e Paesi Bassi costituiscono un unicum territoriale integrato nelle comunicazioni e nei ruoli, dove la Germania sarebbe la “fabbrica”, Paesi Bassi e Benelux i commerci, tutto mascherato da un frullato di interfatturazioni import-export reciproche, nelle quali si smarrisce la vera origine delle merci.
Paesi Bassi e Benelux con i porti di Rotterdam ed Anversa svolgono il ruolo di doganieri per le merci in entrata in Europa di origine extra UE, incassando la sproporzionata plusvalenza del 20% di aggio sui dazi e, nazionalizzando, in termini puramente virtuali, le merci, incassano e trattengono anche l’IVA, sottraendola agli stati effettivi destinatari delle merci stesse.
Questo è il IV Reich dalla Polonia all’Atlantico sognato da sempre dai tedeschi.
Per i tedeschi le genti fiamminghe (olandesi e belghe) fanno parte dell’Heimat Germanico, sentimento condiviso da buona parte di tali popolazioni.
O ci rendiamo conto, in un sussulto di lucidità, che questo è un dato di fatto o continuiamo ad illuderci che l’Europa potrebbe essere diversa da quella che realisticamente.

[cryout-pullquote align=”left” textalign=”justify” width=”33%”] Al IV Reich conviene, col pretesto del Covid-19, far generosamente indebitare l’Italia fino all’orlo del default, esponendola al diritto di saccheggio francese coi soldi del IV Reich [/cryout-pullquote]

Italia e Spagna
L’Italia non appartiene all’Europa del IV Reich poiché il IV Reich non ha bisogno dell’Italia, ma non appartiene neanche al Sud-Europa: il suo ruolo dovrebbe essere politico-economico-militare nel Mediterraneo “in alleanza con e in rappresentanza di” una delle potenze mondiali USA o Cina o Russia.
Il IV Reich del dopo Merkel ha invece bisogno della Spagna poiché le banche tedesche hanno investito nell’edilizia turistica, nell’agricoltura e nella finanza spagnole, poiché in Spagna vivono numerose colonie di tedeschi coi propri bar, ristoranti e reti commerciali, ma soprattutto poiché la Spagna possiede le due vere porte del Mediterraneo, quella di Tarifa a cavallo tra le due acque e quella dell’isola di Alboran, a Sud, a poche miglia dall’Africa, obbligando nel lato Nord, a navigare in acque territoriali spagnole ossia europee. La Spagna è anche il ponte del IV Reich verso l’America Latina.

Il IV Reich e la Francia
Il dopo Merkel vede il IV Reich programmato, proiettato e coi numeri per diventare la quarta potenza planetaria.
116 milioni di abitanti (più 10 nei protettorati baltici), PIL 6.000 miliardi di dollari, la metà della Cina e un terzo degli USA, 4 volte la Russia. Il pro-capite è molto vicino agli americani, 52.000 contro 60.000, col vantaggio d’un basso debito pubblico, in massima parte in pancia alle finanziarie locali, col saldo attivo import-export pro-capite il più alto al mondo.
Nelle regioni franco-tedesche a cavallo del Reno, regioni bi-lingue, l’integrazione nei servizi, nei commerci e nell’occupazione è totale.
Le banche tedesche hanno in carico una pesante quota dell’enorme debito francese (undicimila miliardi di dollari tra pubblico, di impresa, privato e finanziario, il doppio di quello italiano).
La Francia, rispetto al IV Reich, ha influenza e penetrazione in Africa. Essa ha inoltre, sia pure con piccoli numeri, una vera industria specialistica militare, marina ed aeronautica in primis. La capacità combattente dell’esercito francese induce la Germania a un esercito comune europeo, ben gradito alla Francia per condividere i costi del proprio e ricevere capitali di cui ha bisogno, con conseguente rottamazione della Nato ed esclusione degli USA dall’Europa.
La Francia ha qualcosa che il IV Reich non potrà mai avere, qualcosa, senza la quale non sarà mai una potenza planetaria: la bomba nucleare.
Inevitabile che nel dopo Merkel, il IV Reich, per diventare una potenza planetaria dovrà dividere in qualche modo, anche formalmente, il bastone del comando coi francesi, rimasti, dopo la Brexit, gli unici europei con un sistema militare completo cui mancano solo i capitali e una potenza industriale, fornibili dal IV Reich.

Al IV Reich conviene, col pretesto del Covid-19, far generosamente indebitare l’Italia fino all’orlo del default, esponendola al diritto di saccheggio francese coi soldi del IV Reich: industria alimentare, moda, vino, ferrovie, turismo, sistemi di comunicazione, autostrade, la plastica, il petrolio dell’Eni. I tedeschi si terrebbero la componentistica automotive e la tecnologia industriale.

Questa è la partita che stiamo giocando, come alla fine degli anni ’30, quando oscillando fra l’una e l’altro schieramento, finimmo definitivamente in braccio ai tedeschi. Considerato il livello dei nostri governanti, la tragedia già vissuta con la seconda guerra mondiale potrebbe essere oscurata dalla farsa in corso da un quarto di secolo.

Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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