Lega e M5S: non c’è via d’uscita

Il risultato delle urne è univoco: Lega e M5S sono la spina dorsale della democrazia italiana. Perché taluni vorrebbero spezzarla?

Una persona che stimo, esponente politico della Lega, m’addita un sito secondo cui (leggi qui) il programma di M5S fu dettato da Filippo d’Edimburgo. La conclusione del mio interlocutore – che però non vuole esporsi! – è l’impossibilità dell’alleanza fra M5S e Lega. Questi non soffre di solitudine: tale presunta impossibilità è una sciocchezza propalata da molti. Un altro, un ebreo, mi ha dato del pazzo, letteralmente. Fra gli ebrei M5S è malvista, peraltro a ragione, per l’ostilità verso Israele.

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Non è detto che fra Lega e M5S debba essere un matrimonio indissolubile, neppure lungo, anzi basterebbe brevissimo, per il tempo di un programma minimo: legge elettorale decente e ritorno alle urne. Sarebbe sufficiente a seppellire definitivamente il cadavere del PD e di FI.[/cryout-pullquote]

Sorvoliamo sull’incapacità del principe consorte di dettare persino il proprio indirizzo, ammettiamo che quel sito abbia scritto il vero. Ammettiamo pure che in M5S allignino i nipotini di Hitler. Che cosa cambia ai fini del nostro discorso? Nulla, anzi l’alleanza fra M5S e Lega è persino più auspicabile, se si vuole imprimere un’evoluzione positiva ad ambedue i partiti: meno antimeridionalismo nella Lega, meno antisemitismo in M5S. Sono, queste, considerazioni tuttavia superflue, a ben vedere.

La politica si fa coi numeri, tutto il resto è fumo o fumogeno. Degli eletti il 4 Marzo interessa dove vanno, non da dove vengono. Vanno bene finché muovono per distruggere i kapò, i collaborazionisti del nostro nemico principale: l’alleanza franco tedesca. Distruggere quindi il PD e le frange collaborazioniste di FI, distruggere quanto resta delle politiche inciuciatorie, delle politiche di sottomissione a Francia e Germania, delle politiche che ci hanno portato a un passo – e siamo ancora lì, per ora – dall’essere colonizzati del tutto da Parigi e Berlino, tramite il grimaldello UE. 

D’altronde se il criterio selettivo della politica stesse nelle origini, allora bisognerebbe chiedere alla Lega che cosa accadde loro coi neocon e con la massoneria dopo la Caduta del Muro. E a certi ebrei italiani, non pochi né di secondo piano, chiederei come mai sono intransigenti cogli italiani, di gran lunga di più di quanto lo siano coi tedeschi.

Rimaniamo tuttavia coi piedi per terra e vediamo che cosa è possibile oggi e forse domani, senza spingerci più in là. Se M5S e Lega mettessero in piedi un’alleanza, i rispettivi programmi sarebbero stemperati in un compromesso. Questo, di per sé positivo, attenuerebbe pure la frattura fra Nord e Sud. Non è detto che debba essere un matrimonio indissolubile, neppure lungo, anzi basterebbe brevissimo, per il tempo d’un programma minimo: legge elettorale decente e ritorno alle urne. Sarebbe sufficiente a seppellire definitivamente i cadaveri di PD e FI.

Chiuderemmo così anche, una volta per tutte, con le stupidaggini “razzismo-antirazzismo”, “fascismo-antifascismo”, “comunismo-anticomunismo”, per tornare – a quarant’anni dalla morte di Aldo Moro – alla politica centrata sull’interesse nazionale. Non è poco.

Non credo sia un caso, se a don Sergio Mattarella viene la tarantola all’idea di un’alleanza M5S-Lega. Forse è solo pregiudizio politico, il suo, senza spingerci a sospettare che egli tema come l’Aids un Parlamento nel pieno esercizio sovrano delle sue funzioni. Un parlamento dal quale potrebbe arrivargli lo sfratto dal Quirinale, sia perché ha avallato e persino caldeggiato leggi contrarie all’interesse degli italiani, sia perché egli è stato eletto da un Parlamento non costituzionale, come ha sentenziato la stessa Corte Costituzionale di cui faceva parte prima d’essere presidente. Come si può capire, il matrimonio – sia pure brevissimo – fra Lega e M5S non sarebbe festeggiato da tutti e men che meno da chi, come il presidente della Repubblica – dovrebbe limitarsi a fare il notaio.

Salvini ha motivo di temere un confronto diretto con M5S, poiché Di Maio guida il partito che ha riscosso più voti. Salvini ha inoltre il peccato originale d’una Lega antimeridionale, la quale, apparentemente ripulitasi del razzismo della prima ora, non ha saputo dissolvere le diffidenze, attecchite nel Meridione. Più d’un meridionale quando vede Milano, Torino, Brescia, Modena, Udine, Treviso, Bologna in mano agli extracomunitari non sa frenare una certa soddisfazione, ricordando le umiliazioni subite in quelle città. Se ora Salvini vuole liberare le sue città con l’aiuto del voto meridionale ha una sola strada: vestirsi di sacco e chiedere scusa per tutte le idiozie declamate da lui quando era secessionista e, prima ancora, dalle cerchie grappa e prosecco di Umberto Bossi.

I lettori sono molto più intelligenti di quanto comunemente si sospetti. Le urne del 4 marzo mi pare lo abbiano dimostrato e Salvini farebbe bene a crederci; farebbe benissimo anche perché non ha scelta; finirà altrimenti a dare ossigeno al moribondo PD oppure come badante di Berlusconi, senza escludere ambedue le funzioni. M5S, a sua volta, deve dimostrare nei fatti di volere superare l’era degli inciuci, di essere in grado di cancellare – come ha costantemente dichiarato – Pd e Pli dalla scena politica. Le urne hanno parlato chiaro: M5S e Lega, tutto il resto è contorno. Non vi dovrebbero essere dubbi. La rinascita dell’Italia può ripartire da qui.

Se prevarrà invece il “timore di vincere”, proprio fra quanti menavano vanto – e a ragione – d’aver distrutto la Prima Repubblica e di portarci nella Terza, dopo aver seppellito i nefasti della Seconda; se non avessero invece alcuna volontà di scannare i vinti moribondi, ci sarebbe qualcosa di profondamente malato nel nostro sistema politico, ben più grave di quanto ora appaia. Di certo qualcosa di molto più pericoloso delle dettature del principe consorte. Sarebbe, questo sì, il sintomo d’una egemonia allogena, in grado di dettare l’agenda a tutte le formazioni politiche. Se così fosse – e ci auguriamo fortemente di sbagliare – l’unica riforma possibile arriverebbe dalla violenza.

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Il Palazzo lo ha ben capito, non da ora. Ha eliminato Totò Riina nel 1993 perché anticipava il ribellismo che oggi potrebbe rinfocolare. Le intense offensive di queste ore contro Cosa Nostra sembrano scongiurare che in Sicilia s’accendano nuovi focolai, dai quali potrebbero giungere inopinate accelerazioni, tanto impensabili oggi quanto drammatiche in un futuro vicino.

Ho sempre sostenuto che se la secessione ci sarà, essa partirà dalla Sicilia, come ai tempi di Salvatore Giuliano e di Portella della Ginestra, luogo fondante del compromesso storico. Non dobbiamo mai dimenticare che la Sicilia è nel mirino degli inglesi ben prima di Trafalgar; poi entrò nel quaderno dei desideri statunitensi; più recentemente, ma non tanto, è fra gli obiettivi tedeschi. Sono commensali famelici, come d’altronde lo furono e lo sono PCI, PSI, DC e quanto residua di costoro. Il “milazzismo” fu un prologo dei giorni correnti. Se la violenza scoppiasse, la responsabilità non sarebbe, sia ben chiaro, né degli sbiellati dei centri sociali né degli arrabbiati di Casa Pound, tanto meno degli immigrati. La responsabilità principale sarebbe, ancora una volta, dell’imbecillità e della criminalità della politica al potere; quel potere che non sa gestire il potere, ovvero vuole gestirlo solo per il proprio tornaconto. 

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Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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4 risposte a Lega e M5S: non c’è via d’uscita

  1. oscar scrive:

    Caro Piero, in politica l’affermarsi di un pensiero lineare è sempre risultata un’operazione velleitaria. La situazione è talmente chiara che mi disturba il solo rievocarla. Come tu hai stigmatizzato: “Non è detto che fra Lega e M5S debba essere un matrimonio indissolubile, neppure lungo, anzi basterebbe brevissimo, per il tempo di un programma minimo: legge elettorale decente e ritorno alle urne. Sarebbe sufficiente a seppellire definitivamente il cadavere del PD e di FI.” Il resto sono farneticazioni che a lungo andare non potranno che danneggiare i vincitori.
    In fine ed in aggiunta, solo una riflessione: si sbrigassero a quagliare qualcosa perché di mestatori ai quali non piacciono certe alleanze, in giro, ce n’è sempre tanti. Più tempo gli dai e più possono inquinare gli scenari di ogni tipo e se si dovesse tornare a votare no darei nulla di scontato.

  2. alessandro gentili scrive:

    Caro Piero, Tu hai modo di leggermi e sai che questo è pari pari anche il mio pensiero. Ma è nella evidente realtà dei fatti. Il risultato elettorale parla chiaro; occorre avere menti malate per ipotizzare le scepiaggini che udiamo in questi giorni. I soliti fattucchieri che quando parlano agli italiani li trattana da bambini scemi.
    Sol che lo vogliano, Salvini e Di Maio potrebbero fare “marameo” a tutti i manovratori e burattinai che avrebbero in animo di apparecchiarci il piattino che viene pronosticato. Salvini è truppo abile e perspicace e Di Maio è troppo furbo (ovviamente nel dargli del furbo lo qualifico però non troppo intelligente) per non sapere che se non si svegliano faranno la figura dei coglioni, tutti e due. Quindi si devono alleare e possibilmente devono portare dentro il resto del Centro Destra e governare per 5 e possibilmente 10 anni, facendo cose serie. Ovviamente hanno bisogno di un premier gradito a tutti (tipo Tajani. Cottarelli è un inutile e neppure tanto competente, come Cantone!) , ma i ministri poi devono essere i loro!!!
    Mattarella va messo all’angolo. E’ vecchio e come tale non ha futuro, quindi per lui va bene tirare a campare.
    Se Salvini comincia a dire, come Renzi, che è giovane e ha tempo, finisce male , lui e la Lega. E se lo meriterebbe. Io non lo rivoterei mai più! Nella vita si può sbagliare, ma mai fare lo stesso errore per due volte! Quella è fessaggine purissima e inescusabile!
    Vediamo.

    • Piero Laporta scrive:

      Caro Sandro, condivido e aggiungo la mia impressione (solo un’impressione): la vecchia politica, prima di dare luce verde alla nuova, vuole essere certa dell’immunità. Li capisco, la galera non piace. Vedremo.

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