Perdere la guerra – di Luigi Fressoia archifress@tiscali.it

Quando un popolo va in guerra e la perde, i trattati di pace che infine sottoscrive sono di due tipi, quelli in chiaro e quelli in nero.

I primi si studiano sui libri di testo, i secondi sono segreti, forse sono anche scritti ma il testo è conservato il luoghi inaccessibili, solo chi accede al governo ne viene tenuto a parte in modo che si regoli di conseguenza. Alla fine della seconda guerra mondiale l’Italia sottoscrisse pace con tutti i vincitori, anglo-americani, francesi e sovietici. Coi primi i rapporti segreti riguardano prima di tutto servaggi militari con annesse licenze ai servizi segreti, ma anche dipendenza finanziaria da Londra. Coi russi, che presto diventarono nemici nella guerra fredda, l’Italia dovette accettare campo libero all’infiltrazione di uomini di fiducia sovietica in ruoli chiave dello stato, oltre ad accordare lo status di speciale protezione all’agente di zona, il partito comunista italiano.

La dipendenza italiana dal dominio anglo-americano si è vista molte volte nei decenni repubblicani, ricordiamo Sigonella (dove Craxi osò contraddire l’ordine) o la svendita del patrimonio aziendale pubblico decisa nel panfilo Britannia nel ’92 al largo della Toscana.

I sovietici dal loro canto continuarono lentamente ma senza sosta nella strategia dell’infiltrazione (peraltro tentata -e in parte riuscita- in tutta l’Europa occidentale), conquistando nel corso dei decenni posizioni preminenti nella magistratura, nelle case editrici, nei sindacati, nella scuola, nell’università, nelle burocrazie ministeriali, negli stessi partiti avversari e nemici dei comunisti. Negli altri paesi europei invece non poterono andare oltre la conquista di buone posizioni nei mass media, nei sindacati e nelle università.

L’America dal suo canto si è largamente salvata grazie alla campagna di Joseph McCarthy. Se l’Italia politicamente parlando è da decenni donna sciatta di facilissimi costumi, incapace come nessun altro al mondo di difendere i propri interessi strategici, ventre molle di tutte le infiltrazioni e perfino paralizzata da sub culture politiche molto banali ma pertinaci, la spiegazione è in queste doppie servitù.

Non dimentichiamo che sempre nel volgere della seconda guerra mondiale, l’Italia fu l’unico paese al mondo ad avere prigionieri di guerra sia in Germania che in campo alleato, insomma ha preso botte da tutte le parti e continua a prenderle, e pur essendosi conquistata nei decenni posizioni encomiabili e sorprendenti nel progresso economico, rimane che tutte le potenze maggiori (compresa ovviamente la Francia), considerano l’Italia terra di conquista, una nazione senza stato, come fu del resto nei secoli dalla fine del ‘400, tolta la parentesi 1861-1945.

Considerano l’Italia uno stato del tutto permeabile. E in effetti lo stato italiano è del tutto orientato a se stesso (a chi ne fa parte) e quindi è capacissimo di rimanere del tutto insensibile all’interesse nazionale. I governanti della repubblica hanno sempre preso atto della condizione di limitata sovranità nazionale, cosa che ha favorito oltremodo lo scivolare dello stato italiano su qualità ridicole.

Nessuno ha mai contestato queste servitù, meno che meno la sinistra e gli stessi comunisti al governo, per i quali non è importante la cornice, bensì è importante il potere. Anzi, al fine della conquista del potere, è del tutto necessario rispettare le cornici internazionali consolidatesi di fatto e di diritto. Enrico Mattei, Aldo Moro, Roberto Calvi, Lando Conti e altri non hanno fatto una buona fine.

Oltre Craxi, tra i rari personaggi che hanno minacciato il ruolo di facile sgualdrina assegnato all’Italia è risultato Berlusconi, non certo per spirito antiamericano, ma per il suo naturale senso degli affari (e spirito anarcoide): conveniva trattare e comprare direttamente dalla Russia anche pestando i piedi a colossi americani.

Appena andò inaspettatamente al governo nel ’94, Berlusconi fu oggetto di attacchi molteplici del tutto naturali nel contesto italiano, però molti anche dall’estero, che tradivano il timore che un parvenu della politica quale effettivamente egli era, non rispettasse il ruolo di poggia-piedi assegnato all’Italia dagli equilibri usciti dalla seconda guerra mondiale. E così è stato: Monti ha ristabilito le giuste cose.

Berlusconi aveva perfino criticato e nicchiato nel marzo 2011 all’attacco misterioso ma indiscutibile contro Gheddafi, meritandosi tra gli altri il rimprovero di un Napolitano più ligio che mai all’ordine internazionale di attacco alla Libia.

Luigi Fressoia archifress@tiscali.it

Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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11 risposte a Perdere la guerra – di Luigi Fressoia archifress@tiscali.it

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  3. renzo romano scrive:

    analisi che condivido totalmente. Manca però un elemento: la colpa di tutto ciò è solamente nostra, di ciascuno di noi italiani, che abbiamo dimostrato nei decenni (secoli?) di essere gente senza dignità, senza coraggio, senza senso civico e dello stato. Ammettiamolo anzitutto
    , e poi magari cerchiamo di cambiare, sa ne abbiamo ancora la capacità!

    • Piero Laporta scrive:

      La ringrazio ma assolutamente non concordo. I trattati segreti, se ci sono, sono responsabilità di chi li ha sottoscritti. Se sono ancora osservati, sono responsabilità di chi raggira il Parlamento: è un crimine contro l’interesse nazionale.

      • alessandro scrive:

        Scusate, una volta quando si perdeva la guerra, si perdeva la sovranità e si diventava schiavi/colonia di un altro stato.
        Ora…. la stessa cosa, solo che non si dice, si adotta questo metodo degli organi/istituzioni internazionali cui si aderisce, non vedo cosa ci sia da indignarsi, c’è solo da prenderne atto.
        Se il problema sta nel fatto che la maggior parte delle persone è schiava senza sapere di esserlo chissenefrega? Anzi forse è meglio: occhio non vede cuore non duole.
        Se lo si dicesse chiaramente cosa cambierebbe?
        Nulla ovviamente, non ditemi che credete che in quel caso ci sarebbero rivoluzioni, quando è ovvio che ogni rivoluzione (francese, russa, primaverile araba) è eterodiretta.

  4. Armando Stavole scrive:

    Invece di autoincensarci che siamo un popolo colto, bravo, intelligente e chi piu’ ne ha ne metta. Dovremmo rileggerci con analisi alla Piero sia la nostra storia che la nostra letteratura per scoprire che alcuni fatti non ci sono stati mai narrati o descritti come si deve e che alcuni vati ci hanno messo sull’avviso gia’ molto tempo fa.
    Faccio alcuni cenni veloci e chi vuole approfondire faccia lo stesso percorso che ho fatto io, non per spocchia, ma perche’ ci vorrebbe un intero volume.
    Rileggersi ed approfondire in letteratura italiana:
    Dante Alighieri(Divina Commedia); Nicolo’ Macchiavelli(Il Principe); Gian Battista Vico; Guicciardini; Alessandro Manzoni(Coro dell’Adelchi e Promessi Sposi).
    Approfondire la storia del nostro Risorgimento:
    quanto hanno influito sulla nostra unita’ l’appoggio delle potenze europee, non ultima l’Inghilterra con Garibaldi e casa Savoia.
    A questo punto ne consegue e capiremo che cio’ che scrive Piero non e’ nuovo, ma non si e’ voluto mai capire e vedere con un po’ di senso logico e crudo realismo.
    Dobbiamo cambiare noi e prendere coscienza che cosi’, con lamenti e comportamenti furbeschi, rimarremo solo i furbetti del quartiere, senza dignita’ ed onore.

  5. Federico Dezzani scrive:

    Che dire……la cruda realtà!
    Almeno fino al 1989 incassavamo i dividendi della Guerra Fredda, che costringeva gli americani a tenerci buoni con vantaggi economici. Oggi, neppure più quello!
    In un mondo che è destinato a diventare sempre più cinico e spietato (Libia docet) solo i fessi italiani si riempono la bocca di parole vuoto come “europeismo” ed “atlantismo”.

  6. gemini24 scrive:

    sessant’anni che aspettiamo di conoscere almeno i termini della nostra sudditanza

  7. PaoloZ scrive:

    Giusta analisi. A qualcuno suonerà anche orginale o forse provocatoria.
    Si perchè in Italia c’è anche chi sostiene che la guerra l’abbiamo vinta…o se non l’abbiamo vinta, di sicuro non l’abbiamo persa : sono quei “partigianisti” che credono che sia stata la resistenza non solo a riscattarci moralmente ma anche a farci “vincere” con quattro baionette e 4000 staffette…

    Provate a spiegare loro dunque la differenza fra un trattato di pace in bianco e un trattato di pace in nero.
    Io aumenterei il carico con i trattati di pace trasparenti: quelli cioè che nessuna delle due parti sa di aver sottoscritto ma che stiamo rispettando diligentemente.
    Sono quei trattati che hanno sancito l'”espulsione” dello spirito dell’uomo (o della metafisica) dalla cultura, politica e non.
    In questo bisogna riconoscere che almeno con i sovietici le cose erano chiare fin dall’inizio.
    Coi poteri americani che hanno “influenzato” la nostra cultura invece… non è che fossimo così accorti. Basti pensare all’accenno di Laporta alla prossima festa di Ognissanti.
    Quanto agli sconfitti poi, non è che i nazisti fossero tanto diversi dai bolscevichi.
    Eppure oggi, a parte qualche apparato sovietico gli unici rimasti sono proprio gli statunitensi… oltre a noi naturalmente che non siamo esattamente oggetti della storia, no?

    saluti

  8. David scrive:

    Il post è perfettamente aderente alla realtà; è talmente vero e naturale che non riesco neanche ad indignarmi. Calza, come la scarpa di cristallo di Cenerentola, la definizione: “lo stato italiano è del tutto orientato a se stesso”…. basta vedere la totale inettitudine e servilismo di ogni strato del nostro stato nella politica estera.

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