Ronald Stark, la Finta Spia che Rivenne Fingendo – di CLR

Un sensibile, informato collega dell’Avvenire, Marco Birolini, mi intervista come già diversi altri giornalisti su Ronald Stark. Ricordo quella che mi fece Philip Willan, Presidente della Stampa Estera, a mio avviso il miglior giornalista investigativo inglese in Italia; passammo un intero pomeriggio svuotando la cantina della mitica Osteria del Sole a Bologna e Philip mi rafforzò nel sospetto che i britannici al posto del fegato abbiano un’incudine di ghisa.  [per gentile concessione di Cristiano Lovatelli Ravarino]

Quando qualche bizzarro dietrologo mi paragona a questo presunto (molto presunto) agente nero della CIA; più che indignarmi mi viene da ridere: basti pensare che fui io a farlo arrestare. Ma facciamo un passo indietro.

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OLN è particolarmente grato a CLR per questo illuminante pezzo su un criminale cialtrone, in Italia passato per “spia della CIA” dai c.d. “giornalisti investigativi” (e non solo, come vedremo), con provincialismo non sempre disinteressato, per annebbiare via Fani e una quantità di stragi. Deve essere chiaro al lettore che (non solo i “servizi deviati”, semmai questo significhi qualcosa)  ma soprattutto il giornalismo prezzolato e deviato ha portato mattoni ai c.d. “misteri d’Italia”[/cryout-pullquote]

 

Dopo i primi diciotto anni, passati in gran parte negli Stati Uniti, anche in coincidenza col divorzio dei miei genitori, venni a vivere a Bologna coi miei nonni materni italiani, iscrivendomi alla facoltà di filosofia. A riprova di quanto poco tracci la mia personalità chi vi ravvisa il classico esponente della destra americana (in realtà sono un anarchico, sezione templari) basti sottolineare che nell’ambiente universitario, dominato dall’estrema sinistra, Autonomia operaia, Potere Operaio, etc, mi trovai benissimo… non era una questione ideologica, era per il carisma d’alcuni suoi esponenti, tipo Bifo (un genio) Diego Benecchi (il povero Walter Tobagi gli fece la sua ultima intervista prima di essere ucciso: oggi dirige un bel locale), Pino Angoscia, etc etc; arrivai persino a collaborare con una rivista che sfiorava il filobrigatismo, mi sembra si chiamasse “Viola”.

Incontro Ronald Stark

In Ambasciata USA, con cui già allora avevo piccole collaborazioni, mi avvertirono che per questo motivo il SISDE[1] aveva aperto un fascicolo su di me: smisi di collaborare. Finché un giorno non ricordo quale capo di Autonomia Operaia – eravamo all’inizio del 1975 – m’accostò in via Zamboni, per dirmi con tono tra il brusco e disorientato: «C’è un americano strano, un certo Ronald qualcosa, che ti vuole conoscere… tu parli bene l’inglese, spiegaci cosa cazzo vuole; veste come uno straccione e ha i dollari che traboccano dalle tasche, boh». Stark, mi dissero, mi dava appuntamento per il giorno dopo nell’Osteria delle Campane, vicinissima a Piazza Verdi, che fu poi il cuore della ormai mitica rivolta del 77.
Appena mi vide (non era vestito come uno straccione, anzi, ma il suo costosissimo Helstons[2] aveva chiaramente conosciuto giorni migliori, ormai gli stava stretto e la panza sfondava la camicia senza ritegno) mi chiese con un tono quasi accusatorio: «You are the Chase Manhattan manager in Italy Mario Ravarino’s son, aren’t you[3] Sulle prime rimasi di stucco: io di questo non parlavo con nessuno; poi riflettei che come cognome italoamericano era molto raro; non ci voleva una spia per fare due più due. Tirò fuori – giudicandomi a primo colpo d’occhio, suppongo, un cretino – un tesserino sdrucito con sopra un’aquila, come quella della CIA, sostenendo che Langley l’aveva mandato per infiltrarsi e, se gli tenevo bordone, avremmo fatto assieme un sacco di soldi.
Gli risposi quasi urlando che il tesserino aquila o non aquila era in realtà un tesserino antimilitarista; che anche i sassi sapevano che fuori sede gli agenti della CIA non ne portano mai e in realtà hanno semmai un codice di riconoscimento satellitare per l’Ambasciatore o per il Console della città dove sono, in caso, li toglie dai guai; che andasse a farsi fottere e andasse a prendere per il culo qualche altro analfabeta.
A questo punto, lo ammetto, Stark mi spiazzò completamente: «Pensi che sono un clown? Guarda chi frequentiamo io e la mia ragazza a Roma». Tirò fuori due foto: in una erano a pranzo con Alberto Moravia in un’altra a casa della Dacia Maraini, con la sua compagna (altissima, bella, magrissima) che si stava provando dei vestiti. Io rimasi allibito: allora Moravia e la sua (non so se ancora) fidanzata Dacia Maraini erano al massimo della fama e molto difficili da accostare, tanto meno frequentare per uno straniero dall’aspetto inquietante come Stark. Voglio rassicurare chi mi legge: non sto insinuando che due dei nostri massimi letterati usassero accompagnarsi a presunte spie stragiste o geniali trafficanti di droga (come in realtà Stark era); semplicemente la ragazza di Stark lavorò come modella per un certo periodo nello show room della Dacia Maraini – suppongo quindi non vendesse molto coi libri se si era inventata un altro lavoro – e si portava dietro il nostro micidiale incantatore di serpenti.
Alcune osservazioni. Di questo scenario che rasenta l’incredibile si può trovare riscontro nei faldoni processuali su Stark, conservati nella Procura di Bologna, che sono stato tra i pochissimi, se non l’unico, ad aver consultato a suo tempo, foto di Stark e la sua bella in mezzo alla migliore società romana comprese. Molti anni fa recuperai il numero fisso della Maraini; rispondeva una segreteria telefonica e le lasciai registrato se potevo intervistarla su Stark, la cui ragazza aveva fatto lavorare. lasciandole a mia volta il fisso dove abitavo o se voleva dandole un appuntamento tramite l’Ambasciata Americana. Non mi ha mai richiamato; al mio decimo tentativo una voce elettronica mi informava che il numero era inesistente. Ultima osservazione un po’ dolente da un profilo giornalistico. Sono molto amico dell’avvocato Emilio Paolo Rogari, il cui padre – a sua volta grande avvocato – fu appunto il legale di Ronald Stark, sul quale creò un archivio ereditato dal figlio. È da decenni che corteggio Emilio Paolo per avervi accesso ma pur amabilmente non me l’ha mai concesso.

Faccio arrestare Stark

Tornando all’osteria, a un certo punto arrivarono degli arabi dalla faccia di tagliagole, con occhi che sembravano lacrimare odio; si sedettero al nostro tavolo senza degnarmi di uno sguardo. Ora io capisco poco l’arabo, ma abbastanza da capire chi lo parla bene e Ronald lo parlava perfettamente. Addirittura in certi momenti – a seconda di chi si rivolgeva – in dialetto yemenita o gebli ma non ne sono sicuro, non voglio mitizzarlo. Mi congedò – ero chiaramente fuori posto – invitandomi per il giorno dopo nella mega suite all’Hotel Baglioni, dove risiedeva. «What were you fucking messing with those cutthroats?» Che cazzo stavi intrallazzando con quei tagliagole? Gli domandai a bruciapelo. Orbene, Ronald non era un agente nero stragista della CIA ma aveva una fortissima personalità. Non si scompose e con un amabile sorriso rispose «Questo» indicandomi un tavolo dove si affollavano provette, alambicchi, contenitori di liquidi strani. La suite era costellata di pacchi di denaro in diverse valute. Evidentemente vestire stazzonato era un suo modo di mimetizzarsi. A poco a poco mi fece capire che era il chimico che aveva trasformato il costo di una dose di LSD da 500 dollari a 5 dollari, con quale beneficio per la salute mondiale si può immaginare, tanto più che a un certo punto pare con le sue consociate chimiche rifornisse la metà del mercato. La sua avvenente compagna, completamente nuda, si stava ehm accarezzando chiaramente sotto effetto di Lsd con rantoli che di umano non avevano moltissimo ma quello che più mi colpì fu che una situazione, che avrebbe creato un enorme imbarazzo a chiunque, non sembrò neanche sfiorarlo, ma quanto sterminato pelo sullo stomaco ha quest’uomo mi dissi. Fu proprio a causa del LSD che lo feci arrestare. Per due giorni mi raccontò delle storie tra l’affascinante e l’inverosimile anche se alcune cose si rivelarono sorprendentemente se non vere con qualcosa di vero. Mi disse, ad esempio, che il famoso storico dell’arte statunitense Stephen Pepper (uno dei maggiori esperti mondiali di Guido Reni) collaborava con l’intelligence e ammiccava ai movimenti eversivi; io mi misi a ridere; che ci azzeccava? come avrebbe detto Di Pietro. Poi anni dopo il raffinato ed eccellente capo della Digos di Bologna, Francesco Modica (la cui fidanzata Margherita, fino purtroppo alla sua precoce scomparsa, gli presentai io, come il fratello ancora in vita può testimoniare) mi rivelò che in effetti Pepper da anni era sotto loro indagine; rimasi di stucco. Pepper era notoriamente innamorato della emiliana, principessa (?) Tina Soncini che io presentai al Venerabile Licio Gelli che a sua volta si innamorò di lei. Gli intrecci della vita a volte compongono arazzi. Alla panzana del secolo e cioè che tramite il programma Blue Moon lui, Stark, avrebbe diffuso assieme alla Cia LSD e altre droghe per indebolire i movimenti rivoluzionari, solo un malato di mente può credere. La cocaina e l’eroina esistono e sono consumati da secoli (Sigmund Freud prescriveva l’eroina alle sue pazienti come calmante in questo rivelandosi non certo molto geniale) e LSD può rendere pericolosi non certo calmare… Riconosco peraltro che su di un altro piano molto più banale qualcosa in questo senso accadde davvero, i cosiddetti unwittimg test.
Theodore Shackley mi rivelò anzi confermò che a fine anni sessanta, quando i neri americani misero letteralmente a fuoco intere città come Los Angeles, per le troppe secolari vessazioni subite, la CIA chiese ai maggiori produttori di gomme da masticare di mischiare alcaloidi calmanti nella distribuzione di chewing gum nelle città in rivolta. La richiesta venne accolta ma non so con quali risultati; anche se un successivo studio di The Lancet (cito a memoria) diagrammò un rallentamento delle distruzioni. Poi però i produttori di chewing gum notarono un crollo delle vendite, probabilmente i calmanti rovinavano il sapore, e smisero immediatamente di aggiungerli. Se qualcuno diminuisce i loro guadagni le multinazionali non guardano in faccia a nessuno, tanto meno alla CIA.
Torniamo alle droghe al LSD, anzi al sottoscritto, malcapitato. Nella mia vita a volte ho esagerato col prosecco e il Dolcetto d’Alba (il migliore del mondo? Quello prodotto dalla figlia di Giorgio Bocca nei terreni che furono dell’ex Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi) ma non ho mai fumato una sola sigaretta di tabacco, tanto meno marijuana e droghe affini. Questo mi rese presuntuoso e poco consapevole su questo argomento. La mia frase più infelice con Stark fu: «LSD droghe e compagnia bella? Le prendono solo gli idioti. A me sono sicuro non farebbero alcun effetto
Il giorno dopo nella solita suite al Baglioni il presunto agente nero mi riempì come sempre una tazza (non un bicchiere) di Don Perignon, uno può essere un criminale ma al tempo stesso anche un signore. Dopo pochi minuti sentii come se avessero sostituito le mie vene con dei cavi elettrici «Sento come un formicolio strano. ..»esclamai sbigottito. «I put some LSD in your champagne now let’s see if it only works with idiots…» mi rivelò Stark con un sorrisino ironico. Ebbi il coraggio di replicare «E che sarà mai ê un grosso prurito…» Poi con terrore mi guardai la mano. Dico con terrore perché vidi letteralmente esplodere DUE BOMBE ATOMICHE sulla mia mano… non so come spiegarlo, era come se io fossi a tremila metri d’altezza, la mia mano fosse una montagna e io ci vedessi distintamente esplodere delle atomiche; immagini bellissime tra l’altro. Penso poi d’essermi addormentato sulla poltrona; mi svegliai in piena notte e l’effetto continuava… molto peggiorato. Nessuna sensazione elettrica, nessuna immagine psichedelica ma un’insensata paura. Volevo alzarmi volevo andarmene dall’ hotel ma il mio cervello viveva tutto questo come se pretendessi di scalare nudo l’Everest in pieno inverno: un’impresa folle, impossibile. Finalmente a metà mattinata (ero rimasto solo, frattanto) l’effetto scemò e mi avviai verso l’uscita. Ma ero imbelvato. C è gente che alla prima dose del LSD ci lascia le penne o che diventa dipendente… questo narcotrafficante finto agente aveva scherzato con la mia vita e io adesso rovinavo la sua. Andai alla reception al Baglioni, dov’ero conosciuto (ci andavo spesso a cene del Rotary con i miei nonni materni), e raccontai per filo e per segno cos’era accaduto aggiungendo «Se non telefonate alla Questura, lo faccio io, aggiungendo che al Baglioni non hanno problemi a stivare le proprie suite con strumenti atti a raffinare la droga, montagne di denaro sicuramente illecito, da parte di una persona che per di più guida una Ferrari con la portiera rotta tanto è vero che entra dalla parte dell’ospite». Si precipitarono a telefonare… forse incaricando una loro rimessa – che custodiva la sua Ferrari – di segnalarne la stranezza. Stark venne arrestato il giorno stesso appena rientrato in Hotel.

Stark, il… Riconducibile

Con grande stupore lessi non molto tempo dopo sul Resto del Carlino che “l’Agente della Cia” Ronald Stark era stato rilasciato e il mio stupore aumentò quando lessi il nome del giudice, Giorgio Floridia. Lo conoscevo anche se non benissimo. Lo incrociavo a volte a Rastignano, vicino al capoluogo emiliano, nella bella villa di un bizzarro avvocato veronese, Giorgio Cappellato; il giudice tra l’altro ci aveva parcheggiato, senza mai spostarla, una vecchia Alfa Romeo di quelle una volta in uso alla polizia forse un ricordo. Cappellato era regale: faceva cene con cento persone sedute ma era alto meno di un metro e sessanta e sembrava una mortadella con il pizzetto però gli piacevano le ventenni strafighe; pullulavano albanesi, rumene, giamaicane con gli occhi assetati di sangue, anzi di soldi. Data questa relativa dimestichezza mi presentai in Procura da Floridia per chiedergli con una certa sfrontatezza come mai avesse liberato un personaggio così pericoloso. «Sostiene di essere della Cia…» rispose sintetico, col tono di chi non voleva aggiungere altro… Dopo aver letto a suo tempo le motivazioni, mi permetto rispettosamente di dissentire:«L imputato ha detto di essere in contatto con numerose istituzioni americane di alto livello e citato nomi di Consoli e Ambasciatori». Un conto è dire, un conto è provare. Una delle leggende è che i Consolati e l’Ambasciata Usa si dettero da fare come pazzi per liberarlo. L’unica cosa che fecero fu mandargli una lettera dal Consolato Americano di Firenze dove lo consigliavano… di trovarsi un buon avvocato. In quanto ai nomi, Stark aveva una enorme memoria e leggeva cinque sei giornali al giorno.

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Il lettore osservi quanto provincialismo grava sulle Istituzioni dello Stato, quelle che dovrebbero tutelarne la sicurezza[/cryout-pullquote]

I pistaroli visionari citano poi pagamenti in carcere provenienti da una società chimica riconducibile alla CIA. Riconducibile!?! Io potrei dire allora che Brad Pitt ha un ghigno riconducibile a Pacciani il Mostro di Firenze: cos’è? Una prova che erano compagni di merende? Non si capisce poi come potesse essere un Agente della CIA una persona su cui l’FBI aveva spiccato un mandato di cattura internazionale e la severa Commissione Rockefeller aveva stabilito che trattavasi di puro e semplice pericolosissimo criminale, in quanto genio nell’inventare nuove droghe o renderle accessibili a bassi costi. Floridia comunque lo apprezzavo; su Stark entrò in duro contrasto con Claudio Nunziata, un magistrato severissimo e draconiano nelle sue convinzioni, che dominava in quegli anni la Procura assieme a pm come Libero Mancuso. Nunziata venne condannato a un anno e quattro mesi e sospensione dalla funzione e dallo stipendio perché Floridia lo querelò per calunnia per un’indagine sulla corruzione nei concorsi di ortodonzia, nella quale paradossalmente alla fine dettero ragione a Nunziata. A Bologna era tra l’altro il terrore dei notai: bastava un errore infinitesimale perché gli sospendesse il sigillo (ma magari faceva bene, non sono in grado di giudicare) ed aveva idee certo non filoamericane, che non saprei se giudicare coraggiose o surreali: una volta ad esempio, a un Festival dell’Unità, dichiarò che fu lo scandalo del Watergate ad impedire il golpe in Italia… tra l’altro aveva una moglie bellissima, tra le prime in Italia a propagandare i libri sonori.

E non poteva mancare il KGB

Tornando al Nostro… si vociferò fosse morto nelle Antille nel 1985, ma le fonti che lo riferivano non erano attendibili. Tre quattro anni fa mi arriva una telefonata anonima di uno che sosteneva di essere Ronald, gli replico che non riconoscevo la voce, ma lasciandomi di sasso, la persona mi enumera alcune cose della nostra breve conoscenza che solo Stark poteva sapere. Mi dà appuntamento in un aeroporto privato ai confini tra l’Italia e la Francia e io rimango allibito: la somiglianza è impressionante solo che più di 40 anni sembravano passati senza lasciargli una sola ruga; sembrava quasi più giovane di quando l’avevo conosciuto (lo testimonia una mia foto con lui sul mio profilo Instagram). Mi “spiega” che aveva fatto la chirurgia verticale e aveva inventato una nuova droga che ringiovaniva la pelle. Si lamenta, piagnucola che Al Qaida l’aveva sequestrato e costretto a sintetizzare una droga che davano ai martiri suicidi dell’Islam. Poi arriva il motivo reale dell’incontro. Apre una valigetta con dieci milioni di dollari che erano per me se gli avessi rivelato dove era il temutissimo archivio segreto di James Angleton. Come si potesse follemente ipotizzare io lo sapessi? Questa è un’altra storia. In Ambasciata Usa mi dissero che era un agente del KGB, sosia di Stark, che ovviamente sapeva tutto del nostro incontro e ci aveva provato. Io replicai che del KGB preferivo di gran lunga le ammalianti spie femminili che nel passato avevano cercato di infiltrarmi. Ma anche questa davvero è un’altra storia.

[1] Il predecessore di AISI, il servizio segreto per la sicurezza interna.

[2] Giubbotto inglese in pelle, molto ricercato in quegli anni.

[3] Sei il figlio del direttore della filiale italiana della banca Chase Manhattan, non è vero?

Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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5 risposte a Ronald Stark, la Finta Spia che Rivenne Fingendo – di CLR

  1. Cristiano Novello scrive:

    Generale,

    lo stesso CLR sostiene (qui https://cristianolovatelliravarinonews.com/igor-markevitch-il-grande-vecchio-mio-zio/)

    (sulle divise dell’Alitalia usate durante il rapimento, NDR)
    “La verità e che con quelle divise avevano il pretesto di mettere il berretto da pilota,così diventando invisibili al satellite.Era il berretto che contava,non la divisa.”

    e

    (su due lettere di Moro, NDR)
    “Le due lettere di Moro che si era fatta dare da mia madre(perlomeno sembravano tali,io però non sono un perito del tribunale)una indirizzata a una cantante abbastanza famosa all’epoca a cui Moro indirizzava parole per così dire di profonda amicizia,un’altra con i conti bancari per pagare la corrente di un suo famoso avversario politico che si trovavano in Canada .”

    e (qui https://cristianolovatelliravarinonews.com/theodore-shackley-da-via-fani-a-bologna/)

    “Quando la straordinaria incorruttibile grafologa del caso Moro Lia Conte Micheli consegnó a mia madre Mariacarla Maccaferri ( fu lei la prima ad escludere- in una Italia che lo sosteneva- che Moro negli scritti fosse manipolato ) le due lettere cui lo statista più teneva (una alla fidanzata segreta di cui per inciso la moglie si accorse poche ore prima del sequestro : l ecchimosi sul capo di Moro era dovuta a un vaso che la moglie gli aveva rotto in testa per gelosia non alle brigate rosse ,la seconda sui conti segreti della Democrazia Cristiana in Canada) che a sua volta le consegnó a me io non ci feci un articolo né le consegnai all Ambasciata Americana (presumibile loro desiderata destinazione ) io le consegnai a Theodore Shackley .”

    Cosa ne pensa Lei?

  2. Stefano Rolando scrive:

    non ho parole,.

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